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Giurisprudenza

La regolare tenuta della contabilità va supportata dalla prova analitica

La dimostrazione liberatoria delle movimentazioni su c/c bancari non può essere solo generica e cioè relativa all'attività esercitata

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Anche in presenza di contabilità regolarmente tenuta, ricade sul contribuente l'onere della prova circa la movimentazione bancaria rilevata sul conto corrente di cui lo stesso ha disponibilità.
Questa è la conclusione a cui è giunta la Cassazione, con la sentenza n. 2483/2008. La controversia era nata da un avviso di accertamento relativo al 2001, emesso dall'ufficio a seguito di indagini bancarie effettuate dalla Guardia di finanza sul conto corrente, intestato alla figlia, ma nella disponibilità del contribuente, che svolgeva attività di trasporto su strada. Quest'ultimo aveva provveduto a impugnare l'atto, sottolineando che, in presenza di regolare tenuta della contabilità, l'onere della prova circa la movimentazione bancaria sarebbe dovuto ricadere sull'Amministrazione finanziaria. Le ragioni del contribuente, non accolte in primo grado, venivano fatte proprie dai giudici di seconde cure, che provvedevano ad annullare l'atto impositivo.

Avverso la sentenza della Ctr, l'Amministrazione finanziaria ricorreva in Cassazione sulla base di due motivi. In primo luogo, chiedeva di dichiarare inammissibile l'appello per difetto di assistenza tecnica, in quanto l'atto di impugnazione era stato sottoscritto personalmente dal contribuente, pur in presenza di controversia superiore ai 5 milioni di lire; in secondo luogo, denunziava, tra l'altro, la violazione o falsa applicazione dell'articolo 32, comma 1, numeri 2 e 7, del Dpr 600/1973, in relazione all'articolo 62, Dlgs 546/1992, in quanto i giudici di secondo grado avevano ritenuto che l'onere della prova della movimentazione bancaria ricadesse sull'ufficio. Nel caso di specie, infatti, l'ufficio, avendo proceduto ad accertamenti bancari, poteva utilizzare i dati e gli elementi risultanti dall'esame dei conti correnti, salvo prova contraria fornita dal contribuente in ordine alla provenienza dei vari versamenti.

La Cassazione, da una parte, riteneva infondato il primo motivo in quanto i giudici di secondo grado avevano già esaminato e rigettato l'eccezione di inammissibilità, in presenza di delega al difensore regolarmente rilasciata con foglio unito al ricorso, dall'altra, in merito al secondo motivo addotto, accoglieva le doglianze dell'ufficio.
L'articolo 32, comma 1, nn. 2 e 7 del Dpr 600/1973, infatti, nell'attribuire all'ufficio il potere di procedere ad accertamenti bancari, prevede espressamente una presunzione legale che comporta una vera e propria inversione della prova a carico del contribuente, il quale è tenuto a giustificare i vari movimenti bancari e dimostrare che gli stessi siano estranei al suo reddito.

Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Cassazione 14675/2006), infatti, l'Amministrazione finanziaria può utilizzare tutti gli elementi desunti dall'esame dei conti correnti bancari, in assenza di idonea giustificazione da parte del contribuente. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno sposato la tesi sancita da un precedente pronunzia (sentenza 13818/2007) in tema di Iva, secondo cui, per superare la presunzione legale di cui al Dpr 633/1972, non è sufficiente al contribuente dimostrare genericamente di aver fatto affluire su un proprio conto corrente bancario, nell'esercizio della propria professione, somme affidategli da terzi in amministrazione, ma è necessario che egli fornisca la prova analitica della riferibilità all'attività di maneggio di denaro di ogni singola movimentazione del conto.
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