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Giurisprudenza

Servizi postali, sì all'esonero Iva
ma a condizioni e prezzi standard

È la conclusione a cui è pervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza pronunciata nella causa C-357/07

la sede della corte di giustizia a bruxelles

La controversia definita in data odierna dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (causa C-357/07) riguarda l'ambito di applicazione dell'articolo 13, parte A, n. 1, lett.a) della direttiva Cee 388/77 che prevede l'esonero dal pagamento dell'imposta sul valore aggiunto per una serie di operazioni, tassativamente e analiticamente individuate. L'eccezionalità della disposizione trova la propria ratio nel peculiare rilievo socio-economico sottostante alle predette operazioni; pertanto, la esenzione da Iva disposta dal legislatore comunitario, e recepita dagli Stati membri secondo le condizioni dai medesimi stabilite, è diretta a favorire la collettività, rendendo meno oneroso l'acquisto dei beni e/o servizi oggetto di espressa previsione normativa. Tra le operazioni esentate dall'assolvimento del tributo rientrano, altresì, "quando sono effettuate dai servizi pubblici postali, le prestazioni di servizi e le forniture di beni accessori a dette prestazioni, esclusi il trasporto di persone e le telecomunicazioni".

Servizi postali e direttiva CE 97/67
Con riferimento ai servizi postali, la direttiva CE 97/67 stabilisce disposizioni uniformi per il mercato interno dei servizi postali sia per quanto concerne la modalità di fornitura del servizio sia con riferimento alle definizioni dei servizi medesimi. In particolare, l'articolo 2 della predetta direttiva definisce rete postale pubblica "l'insieme dell'organizzazione e dei mezzi di ogni tipo utilizzati dal fornitore del servizio e che consentono la raccolta, l'instradamento e la distribuzione degli invii postali". La direttiva, all'articolo 3, fissa poi a carico degli Stati membri l'obbligo di predisporre un servizio (postale) universale (gestito da un apposito fornitore) che sia idoneo a garantire la raccolta e la distribuzione dei prodotti postali in tutto il territorio.

L'origine della controversia
La controversia in esame nasce in Gran Bretagna ove il mercato dei servizi postali è stato di recente liberalizzato. Attualmente, tuttavia, è soltanto la Royal Mail plc, una holding pura che non svolge alcuna attività commerciale, a essere l'unico fornitore del servizio postale accreditato dalle autorità britanniche presso la Commissione europea, come prescritto dall'articolo 4 della direttiva sui servizi postali. L'essenza del servizio universale garantito dalla Royal Mail nell'interesse pubblico consiste nell'offerta a tutti gli utenti di prestazioni di servizi postali ad una tariffa fissa nonché nell'impegno di garantire la distribuzione e consegna ogni giorno lavorativo presso qualsiasi indirizzo del Paese. Dal 2002, un'altra società, la Tnt, ha conseguito dall'Amministrazione britannica la licenza per svolgere servizi postali, anche se a condizioni diverse rispetto a quelle in cui opera la Royal Mail (cosa che, come si vedrà in seguito, ha assunto un ruolo determinante per orientare la decisione dei giudici comunitari) e senza beneficiare dell'esenzione di cui al citato articolo 13 della sesta direttiva.

La portata dell'esenzione
Si è, pertanto, posto il problema di stabilire l'effettiva portata dell'esenzione in esame e, precisamente, se essa abbia carattere anche soggettivo, se siano, cioè, determinanti anche le caratteristiche del soggetto che eroga la prestazione, e se essa copra tutte le prestazioni fornite "dai servizi pubblici postali".
Le osservazioni della Corte
Riguardo la prima questione, la Corte di Giustizia, facendo riferimento alla sentenza dell'11 luglio 1985, ha osservato che l'esenzione prevista dall'articolo 13, parte A, n. 1, lett. a) riguarda soltanto le prestazioni effettuate da "servizi postali che possono essere considerati pubblici nel senso organico del termine". Ciò implica che siano esonerati i soli servizi erogati direttamente dall'organizzazione postale e direttamente rivolti ai clienti. Occorre, altresì, rilevare che per quanto concerne la nozione di "servizio pubblico postale", l'articolo 13 della sesta direttiva non richiede, a differenza delle altre ipotesi di esenzione, che le prestazioni postali siano effettuate da un organismo di diritto pubblico quanto, piuttosto, che siano rese in modo tale da assicurare l'offerta generale di prestazioni di servizi postali (aventi carattere essenziale nell'economia di un paese) in modo efficiente e a prezzi ragionevoli.

Interesse pubblico e servizio universale
Sotto tale aspetto, la Royal Mail è la sola organizzazione appositamente incaricata dall'Amministrazione all'espletamento del servizio universale e al rispetto di condizioni di erogazione del servizio profondamente diverse, perchè più onerose, rispetto alle condizioni secondo cui operano altri fornitori di servizi postali. Ne consegue che, anche senza la concessione di diritti esclusivi, i fornitori del servizio universale assolvono un incarico di interesse pubblico e, in quanto tale, devono sottostare ad uno specifico controllo statale diretto ad assicurare la effettività ed efficacia del servizio erogato. Pertanto, "è conforme alla ratio dell'articolo 13 della sesta direttiva inquadrare i fornitori del servizio universale come servizi pubblici postali ed esonerare dall'Iva. le loro prestazioni".

Il nesso diretto e immediato
Con riferimento alla tipologia di prestazioni esonerate, la Corte accede a una interpretazione rigida del dato letterale, asserendo che fruiscono dell'agevolazione fiscale le sole operazioni aventi un nesso diretto ed immediato con l'erogazione di servizi postali (è, pertanto, esclusa dall'esenzione la vendita di gadget e/o articoli di cancelleria all'interno degli uffici postali). Parimenti, non fruiscono dell'esonero da Iva le prestazioni di servizi postali nei confronti di utenti che dispongono di un particolare potere di acquisto e nei cui riguardi il fornitore del servizio universale non è tenuto a rispettare gli standard di prezzo imposti per la generalità degli utenti ma fruisce di una maggiore autonomia negoziale. Si tratta, in tali casi, di prestazioni di servizi che, non riflettendo più un'utilità di carattere generale ed essendo espressioni di una libera trattativa privata, devono correttamente ricadere nella ordinaria imponibilità Iva.
 

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