Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

Azienda agricola e agriturismo:
regimi distinti, effetti differenti

È fondamentale riscontrare l’inerenza di un costo all’una o all’altra attività, potendone derivare conseguenze diverse in termini di deduzione del costo e di detrazione dell’Iva

Immagine di Archivio

Non può riconoscersi la detrazione Iva se i lavori sono destinati all’attività ricettiva (agrituristica) e non all’attività agricola dell’azienda.
Con questa motivazione, la Corte di cassazione (ordinanza n. 5954 del 28 febbraio 2019) ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate contro un contribuente titolare di un’azienda agricola con complementare attività di agriturismo, che aveva optato per distinti regimi fiscali.
 
La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
Con distinti avvisi di accertamento, l’Agenzia delle entrate aveva contestato la deduzione del costo e la detrazione dell’Iva in relazione alla ristrutturazione e alla miglioria di immobili rurali adibiti ad attività di agriturismo.
Le spese erano state contabilizzate nell’ambito dell’attività agraria ordinaria, mentre, secondo l’ufficio, avrebbero dovuto essere imputati all’attività agrituristica per il principio di inerenza: di qui, il recupero a tassazione del costo in quanto non inerente e del 50% dell’Iva.
 
La Ctp rigettava il ricorso, non attribuendo alcuna rilevanza alla destinazione urbanistica ed edilizia – pacificamente rurale – degli edifici, che non comporta un’automatica attrazione al regime fiscale agrario di ogni lavoro che vi sia svolto.
 
La pronuncia veniva ribaltata in Ctr: di qui, il ricorso in Cassazione, con cui l’Agenzia delle entrate denunciava violazione e/o falsa applicazione degli articoli 19 e 36 del Dpr 633/1972, nonché dell’articolo 5 della legge 413/1991, oltre che insufficiente motivazione, in quanto il giudice di merito non aveva verificato la destinazione dell’immobile su cui erano stati effettuati i lavori né la riconducibilità delle spese sostenute a una delle due attività esercitate.
 
Nell’accogliere il ricorso, la Cassazione precisa che l’errore della Ctr sarebbe stato quello di attribuire prevalenza alla destinazione urbanistica dell’edificio e natura complementare all’attività agrituristica, in modo da attrarre tutti i costi sostenuti (con Iva totalmente detraibile) all’attività principale anziché alla diversa attività agrituristica, il cui regime fiscale ammette solo l’abbattimento forfettario del 50% dell’Iva sulle fatture attive emesse per servizi.
Il criterio guida per la deducibilità dei costi resta il principio dell’inerenza dei costi con l’attività di impresa. La stessa libera scelta dell’imprenditore di gestire due attività sugli stessi beni (fondo, corpi di fabbrica), organizzandoli in due aziende diverse, con diversa contabilità e diverso regime di detrazione dell’Iva passiva assolta, impedisce ogni automatica sovrapposizione e richiede l’analisi dell’inerenza dei costi sostenuti.
 
Sul punto, dai documenti contabili emergeva chiaramente che si trattasse di opere connesse all’attività ricettiva, che è propria dell’agriturismo e non dell’impresa agricola: lavori per piscina, progettazione e realizzazione di alloggi da destinare ad attività agrituristica.
Non si trattava di costi teleologicamente orientati ad attività di impresa agricola, né quindi iscrivibili tra i costi di questa e passibili di detrazione Iva.
 
In accoglimento del ricorso, la causa è stata rinviata ad altra sezione della Ctr per un nuovo esame sulla base di tali principi.
 
Ulteriori osservazioni
L’articolo 5 della legge 413/1991 prevede alcune norme agevolative per coloro che esercitano attività agrituristica, in tema sia di imposte dirette che di Iva, stabilendo per i soggetti non Ires un regime forfettario, con il quale il reddito viene determinato applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti dall’esercizio dell’attività di agriturismo, al netto dell’Iva, il coefficiente di redditività del 25 per cento.
Ai fini Iva, l’attività agrituristica comunque viene ricompresa nel regime forfettario, prevedendo che le imprese agrituristiche determinino l’Iva sottraendo all’imposta relativa alle operazioni imponibili una detrazione forfettaria pari al 50% di queste ultime.
Questo regime forfettario rappresenta il regime Iva naturale per le imprese agrituristiche, all’interno delle quali sono ricompresi anche i soggetti Ires, al contrario di quanto avviene per il regime forfettario in materia di tassazione dei redditi.
 
È quindi evidente come, nel caso di attività separate, è fondamentale riscontrare l’inerenza di un costo all’una o all’altra attività, potendone conseguire effetti diversi in termini sia di deduzione del costo che, come nel caso di specie, di detrazione dell’Iva, ammessa forfettariamente per le attività agrituristiche.
 
Per la definizione del concetto di inerenza, si segnala la recente ordinanza n. 5559 del febbraio scorso, con cui la Cassazione ha precisato che la stessa non va valutata in astratto, facendo riferimento solo all’oggetto dell’attività d’impresa, ma in concreto, accertando che la spesa costituisca, anche in funzione programmatica, un elemento utile per l’esercizio della suddetta attività.
 

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/azienda-agricola-e-agriturismo-regimi-distinti-effetti-differenti