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Normativa e prassi

Riconoscimento fiscale dei trust. La questione dipende dal gestore

Se il potere di disporre dei beni continua a essere mantenuto dal settlor, sarà quest'ultimo a essere tassato

Un trust messo su solo per realizzare uno schermo fittizio al reale possesso dei beni? Fiscalmente è come non ci fosse e, di conseguenza, a sopportare la tassazione, secondo le ordinarie regole previste per ogni categoria reddituale, sarà il disponente.
E', in sintesi, uno dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 61/E del 27 dicembre, con cui l'Agenzia delle Entrate ha inoltre precisato che anche per i beneficiari non residenti vale la regola della tassazione dei redditi a loro imputati (nel caso di trust trasparenti o misti), a prescindere dall'effettiva percezione.

La Convenzione dell'Aja punto di riferimento
Il trust, che non ha una disciplina civilistica interna, trova legittimazione a seguito dell'adesione dell'Italia alla Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva con le legge 364/1989. Ed è proprio a tale caratterizzazione che occorre riferirsi perché i trust, costituiti secondo la legge di uno Stato estero oppure italiani - "atipici" per definizione -, abbiano riconoscimento giuridico.

E quali sono i tratti essenziali caratterizzanti i trust secondo la Convenzione dell'Aja? Eccoli:
  1. la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio del disponente (chi trasferisce i beni al trust), del trustee (il gestore) e dei beneficiari
  2. l'intestazione dei beni medesimi al trustee
  3. il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire e disporre dei beni secondo il regolamento del trust o le norme di legge.

Il succo è che, quindi, non possono essere considerati "fiscalmente validi" trust in cui i beni continuano a essere sotto il controllo del disponente. Il potere di gestione degli stessi deve appartenere effettivamente al trustee. Senza spossessamento c'è una mera interposizione e, quindi, i redditi - solo formalmente prodotti dal trust - debbono essere tassati in capo al disponente secondo i principi generali previsti per ciascuna categoria reddituale di appartenenza.

L'Agenzia delle Entrate era già arrivata a tali conclusioni con la circolare 43/2009, documento con cui, seppur riferito all'emersione delle attività detenute all'estero e al soggetto cui competeva presentare la relativa dichiarazione, aveva riconosciuto fittiziamente interposti:
  • trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi
  • trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento se stesso come beneficiario
  • trust in cui il disponente (o il beneficiario) risulti, dall'atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto, titolare di poteri in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione e amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso
  • trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal trustee
  • trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato
  • trust in cui il disponente può modificare nel corso della vita del trust i beneficiari
  • trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dallo stesso individuati
  • ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari.

La tassazione dei beneficiari
Per il beneficiario residente, il reddito a lui imputato è "di capitale", a prescindere dalla residenza del trust. Anche questo è stato puntualizzato nella circolare n. 61/E, con l'avvertenza che - ovviamente - se il trust è straniero ed è stato tassato (perché opaco) sui redditi prodotti in Italia, gli stessi non saranno ulteriormente assoggettati a imposizione in capo al beneficiario.

La precisazione forse più importante è arrivata, però, a proposito dei beneficiari non residenti di trust italiani. Come anticipato, per l'Agenzia (quando si è di fronte a trust trasparenti o misti, trust, cioè, la cui tassazione avviene, in tutto o in parte, in capo ai beneficiari), anche per il beneficiario non residente scatta la lettera g-sexies dell'articolo 44 del Tuir, norma che ha definito questa nuova tipologia di reddito di capitale (normalmente tassato per cassa) che assume rilevanza per la sola imputazione, a prescindere dalla corresponsione. Norma che, essendo "speciale", prevale anche sull'articolo 23 dello stesso Testo unico (applicazione dell'imposta ai non residenti), che in linea generale prevede, per i redditi di capitale, la tassazione quando "corrisposti".

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