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Giurisprudenza

Rivendite su internet: con Iva
il transito dal negozio al portale

Imponibile il trasferimento di beni dalla società venditrice al soggetto terzo che opera in rete e che rivende online la merce incassando e poi riversando al venditore il relativo costo

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È imponibile ai fini Iva il passaggio dei beni dal committente al commissionario anche se quest'ultimo procede alla rivendita della merce su un sito di vendita online, negoziando in proprio la cessione e il prezzo dei beni.

Il caso in esame riguarda una persona fisica che si recava presso i negozi di una società per scegliere della merce, fotografarla e creare delle inserzioni di vendita su un sito internet. La società fissava il prezzo dei beni e, a cessione avvenuta, consegnava la merce al soggetto che operava in rete da cui riceveva quanto pagato dall’acquirente, detratti gli oneri per le spese di spedizione e la provvigione spettante. Per l'Agenzia delle entrate, tra la società e l’inserzionista internet sussisteva un rapporto di commissione, tesi confermata anche dalla Corte di cassazione secondo cui, la diretta operatività della persona fisica non giustifica, peraltro, l'applicabilità dell'esonero dall'emissione della fattura per le operazioni di vendita al dettaglio (articolo 22, del Dpr 633/72).

In particolare, per il Collegio di legittimità, ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, il passaggio dei beni dal committente al commissionario non è escluso dalla circostanza che quest'ultimo proceda alla rivendita dei beni su un sito di vendita online, negoziando in proprio la cessione e il prezzo dei beni.

Lo stabilisce la Cassazione con l’ordinanza n. 23084 del 26 agosto 2024.

Il fatto
La Ctr Abruzzo accoglieva l’appello proposto da una società e da una persona fisica avverso la pronuncia della Ctp L’Aquila e annullava un avviso di accertamento con il quale l’ufficio aveva ritenuto (con metodo induttivo) che la vendita di merci da parte della società al soggetto privato fosse avvenuta in evasione di imposta.

Avverso la sentenza della Ctr, l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso in Cassazione affidato a un solo motivo lamentando che le affermazioni del Tribunale regionale non fossero corrette laddove riconducevano la fattispecie de qua nell’alveo di applicazione dell'articolo 22 del decreto Iva, con riferimento alla disciplina del commercio al minuto.

Il motivo di ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria è stato ritenuto fondato dai giudici di piazza Cavour e, pertanto, meritevole di accoglimento con cassazione della pronuncia impugnata e rinvio ad altra sezione della Ctr Abruzzo.

In linea generale i giudici non hanno ritenute condivisibili le asserzioni della Ctr Abruzzo laddove motivavano l’accoglimento dell’appello di parte privata sostenendo che “la nullità dell'accertamento risiede nell'aver ritenuto, sulla scorta di un procedimento induttivo, che la vendita di merci da parte di [omissis] sarebbe avvenuta con evasione di imposta. Risulta, invece, che la società ha ceduto a [omissis] merci e che questi non ha richiesto fattura o dichiarato di operare nell'esercizio di impresa. E per tali cessioni il venditore ha adempiuto all'obbligo fiscale mediante rilascio di scontrino nel momento in cui [omissis] prelevava dal negozio la merce, non essendo obbligatoria, ai sensi dell'art. 22 del DPR 633/72 l'emissione della fattura, se non richiesta dal cliente. La società ha fornito prova di tali cessioni, producendo documentazione che l'ufficio non ha contestato, essendosi limitato a non ritenerla idonea. Tale documentazione (scontrini) costituiva prova della cessione delle merci e della annotazione dei ricavi nel registro dei corrispettivi”.

Si legge ancora nella pronuncia impugnata che “La tesi della esistenza di un rapporto di mandato tra [omissis] è smentita dal fatto che questi operava in rete [omissis] negoziando direttamente il prezzo, maggiorandolo e chiedendo il rimborso delle spese di spedizione; e tale importo si faceva accreditare sul proprio conto”.

La Cassazione ha ritenuto dette affermazioni confliggenti con il disposto di cui all’articolo 1731 del codice civile in base al quale “Il contratto di commissione è un mandato che ha per oggetto l'acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario”. Il contratto di commissione prevede, infatti, che la vendita sia eseguita in nome del commissionario e per conto del committente.

Nel caso specifico, la circostanza che il contribuente operasse direttamente - peraltro a nome di una diversa società - sul portale coinvolto non è, quindi, affatto dirimente per poter escludere la presenza di un contratto di commissione rilevante, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2, comma 2, n. 3), decreto Iva, secondo il quale “Costituiscono inoltre cessioni di beni: c) i passaggi dal committente al commissionario o dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in esecuzione di contratti di commissione”.

La diretta operatività del soggetto privato non giustifica neppure l'applicazione dell'articolo 22 del Dpr n. 633/1972, dal momento che il giudice di seconde cure non ha verificato se i beni fossero stati acquistati prima dell'inserimento della loro rappresentazione fotografica sul portale o in un momento successivo.

In conclusione, la Cassazione ha inteso affermare il seguente principio di diritto “Ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto prevista nell'art. 2, comma 2, n. 3, DPR 26.10.1972, n. 633 il passaggio dei beni dal committente al commissionario non è escluso dalla circostanza che quest'ultimo proceda alla rivendita dei beni su un sito di vendita on-line, negoziando in proprio la cessione e il prezzo dei beni”.

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