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Giurisprudenza

Violazione sostanziale, se il credito
va in F24 ma non in dichiarazione

Il solo modello di versamento non consente al Fisco di verificare se l’importo utilizzato in compensazione sia conforme a quello effettivamente spettante al contribuente

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La Corte di cassazione ha stabilito che l'utilizzazione di un credito di imposta in compensazione sul modello F24 anziché nella dichiarazione dei redditi integra una violazione sostanziale in quanto, in detta ipotesi, difetta uno dei requisiti propri della violazione meramente formale, in particolare, quello che essa non pregiudichi l'esercizio delle azioni di controllo.
Questo il contenuto della sentenza n. 250, depositata il 12 gennaio 2021.

Fatto e processo di merito
L'impugnazione riguardava una cartella di pagamento, notificata ad una srl umbra, con cui venivano recuperati due crediti di imposta, indebitamente compensati, essendone stata omessa l'indicazione nel quadro RU della relativa dichiarazione dei redditi.
Mentre il contenzioso di primo grado si dimostrava favorevole all'amministrazione finanziaria, la Ctr dell'Umbria, in riforma della sentenza resa in prime cure, propendeva per la prospettazione della compagine.

Sentenza d'appello
Secondo il Collegio regionale, infatti, l'indicazione del credito di imposta, pur non risultando nel quadro RU del modello Unico della dichiarazione dei redditi (circostanza incontestata), compariva, tuttavia, nel modello di pagamento F24 effettuato dalla contribuente.
In tal modo, inferiva la Ctr, all'ufficio era consentito - anche in considerazione del dovere collaborativo che deve caratterizzare il rapporto tra Fisco e contribuente - di avvedersi dell'irregolarità formale ed eventualmente di invitare la società a sanare l'irregolarità.
Atteso che l'ufficio, a parere del Collegio perugino, si era sottratto ai propri doveri connessi con il principio dell'affidamento, la richiesta impositiva risultava illegittima.

Ricorso per cassazione
Nel coltivare il contenzioso avanti al giudice di legittimità, l'amministrazione finanziaria deduceva che il combinato disposto dei cardini legislativi di riferimento (articoli 10, 11 e 13 legge n. 317/1991, articolo 11 legge n. 49/1997, nonché articolo 2, commi 8 e 8-bis Dpr n. 322/1998, nel testo modificato dal Dpr n. 435/2001) conduceva a dover affermare la decadenza dal credito di imposta per l'ipotesi di mancata indicazione nella relativa dichiarazione dei redditi del contribuente.
Detta decadenza, sottolineava l'ufficio, non poteva essere evitata dall'indicazione del credito in atti diversi e alternativi dalla dichiarazione dei redditi, espressamente individuata dalla norma istitutiva della decadenza, né, tantomeno, dal generale principio di emendabilità della dichiarazione fiscale, peraltro nella specie non verificatasi, non avendo la società proceduto a presentare alcuna dichiarazione integrativa.

Ordinanza
La Cassazione si pronuncia nel senso di una pedissequa adesione alla prospettazione erariale, alla luce sia della normativa che della giurisprudenza di riferimento, con consequenziale accoglimento del ricorso e rigetto dell'impugnazione introduttiva della srl.
Difatti, ricordano i togati di legittimità, appare consolidato l'orientamento per cui, in tema di agevolazioni per il commercio, l'articolo 11 della legge n. 317/1991 impone la decadenza del beneficio del credito di imposta ove la relativa somma non sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale è concesso il beneficio, anche quando si tratti dell'agevolazione prevista dall'articolo 11 della legge n. 449/1997, in virtù del rinvio che tale seconda disciplina opera alla prima (cfr Cassazione n. 2395/2017).
Lo stesso Collegio di nomofilachia ha anche precisato che l'utilizzazione di un credito di imposta in compensazione sul modello F24 anziché nella dichiarazione dei redditi integra una violazione sostanziale in quanto, in detta ipotesi, difetta uno dei requisiti propri della violazione meramente formale, e, in particolare, quello che essa non pregiudichi l'esercizio delle utilizzato in compensazione sia conforme a quello effettivamente spettante al contribuente (cfr Cassazione n. 19185/2019). azioni di controllo, atteso che il modello fiscale F24 non consente al Fisco di verificare se il credito

Conclusioni
In materia, la stessa prassi dell'Agenzia delle entrate (risoluzione 110/2019) ha chiarito che l’articolo 3, commi da 1 a 3, del Dl n. 124/2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 157/2019, ha introdotto alcune novità in relazione alle modalità e alle procedure da seguire per la presentazione dei modelli F24 che contengono crediti d’imposta utilizzati in compensazione, estendendo, tra l'altro, ai crediti utilizzati in compensazione tramite modello F24 per importi superiori a 5mila euro annui, relativi alle imposte sui redditi e all’Irap (comprese le addizionali e le imposte sostitutive), l’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito.
Sono, di conseguenza, soggette a detto obbligo le compensazioni identificate dai codici classificati nelle categorie della tabella allegata alla richiamata risoluzione, relativi a:

  1. imposte sostitutive
  2. imposte sui redditi e addizionali
  3. Irap
  4. Iva.

Il descritto obbligo, di ampia applicazione, è, in ogni caso, previsto espressamente dall'articolo 11 della legge n. 317/1991 - rilevante nel caso di specie - che impone l'indicazione in dichiarazione del credito d'imposta relativo agli interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese: dalla previsione testuale della norma è, quindi, comunque esclusa la validità di una compensazione effettuata tramite modello F24.

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