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Normativa e prassi

Procedure concorsuali: come cambia
il recupero Iva sui crediti non riscossi

Per effetto delle modifiche operate dal decreto “Sostegni- bis” viene anticipata l’emissione della nota di variazione in relazione a fatture emesse nei confronti di debitori sottoposti a procedure concorsuali

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La circolare n. 20/E, siglata oggi, 29 dicembre 2021, dal direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini, fornisce chiarimenti in materia di variazioni in diminuzione dell'imponibile o dell'imposta, illustrando come la novella normativa recata dal decreto “Sostegni-bis”, diversamente dalla previgente disciplina, anticipi la facoltà di rettificare in diminuzione il corrispettivo originariamente fatturato già a partire dall’inizio della procedura concorsuale avviata in capo al debitore, fermo restando la necessità di effettuare un’ulteriore variazione (in aumento) che si rendesse necessaria alla chiusura della stessa.

L’articolo 18 del decreto “Sostegni-bis” ha previsto, infatti, novità sostanziali sulla disciplina delle note di variazione di cui all’articolo 26 del decreto Iva, con particolare riferimento alla possibilità per i cedenti/prestatori di rettificare l’importo fatturato e non riscosso nei confronti di cessionari/committenti che vengono assoggettati a una procedura concorsuale. Tali novità trovano applicazione, per espressa previsione normativa, solo con riferimento alle procedure concorsuali avviate dopo il 25 maggio 2021.
Tali modifiche normative sono diretta conseguenza di alcuni orientamenti giurisprudenziali forniti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di riduzione della base imponibile (articolo 90 della direttiva n. 2006/112/Ce) e pertanto devono essere lette in coerenza con gli orientamenti da questa espressi.
Il legislatore ha voluto tuttavia recepire tali indirizzi solamente in relazione alle procedure concorsuali strettamente intese – quali fallimento, liquidazione coatta amministrativa, procedura di concordato preventivo e procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza – lasciando inalterata la disciplina prevista per le note di variazione emesse a seguito di accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati di risanamento, nonché di procedure esecutive individuali.

Il dies a quo per l’emissione della nota di variazione
All’articolo 26 del decreto Iva, riguardante la variazione dell’imponibile e dell’imposta, il nuovo comma 3-bis prevede che il cedente/prestatore possa emettere la nota di variazione in diminuzione nei confronti del cessionario/committente “a partire dalla data in cui quest'ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale”. Il nuovo comma 10-bis chiarisce che la data di apertura della procedura concorsuale si riferisce a quella:

  • della sentenza dichiarativa del fallimento
  • del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa
  • del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo
  • del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Mentre per le procedure concorsuali avviate fino al 25 maggio 2021 la possibilità per il creditore di emettere la nota di variazione, essendo subordinata all’esito infruttuoso della procedura, rimane inevitabilmente procrastinata alla fase di chiusura della stessa, con le nuove disposizioni il legislatore consente di anticiparne l’emissione già alla fase di avvio della procedura, così che il creditore, nelle more della definizione della stessa, non sia gravato dell’Iva riguardante il corrispettivo non percepito.

L’ulteriore variazione in aumento alla chiusura della procedura
Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 26 prevede che nel caso in cui, successivamente all’emissione della nota di variazione in diminuzione, il corrispettivo sia pagato in tutto o in parte, il creditore debba emettere una nota di variazione in aumento così da riallineare le variazioni dell’imponibile al corrispettivo effettivamente percepito.
Tale previsione può considerarsi il recepimento nella normativa nazionale degli orientamenti unionali più volte espressi in tema di variazione dell’imponibile, in base ai quali, al fine di garantire la neutralità dell’imposta, “il calcolo dell’importo di tale rettifica deve far sì che l’importo delle detrazioni infine eseguite corrisponda a quello che il soggetto passivo avrebbe avuto diritto di operare se tale mutamento fosse stato considerato inizialmente” (sentenza 22 febbraio 2018, causa C-396/16, e in senso analogo sentenza 16 giugno 2016, causa C-186/15).

L’insinuazione al passivo
Con la nuova disciplina deve essere anche rivista la condizione, rappresentata già in precedenti documenti di prassi dell’Agenzia, relativa alla “preventiva insinuazione al passivo” del credito insoddisfatto. Alla luce anche di alcuni pronunciamenti della Corte di giustizia europea, viene chiarito che l’emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, la detrazione dell’imposta non incassata, non risulta più preclusa al cedente/prestatore che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente.

Il dies ad quem per l’emissione della nota di credito
Diversamente dal dies a quo, per le nuove procedure resta immutato il termine ultimo entro cui poter emettere la nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva corrispondente. Tale termine resta vincolato all’esercizio del diritto alla detrazione di cui all’articolo 19 del decreto Iva.
Ciò significa che, qualora nei confronti del cessionario/committente sia stata ufficialmente aperta una procedura concorsuale, il cedente/prestatore potrà emettere la nota di variazione, al più tardi, entro i termini di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto, ovvero l’apertura della procedura.
In sostanza, qualora il debitore sia sottoposto a una procedura concorsuale, il creditore:

  • potrà emettere la nota di variazione in diminuzione entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui viene aperta la procedura concorsuale, provvedendo conseguentemente a detrarre l’imposta relativa alla variazione
  • nel caso si sia avvalso della facoltà di cui al punto precedente, è tenuto, ai sensi del comma 5-bis dell’articolo 26, ad emettere la nota di variazione in aumento qualora alla chiusura della procedura concorsuale sia pagato una parte del corrispettivo.

Le modalità di recupero dell’Iva non riscossa
Con un esempio analitico dettagliato la circolare illustra come il cedente/prestatore può recuperare l’Iva relativa alle note di variazione regolarmente emesse per il tramite delle liquidazioni periodiche o della dichiarazione.
Superando in parte quanto previsto nella circolare n. 1/2018, viene specificato che:

  • se la nota di variazione in diminuzione sia emessa nell’anno relativo alla data in cui si è verificato il presupposto (apertura della procedura), l’Iva afferente confluirà nella liquidazione mensile o trimestrale relativa al periodo in cui è stata registrata;
  • se la nota di variazione sia stata emessa successivamente alla chiusura dell’anno relativo alla data in cui si è verificato il presupposto, purché entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa allo stesso anno (30 aprile dell’anno successivo), l’Iva afferente confluirà nella liquidazione mensile o trimestrale relativa al periodo in cui è stata registrata o, al più tardi, nella dichiarazione relativa all’anno in cui questa è stata registrata.

Gli obblighi in capo al cessionario/committente
Altra novità prevista dal “Sostegni-bis” riguarda gli adempimenti del cessionario o committente soggetto a una procedura concorsuale.
Per le nuove procedure, infatti, il nuovo secondo periodo del comma 5 prevede che la procedura non sia più tenuta ad annotare nel registro delle fatture emesse la nota di variazione in diminuzione ricevuta dal creditore. Ciò comporta, spiega la circolare, che la procedura non è più tenuta al versamento dell’imposta oggetto di rettifica, la quale resta quindi a carico dell’Erario.
In assenza di registrazione della nota di variazione, il debitore – in virtù delle previsioni del comma 5-bis che limitano il diritto alla detrazione a chi “abbia assolto all'obbligo di cui al comma 5” - non potrà conseguentemente registrare l’eventuale ulteriore nota di variazione in aumento emessa dal creditore a seguito della conclusione della procedura e, conseguentemente, non potrà detrarre l’imposta da questa conseguente.

La mancata emissione della nota di variazione
In coerenza con alcune risposte a istanze di interpello, in linea generale viene ribadito che lo spirare del termine previsto dal legislatore per consentire al cedente/prestatore di emettere la nota di variazione non può legittimare, in caso di colpevole inerzia di questo, il ricorso a istituti alternativi finalizzati al recupero dell’Iva corrispondente.
Non è ad esempio ammessa in nessun caso la possibilità di recuperare l’Iva oltre i termini previsti presentando successivamente una dichiarazione integrativa a favore, ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis del Dpr n. 322/1998, contenente la riduzione non operata dell’imposta. Ciò in quanto tale soluzione, oltre a comportare una palese violazione dei termini decadenziali previsti dalla norma, non assicurerebbe il rispetto del principio di neutralità dell’Iva.
Parzialmente diverso è invece il discorso del recupero dell’imposta attraverso il rimborso di cui all’articolo 30-ter del decreto Iva: il ricorso a tale istituto è ammesso solo quando il cedente/prestatore, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere la nota di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del decreto Iva.

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