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Giurisprudenza

Restituzione dei dazi tra errore contabile e richiesta di rimborso

All’attenzione della Corte la controversia insorta tra una società britannica e le autorità doganali del Regno Unito

Secondo i giudici comunitari l’errore che consiste nel non aver indicato separatamente dal prezzo delle merci la commissione di acquisto, deve dar luogo alla restituzione dei dazi all’importazione applicati su tale commissione. A condizione, però, che non vi sia alcun intento di frode da parte del dichiarante e che sia rispettato il termine perentorio entro cui esercitare la richiesta di rimborso.
Oggetto della controversia sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia nel procedimento C-468/03 sono sia i criteri di determinazione dell’importo su cui applicare i dazi doganali riscossi all’atto dell’importazione delle merci che l’individuazione dei casi in cui è fatto obbligo, in capo alle autorità doganali, di procedere al rimborso dei dazi corrisposti in eccesso, a causa di un errore di calcolo dell’operatore.
Il calcolo dell’Iva sulle merci importate
La questione non ha una valenza circoscritta alla sola materia doganale in quanto, ai fini dell’assolvimento degli obblighi in materia di Iva all’atto dell’importazione dei beni, il legislatore comunitario dispone che la base imponibile su cui calcolare l’imposta sul valore aggiunto è costituita, oltre che dal valore della merce, anche dai dazi doganali corrisposti per consentirne l’ingresso nel territorio comunitario.
L’oggetto della controversia
La fattispecie in esame concerne la controversia insorta tra la società britannica "Overland" e le autorità doganali del Regno Unito (in prosieguo denominate "Commissioners"), in relazione al diritto, invocato dalla società, di vedersi rimborsati i dazi doganali pagati in eccesso, all’atto dell’importazione delle merci, per un mero errore contabile. La società Overland vende sul mercato comunitario calzature prodotte in Asia ed importate per il tramite di un intermediario che viene remunerato con una commissione pari al 4 per cento del prezzo di vendita corrisposto dalla Overland al produttore di calzature. L’importo fatturato alla società britannica è comprensivo del prezzo di vendita e della commissione di acquisto in quanto è il produttore stesso a versare all’intermediario la commissione pattuita.
La dichiarazione doganale
Le dichiarazioni presentate in dogana dalla Overland indicavano quale valore in dogana della merce importata l’importo figurante sulla fattura del produttore, comprensivo sia del prezzo di vendita dei beni che della commissione di acquisto versata all’intermediario. Soltanto successivamente la Overland, correttamente interpretando quanto previsto dal combinato disposto degli articoli 29, 32 e 33 del codice doganale, secondo cui il valore in dogana delle merci importate corrisponde al valore di transazione (e, cioè, il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci vendute), al netto delle commissioni per l’acquisto, intendendo per tali "le somme versate da un importatore al suo agente per il servizio da questi fornito nel rappresentarlo al momento dell’acquisto delle merci" , si rendeva conto dell’errore commesso.
La richiesta di rimborso
Di conseguenza, essa procedeva a formulare apposita richiesta di rimborso dei dazi versati in eccesso, basandosi sull’articolo 236 del codice doganale che riconosce al soggetto passivo il diritto al rimborso dei dazi all’importazione "quando si constati che il loro pagamento non era legalmente dovuto" e sempre che ciò non sia dipeso da una frode dell’interessato.
L’intervento della Corte di Giustizia
La controversia insorta a seguito del rifiuto opposto dai Commissioners alla richiesta di rimborso avanzata dalla società britannica è stata oggetto di esame da parte della Corte di Giustizia delle Comunità Europee la quale, rifacendosi ad una precedente pronunzia espressa in un caso analogo, ha innanzi tutto chiarito che laddove l’importatore, in sede di dichiarazione doganale, ometta di scorporare dal costo delle merci la commissione corrisposta al proprio agente, dovrà sopportare l’onere di tale omissione. Con la conseguenza che, conformemente al disposto del citato articolo 29 del codice doganale, tale commissione sarà considerata come parte integrante del valore di transazione e, pertanto, assoggettabile a dazio.
Le altre questioni pregiudiziali
Passando, poi, alle altre questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio in ordine all’obbligatorietà che grava sulle autorità doganali sia di procedere alla revisione della dichiarazione doganale dopo lo svincolo delle merci che di rimborsare i dazi corrisposti in eccedenza, la Corte ha stabilito quanto segue. Innanzitutto i giudici hanno sottolineato che il codice doganale comunitario prevede due distinti casi in cui è possibile "rivedere" la dichiarazione doganale già resa. In particolare, l’articolo 65 consente la rettifica unilaterale della dichiarazione da parte del dichiarante fino al momento dello svincolo delle merci. Tale facoltà si giustifica con la considerazione che, sino a quel momento, l’esattezza delle rettifiche operate può essere sempre controllata e verificata dall’autorità doganale mediante un controllo fisico delle merci. Una volta intervenuto lo svincolo, nessuna rettifica è più possibile da parte del dichiarante a meno che, ed è il caso previsto dall’articolo 78 del codice doganale, le autorità doganali ritengano di disporre "la revisione della dichiarazione su richiesta del dichiarante". Tale valutazione è assolutamente discrezionale, nel senso che è rimessa al prudente apprezzamento delle autorità competenti accordare o meno la revisione richiesta. E’ necessario, precisa la Corte, che ove le autorità ritengano di non dover concedere la revisione della dichiarazione doganale, esse siano obbligate a fornire una adeguata motivazione delle ragioni che ostano all’accoglimento della richiesta avanzata dal dichiarante. Nel caso, infine, in cui la revisione venga accordata e questa riveli che il regime doganale è stato applicato sulla base di elementi inesatti ed incompleti, la Corte ha chiarito che le autorità doganali, in ossequio al disposto dell’articolo 78, 3° comma, del codice doganale, debbano procedere a regolarizzare la situazione, tenendo conto dei nuovi elementi emersi a seguito della revisione della dichiarazione.
La posizione della Corte di Giustizia
Con la sentenza pubblicata lo scorso 20 ottobre la Corte ha pertanto stabilito che l’errore commesso dalla società britannica Overland, consistente nel non aver indicato separatamente dal prezzo delle merci la commissione di acquisto, deve dar luogo alla restituzione dei dazi all’importazione applicati su tale commissione. A condizione, però, che ricorrano i requisiti di cui all’articolo 236 del codice doganale e, cioè, l’assenza di un intento di frode da parte del dichiarante e il rispetto del termine perentorio entro cui esercitare la richiesta di rimborso di cui è causa.
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