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Normativa e prassi

Niente esenzione Iva per i servizi
resi dagli operatori socio sanitari

La tipologia di formazione e le competenze acquisite da queste figure non sono assimilabili a quelle che conseguono un’abilitazione all’esercizio professionale dopo un corso universitario

Le prestazioni rese dagli operatori socio sanitari sono soggette a Iva, con applicazione dell’aliquota ordinaria. Tali soggetti, infatti, non sono abilitati all’esercizio delle professioni sanitarie, quelle specificamente esentate dalla norma (articolo 10, primo comma, n. 18), del Dpr 633/1972), cioè di diagnosi, cura e riabilitazione della persona.

Questa, in sintesi, è la risposta dell’Agenzia delle entrate (la n. 90/2018) a un quesito avanzato, tramite interpello, da una società che presta servizi di assistenza sanitaria a domicilio per il trattamento delle malattie croniche respiratorie o degenerative, avvalendosi, oltre che di personale medico, infermieristico e riabilitativo e di psicologi, anche di operatori socio sanitari che, per la precisione, forniscono prestazioni di: assistenza al paziente per l’igiene completa e la cura della persona; monitoraggio della cute e prevenzione delle lesioni; mobilizzazione e posizionamento assistito; mantenimento delle funzionalità di eliminazione; mantenimento e monitoraggio dello stato nutrizionale; mantenimento della funzionalità respiratoria; mantenimento del ciclo sonno-veglia; supporto alle prestazioni infermieristiche.

La società, in particolare, avanza l’ipotesi secondo cui tali figure professionali sarebbero state espressamente incluse, per la prima volta, nel novero delle professioni sanitarie dalla legge delega “Lorenzin” (articolo 5, comma 1, legge 3/2018) e, per questo motivo, le loro prestazioni ora godrebbero dell’esenzione Iva, sia dal punto di vista soggettivo che da quello oggettivo, poiché, in molti casi, le stesse prestazioni possono essere rese a fronte di una specifica prescrizione medica.
L’interpellante ritiene che vi sia incertezza circa il corretto trattamento Iva dei servizi in argomento, in quanto il decreto Iva non individua dettagliatamente tutte le prestazioni qualificabili come sanitarie.

Per l’Agenzia non è così. Con il sostegno delle precisazioni contenute in vari documenti di prassi (cfr, tra le altre, risoluzione n. 87/2010) e della giurisprudenza della Corte di giustizia Ue (sentenza C-141/00 del 2002), e sulla scorta del parere reso dal ministero della Salute lo scorso 22 novembre, secondo il quale “l’Operatore Socio sanitario continua ad essere identificato come un operatore d’interesse sanitario di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 43/2006, che si caratterizza per essere sprovvisto delle caratteristiche della professione sanitaria in senso proprio, per la mancanza di autonomia professionale, con funzioni accessorie e strumentali e per una formazione di livello inferiore; per tali operatori non è prevista l’iscrizione ad uno specifico Albo professionale (…), afferma che l’applicazione dell’esenzione Iva alle prestazioni sanitarie deve essere valutata in relazione alla natura delle prestazioni fornite, riconducibili nell’ambito della diagnosi, cura e riabilitazione, e in relazione ai prestatori, i quali, dopo un percorso universitario, devono essere abilitati all’esercizio della professione sanitaria.
 
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