In tema di imposte sui redditi di impresa, anche le aziende minori, che fruiscono del regime di contabilità semplificata, sono tenute a indicare ogni anno, nel registro degli acquisti tenuto ai fini Iva, il valore delle rimanenze. Questo, senza limitarsi ad annotare quello globale, ma distinguendo i beni per categorie omogenee, del medesimo tipo e della stessa quantità, secondo la disciplina tributaria della valutazione delle rimanenze. In assenza di tali indicazioni, l’Agenzia può ritenere inattendibile la contabilità e procedere con l’accertamento induttivo. È il principio che la suprema Corte ha ribadito con l’ordinanza n. 1861 del 27 gennaio 2025.
Il caso controverso
La lite in commento origina dalla notifica, da parte dell’Agenzia, di un accertamento induttivo nei confronti di una società a responsabilità limitata, operante nel settore della panificazione. L’ufficio ha riscontrato alcune irregolarità della contabilità: in particolare ha rilevato, per l’anno 2014, l’assenza dei prospetti di dettaglio delle rimanenze di magazzino. In altri termini, l’Agenzia ha valorizzato la mancanza delle schede di dettaglio del magazzino per verificarne i valori effettivi rispetto a quanto dichiarato.
I giudici di primo grado del merito hanno accolto il ricorso proposto dalla contribuente ritenendo, fra l’altro, che l’esiguità dei valori giustificasse la mancanza di tenuta dei dettagli, distinti poi per quantità e valori in relazione alle singole categorie.
La Corte di giustizia d’appello hanno confermato la prima decisione e quindi l’Agenzia ha proposto ricorso in Cassazione, eccependo la violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 39, comma 2, del Dpr n. 600/1973; 2697 e 115 cpc, e 36 del Dlgs n. 546/1992, rivendicando la legittimità e la linearità del percorso seguito con l’atto impositivo nella ricostruzione dei maggiori ricavi, in presenza di acclarata inattendibilità delle scritture contabili determinata dall’omessa tenuta delle distinte analitiche di magazzino. Il contribuente ha resistito con controricorso.
La decisione
Con l’ordinanza in esame, i giudici della suprema Corte, affermano che “in tema di imposte sui redditi di impresa, anche le imprese minori, che fruiscono del regime di contabilità semplificata, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R. n. 600 del 1973, devono indicare ogni anno nel registro degli acquisti, tenuto ai fini IVA, il valore delle rimanenze, senza limitarsi ad annotare quello globale, ma distinguendo i beni per categorie omogenee, del medesimo tipo e della stessa quantità, secondo la disciplina tributaria della valutazione delle rimanenze […] In assenza di tali indicazioni - che ove fatte oggetto di richiesta da parte dei verificatori possono essere fornite dal contribuente anche in sede procedimentale durante l’accesso, l’ispezione e la verifica - l’amministrazione finanziaria può ritenere inattendibile la contabilità e procedere all’accertamento induttivo”.
Nel caso concreto, a seguito di espressa richiesta formulata dagli organi di controllo, la parte privata ha omesso di fornire qualsivoglia elemento di riscontro documentale dettagliato, facendo unicamente riferimento ai dati meramente dichiarati, a fronte di un magazzino la cui consistenza era riferita ad alcuni esercizi precedenti (verifica del 2017 sulla contabilità 2014), e quindi senza possibilità di riscontro fisico all’attualità.
Osservazioni
Ai sensi dell’articolo 18 del Dpr n. 600/1973, anche le imprese minori devono indicare, ogni anno, nel registro degli acquisti tenuto ai fini Iva, il valore delle rimanenze, senza limitarsi ad annotare quello globale, ma distinguendo i beni per categorie omogenee, del medesimo tipo e della stessa quantità, secondo la disciplina tributaria della valutazione delle rimanenze.
La disposizione contenuta nell’articolo 15 dello stesso Dpr, letta assieme all’articolo.1, lettera d), del Dpr n. 570/1996, prevede che l’attendibilità della contabilità sia esclusa quando i criteri adottati per la valutazione delle rimanenze non sono indicati nella nota integrativa o nel libro degli inventari. Tale riferimento, apparentemente compiuto riguardo ai soli criteri valutativi, non esclude l’adempimento, da parte del contribuente, dell’obbligo di allegazione delle distinte inventariali, mediante le quali è possibile la verifica della regolarità sostanziale di quei criteri.
La Corte di cassazione ha affermato, già da tempo, che “l’inventario, oltre agli elementi prescritti dal codice civile o da leggi speciali, deve indicare la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore e il valore attribuito a ciascun gruppo. Ove dall’inventario non si rilevino gli elementi che costituiscono ciascun gruppo e la loro ubicazione, devono essere tenute a disposizione dell’ufficio delle imposte le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario” (cfr sentenza n. 23694 del 15 novembre 2007).
Nel caso in commento, invece, i giudici di secondo grado hanno motivato l’accoglimento del ricorso sulla ritenuta irrilevanza della mancata esibizione delle distinte, e ciò in ragione del solo valore “basso” dell’importo indicato dal contribuente in dichiarazione.
Invero, occorre segnalare che i dati contabilizzati o dichiarati debbono sempre avere un legame con la realtà. La tenuta e l’esibizione delle distinte, dunque, va considerata un naturale segnale logico-contabile e, in ogni caso, sarebbe impossibile pensare a valori correttamente indicati in dichiarazione senza che vi sia un riscontro effettivo.
Pertanto, compito primario dell’ufficio è analizzare il dichiarato e ricondurre, “voci” e valori, alla contabilità o, comunque, a entità contabilmente veritiere. Ne discende, che l’inadempimento del contribuente costituito dalla mancata esibizione delle distinte, pur chieste in occasione dell’accesso, determina senz’altro una condotta grave che legittima l’autorità fiscale all’accertamento induttivo.
In tal senso si è espressa più volte la suprema Corte, secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, in caso di omessa redazione dell’inventario di inizio e fine esercizio ovvero anche, in assenza delle scritture ausiliarie sui reali movimenti di beni per la rivendita nell’anno, comprovanti costi e prezzi di vendita delle merci, l’ufficio può procedere ad accertamento induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, comma 2 ricorrendo a presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all’articolo 2729 cod. civ. e a fatti noti all’ufficio, come i ricarichi medi per categorie omogenee di merci vendute nell’anno” (cfr Cassazione, sentenza n. 15863/2001).
Inoltre, sempre i giudici di legittimità hanno precisato che “proprio in tema di imposte sui redditi di impresa minore, perché sia legittima l’adozione, da parte dell’ufficio tributario, ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, del criterio induttivo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, comma 2, non basta il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella risultante da uno studio di settore, ma occorre che risulti qualche elemento ulteriore incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione; e in quel caso in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto legittima l’applicazione del metodo induttivo in considerazione del fatto che il contribuente, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo in contestazione, aveva omesso di indicare il valore delle rimanenze di esercizio e non aveva mai assolto all’incombente di esibire il relativo prospetto, alla cui tenuta sono obbligate anche le imprese soggette a contabilità semplificate” (cfr Cassazione, sentenza n. 9946/2003)
In definitiva, possiamo affermare che la tenuta, e quindi l’esibizione, dei prospetti di dettaglio del magazzino, oltre che obbligatoria appare doverosa al fine di poter riscontrare la veridicità dei dati dichiarati dal contribuente, soprattutto in quei casi in cui la verifica della consistenza del magazzino è riferita a esercizi passati relativamente ai quali non è possibile effettuare un riscontro fisico all’attualità.