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Normativa e prassi

Rottamazione e rottamazione-ter:
ok a scomputo di importi già versati

Si può applicare alle liti pendenti in Cassazione, per le quali l’Agenzia risulti soccombente nei precedenti gradi di giudizio, attraverso il pagamento del 5% del valore della controversia

Un contribuente fa presente di aver impugnato un atto di recupero di credito Iva indebitamente utilizzato in compensazione secondo l’Agenzia delle entrate e che, dopo due gradi di giudizio favorevoli all’istante, la controversia è attualmente pendente davanti alla Corte di cassazione.
Nelle more del giudizio di legittimità, con l’entrata in vigore della cosiddetta “rottamazione” dei debiti tributari (articolo 11, Dl 50/2017), convertito, con modificazioni, dalla legge 96/2017, l’istante ha aderito alla definizione agevolata versando i soli interessi da ritardata iscrizione a ruolo (oltre agli interessi da rateazione), senza versare anche degli importi indebitamente compensati, risultanti dall’atto di recupero del credito, per cui l’Agenzia delle entrate ha ritenuto la definizione non perfezionata, notificando il suo diniego che, successivamente, è stato pure impugnato dinanzi alla Corte di cassazione, con giudizio ancora pendente.

Considerato quanto affermato, il contribuente ritiene di poter definire in via agevolata la controversia ai sensi comma 2-ter dell’articolo 6 del Dl 119/2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 136/2018 (rottamazione-ter), versando una somma pari al 5% del valore della lite e rinunciare a proseguire con la causa instaurata avverso l’atto di diniego alla prima richiesta di definizione agevolata.
A tal proposito chiede di sapere:

  • se può scomputare dalle somme dovute gli importi già versati in occasione della precedente definizione agevolata che, essendo maggiori del lordo dovuto per la nuova definizione, non darebbero luogo a ulteriori versamenti (comma 9, articolo 6, Dl 119/2018)
  • se può ottenere il rimborso della differenza delle somme versate in occasione della precedente definizione agevolata della controversia.

Il parere dell’Agenzia delle entrate
L’Agenzia delle entrate, nella sua risposta n. 136/2019, richiama, dapprima, l’articolo 6 del Dl 119/2018, che disciplina la definizione agevolata delle controversie tributarie. L’articolo in esame al comma 1, dispone che “Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.
Il successivo comma 2-ter stabilisce, a sua volta, che “Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia”.

Quindi, la stessa Agenzia afferma che sulla definizione agevolata, l’Amministrazione ha fornito gli opportuni chiarimenti con la circolare del 6/2019.
In particolare, è stato precisato che sono definibili in via agevolata anche le controversie aventi a oggetto atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati, come nel caso rappresentato dall’istante (cfr paragrafo 2.3, nota 12, della circolare 6/2019).
Secondo quanto affermato dall’istante, l’Agenzia delle entrate è integralmente soccombente, in primo e in secondo grado, e la controversia risulta pendente davanti alla suprema Corte alla data di entrata in vigore della legge di conversione 136/2018 (19 dicembre 2018), di conseguenza lo stesso istante può definire la controversia con il pagamento del 5% del relativo valore, ai sensi del comma 2-ter dell’articolo 6 del Dl 119/2018.

Inoltre, l’Agenzia precisa che il comma 9 del citato articolo 6 dispone che dagli importi dovuti per la definizione “si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio” e, di conseguenza, l’importo già versato dal contribuente per la precedente rottamazione (ex articolo 11 del Dl 50/2017), poi non perfezionata, può essere sottratto dall’importo lordo dovuto per l’attuale definizione.
Ammessa la suddetta detraibilità, si applica il principio dettato dal comma 9, secondo periodo, dell’articolo 6, secondo cui “la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione”.

A seguito del perfezionamento della definizione della controversia ai sensi dell’articolo 6 del Dl 119/2018, il contribuente può rinunciare al ricorso avverso il diniego della precedente definizione oppure l’ufficio può chiedere la cessata materia del contendere essendo venuto meno l’interesse alla lite.

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