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Giurisprudenza

La "sparizione" di beni in leasing è reato di bancarotta fraudolenta

Una tale condotta crea un pregiudizio non solo nei confronti dei creditori, ma anche in capo alla società locatrice

Integra la fattispecie delittuosa della bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione del bene oggetto del contratto di leasing, in quanto tale condotta pregiudica gli interessi dei creditori fallimentari. Questo il principio contenuto nella sentenza n. 27650 del 15 luglio, emessa dalla sezione penale della Cassazione, che si sofferma anche sul caso della bancarotta fraudolenta documentale.

I fatti di causa
Il tribunale di Benevento condanna un soggetto per il reato di bancarotta fraudolenta impropria, patrimoniale e documentale, a seguito del fallimento di una società. Secondo i giudici campani, la condotta penalmente rilevante del reo si era concretizzata nella sottrazione di macchinari che la società fallita aveva acquistato in leasing e che non erano stati rinvenuti in sede di inventario. Inoltre, sempre durante l'inventario, non era stata trovata essenziale documentazione contabile.

L'appello proposto dal condannato viene rigettato dalla Corte d'appello campana.

Il successivo ricorso in Cassazione si fonda su due motivi:

  1. erronea applicazione della legge penale quanto alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Secondo la difesa del ricorrente, infatti, la fattispecie delittuosa del caso in esame presuppone la titolarità dei beni sottratti mentre, com'è noto, nel contratto di leasing la proprietà dei beni resta in capo alla società locatrice. Né, peraltro, era ipotizzabile un diritto al riscatto dei beni, in quanto l'irregolare pagamento dei ratei, escludeva di fatto tale possibile beneficio.
  2. erronea applicazione della legge penale quanto alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo, non essendo stato provato che il comportamento posto in essere dal reo fosse dolosamente diretto a creare un danno ai creditori societari.

Cos'è la bancarotta fraudolenta?
La bancarotta fraudolenta - disciplinata dall'articolo 216 del regio decreto 267/1942 (cosiddetta legge fallimentare) - è, senza dubbio, la figura delittuosa più rappresentativa e rilevante all'interno del diritto penale fallimentare.
È un reato proprio - quella impropria invece è disciplinata dall'articolo 223 dello stesso regio decreto - e di pericolo, nel senso che è commesso nell'ambito della procedura fallimentare e solamente da quei soggetti, quale l'amministratore, che occupano la particolare qualifica o posizione indicata espressamente dalle norme incriminatici, e si sostanzia in una serie di condotte illecite idonee ad arrecare un grave pregiudizio sia ai creditori sia alla collettività in generale, in quanto vengono commesse in un contesto economico caratterizzato dal dissesto dell'impresa commerciale.

La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che, in tale ipotesi, il fondamento della penale responsabilità dell'amministratore di diritto vada rintracciato in quella particolare posizione di garanzia, di cui egli diviene titolare nel momento in cui ha acconsentito a ricoprire formalmente la carica di amministratore, che trova la sua base giuridica nelle disposizioni civilistiche di cui agli articoli 2392 e 2394 del codice civile.
Tale fattispecie delittuosa comprende, al suo interno, tipologie tra loro molto diverse - a seconda del momento in cui la condotta delittuosa si verifica rispetto alla dichiarazione di fallimento, del tipo di condotta stesso e del soggetto che la compie - ma tutte accomunate dal fatto di collegarsi a una procedura concorsuale.

In estrema sintesi, si possono distinguere le seguenti fattispecie di bancarotta fraudolenta: pre-fallimentare, se la condotta delittuosa precede la dichiarazione di fallimento (articolo 216, comma 1); post-fallimentare, se la condotta è successiva (articolo 216, comma 2); patrimoniale e/o documentale (articolo 216, comma 1, nn. 1 e 2); preferenziale (articolo 216, comma 3); propria (se a fallire è l'imprenditore individuale); impropria (se a fallire è una società, ovvero un institore).
 
La decisione della Corte
I giudici di legittimità sono di diverso avviso e ritengono manifestamente infondate le doglianze del ricorrente.
Infatti, in conformità a un precedente orientamento giurisprudenziale (cfr Cassazione, sentenza n. 33380/2008), i giudici di piazza Cavour ribadiscono che "…integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o la dissipazione del bene oggetto di contratto di leasing, in quanto siffatte condotte comportano un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore del medesimo bene ed, allo stesso tempo, è gravata da un ulteriore onere economico scaturente dall'inadempimento dell'obbligo di restituzione alla società locatrice…".
In altre parole, per la Cassazione, non si può non rilevare come la condotta qui esaminata abbia creato un pregiudizio ai creditori, quantomeno in capo alla società locatrice la cui obbligazione è rimasta insoluta e priva di garanzia di ristoro.

Infine, la Corte si sofferma sull'elemento psicologico del reato di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione al quale i giudici di legittimità ritengono sufficiente il solo dolo generico e non anche quello specifico.
Al riguardo, la Cassazione precisa che la conservazione in modo assolutamente carente della documentazione contabile dell'impresa - salva la presenza di una idonea causa giustificativa, assente nel caso di specie - costituisce "…una dimostrazione di sistematica condotta di violazione del primario obbligo annotativo imposto all'imprenditore dall'ordinamento…", atteso che "…non è logicamente concepibile che chi conduce un'impresa, anche di piccole dimensioni, possa privarsi di completa traccia contabile essenziale, come quella del libro giornale o del libro degli inventari…".
Né vale, a escludere la responsabilità penale in relazione alla bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza dell'inattività della società, in quanto gli obblighi documentali "…sopravvivono alla cessazione dell'attività, venendo meno soltanto quando la cessazione dell'attività sociale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese…".
 

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