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Normativa e prassi

Difficile il tandem tra bonus R&S
e sistemi già ampiamente collaudati

Per usufruire del contributo, secondo le finalità della norma, non devono mancare i requisiti della novità del prodotto e del rischio finanziario e, quindi, del possibile insuccesso tecnico

Con la risoluzione 46/E del 22 giugno 2018, l’Agenzia delle entrate interviene nuovamente sul tema del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, affrontando l’aspetto della corretta individuazione dell’ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione.
 
Nel documento di prassi, che riporta il parere di competenza del ministero dello Sviluppo economico, viene analizzato un progetto elaborato da una società attiva nel settore dell’organizzazione di eventi e manifestazioni fieristiche, che prevede la riorganizzazione dei processi industriali in una logica di “smart factory”, al fine di valutare l’ammissibilità al credito d’imposta delle attività di ricerca e sviluppo svolte per la sua realizzazione.
 
Prima di entrare nel dettaglio delle indicazioni fornite dall’Agenzia, si propone un quadro di sintesi della misura a oggi in vigore, introdotta dall’articolo 3 del Dl 145/2013 e oggetto di restyling a opera delle legge di stabilità 2016 (legge 190/2015) e della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016).
L’incentivo, riconosciuto sotto forma di credito d’imposta a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020, è commisurato, per ciascuno dei periodi agevolati, al 50% dell’eccedenza degli investimenti effettuati rispetto alla media di quelli realizzati nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due precedenti.
 
Danno diritto all’agevolazione le spese – imputabili ai singoli periodi agevolati in base alle regole generali di competenza dell’articolo 109 del Tuir – connesse agli investimenti in attività di “ricerca fondamentale”, “ricerca industriale” e “sviluppo sperimentale”, e rappresentate dai costi per il personale impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo, per contratti di ricerca cosiddetti extra-muros, stipulati con università, enti di ricerca, imprese e start-up innovative, dalle quote di ammortamento di strumenti e attrezzature di laboratorio e dalle spese relative a competenze tecniche e privative industriali.
Il credito d’imposta è riconosciuto a condizione che i costi sostenuti tra quelli ammissibili all’agevolazione e siano di importo almeno pari a 30mila euro. Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione fino all’importo massimo annuale di 20 milioni di euro.
 
Con decreto interministeriale Mise-Mef del 27 maggio 2015, sono state adottate le disposizioni applicative necessarie al funzionamento dell’incentivo, in relazione al quale l’Agenzia delle entrate ha fornito i principali chiarimenti con le circolari 5/E del 16 marzo 2016, 13/E del 27 aprile 2017 e 10/E del 16 maggio 2018.
 
Descrizione del progetto di investimento
L’occasione per ritornare sull’argomento è fornita da un’istanza di interpello nella quale si chiede all’Amministrazione finanziaria di valutare la riconducibilità alla categoria dello “sviluppo sperimentale” di alcuni investimenti effettuati per la realizzazione di un programma di riorganizzazione dei processi industriali, finalizzato, da una parte, a integrare la catena logistica di produzione della fiera, includendo tutti i processi relativi a visitatori, espositori e fornitori in una prospettiva di aumenti di efficacia ed efficienza, e dall’altra, ad avvicinare i servizi alle persone, creando servizi innovativi attraverso il cosiddetto Internet of Things.
 
Il programma, in particolare, si concretizza nella progettazione, programmazione e realizzazione di software, servizi web, app e impianti tecnologici, destinati a supportare l’intero processo di produzione fieristica, consentendo alla società di:
  • colmare i gap attualmente presenti nei sistemi che gestiscono le attività correlate alla partecipazione alle manifestazioni, che generano errori e prevedono lo svolgimento di attività manuali
  • digitalizzare integralmente i flussi documentali
  • migliorare e ampliare i database in modo da aumentare la qualità dei dati integrandoli con informazioni sui comportamenti degli utenti
  • sviluppare i processi di valutazione dei risultati operativi
  • creare nuovi e innovativi servizi.
 
Il parere dell’Agenzia delle entrate
Nel recepire le osservazioni tecniche richieste al ministero dello Sviluppo economico, l’Agenzia delle entrate ha espresso parere negativo sull’ammissibilità all’agevolazione delle attività svolte dalla società qualificandole come “ordinarie attività” realizzative di un programma di investimenti in capitale fisso. Si tratta, cioè, di investimenti in beni strumentali (materiali e immateriali) direttamente impiegati nella realizzazione delle attività caratteristiche dell’impresa e, in quanto tali, trattati sul piano economico-patrimoniale, nonché in sede di rappresentazioni di bilancio, alla stregua di immobilizzazioni.
 
Come precisato nell’istanza, il programma di investimenti ha previsto l’adozione e l’introduzione di numerose tecnologie di avanguardia, tra le quali, a titolo di esempio: le tecnologie di geolocalizzazione indoor, basata su dispositivi bluetooth Lte, quali i beacon fisici, i virtual beacon, tecnologie tipo Quuppa o tecniche di localizzazione che utilizzano connessioni Wi-Fi; le tecnologie che applicano la cosiddetta “Realtà aumentata” per fornire contenuti personalizzati e finalizzati ad arricchire l’esperienza di visita presso la fiera; tecnologie Digital signage per la diffusione di contenuti e l’acquisizione di informazioni; le tecnologie di proximity marketing e di Big data analytics per l’applicazione di tecniche di Machine learning e cognitive marketing.
 
Secondo il parere del Mise, si tratta, in sostanza, di una serie di prodotti già disponibili e ampiamente diffusi in tutti i settori economici (incluso quello dei servizi) per accompagnare e realizzare la trasformazione tecnologica e la digitalizzazione dei processi produttivi secondo il paradigma “Industria 4.0”.
Pertanto, considerate le finalità del progetto e le modalità di realizzazione, il ministero interpellato ha escluso che gli investimenti in questione possano qualificarsi come attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante agli effetti della disciplina del credito d’imposta.
Ai fini di tale qualificazione, nel caso di specie, mancherebbe sia il requisito della novità sia, tra l’altro, il requisito del rischio finanziario (nonché d’insuccesso tecnico), che dovrebbero caratterizzare tipicamente gli investimenti in ricerca e sviluppo.
 
Le precisazioni riguardanti le immobilizzazioni immateriali
Come precisato nel parere, le considerazioni sopra riportate valgono anche con riferimento alla parte degli investimenti rientranti nella categoria delle immobilizzazioni immateriali, quali l’acquisizione di licenze di software e sviluppi di software preesistenti o nuovi a servizio della particolare attività caratteristica.
 
Sul punto, nella risoluzione viene chiarito che non costituiscono attività di ricerca e sviluppo, tra le altre, le attività concernenti:
  • lo sviluppo di software applicativi e di sistemi informativi aziendali che utilizzino metodi conosciuti e strumenti software esistenti
  • l’aggiunta di nuove funzionalità per l’utente a programmi applicativi esistenti
  • la creazione di siti web o software utilizzando strumenti esistenti
  • l’utilizzo di metodi standard di criptazione, verifica della sicurezza e test di integrità dei dati
la “customizzazione” di prodotti per un particolare uso.
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