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Giurisprudenza

Quando le obbligazioni doganalisono da considerare inesistenti

Il caso che ha impegnato la Corte di Giustizia dell'Ue è giunto a sentenza oggi e vede protagonista l'Italia

la sede della corte di giustizia a bruxelles

La causa 275/2007, decisa dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea con la sentenza pubblicata oggi, riguarda un procedimento di infrazione intentato dall'esecutivo Ue a carico della Repubblica italiana per presunte violazioni alle disposizioni contenute nel codice doganale comunitario. In particolare, la Commissione ha contestato di non aver avviato nei termini prescritti il procedimento di riscossione dei dazi ed altre imposte doganali.

La posizione dell'Italia
Alla richiesta di pagamento dei relativi interessi di mora (maturati a seguito del ritardo nella riscossione dei dazi che rientrano tra le risorse proprie con cui la Comunità europea alimenta il bilancio comunitario) l'Italia ha sostenuto, da un lato, che le infrazioni in oggetto sono in realtà di gran lunga inferiori rispetto a quelle accertate dalla Commissione (11 su 201) e, di conseguenza, si è dichiarata disponibile al pagamento degli interessi di mora limitatamente alle sole operazioni doganali che risultavano effettivamente irregolari. In particolare, l'Italia ha eccepito che, poiché i documenti di transito che attestano il trasporto delle merci in regime di convenzione Tir (accordo in base al quale le merci trasportate non sono soggette al pagamento o al deposito dei dazi presso gli uffici doganali di passaggio) erano stati presentati in tempo utile all'ufficio doganale di destinazione non era sorta alcuna obbligazione doganale (articolo 204 del codice doganale) come invece sostenuto dalla Commissione europea e, di conseguenza, alcuna obbligazione accessoria (pagamento degli interessi di mora) poteva ritenersi legittimamente esistente.

Il passaggio alla Corte Ue
Nel giudizio deferito dal giudice a quo alla Corte di Giustizia, la Commissione addebita all'Italia di aver rifiutato di versare gli interessi di mora relativi, da un lato, alla tardiva contabilizzazione di dazi doganali derivanti da una operazione di transito comunitario e, dall'altro, di non aver rispettato i termini prescritti dalla normativa comunitaria per l'iscrizione dei dazi doganali nell'apposita contabilità con cui ciascuno Stato membro registra la riscossione delle imposte e dei dazi che costituiscono le cd.risorse proprie della Comunità.

La normativa comunitaria
In particolare il regolamento comunitario n. 1552/89 prescrive che gli Stati membri devono riportare nella contabilità i diritti accertati entro e non oltre la metà del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l'accertamento. Secondo l'articolo 2 del predetto regolamento "un diritto della Comunità sulle risorse proprie è accertato non appena il servizio competente dello Stato membro ha comunicato al soggetto passivo l'importo dovuto".  Tale comunicazione, precisa il regolamento, deve essere effettuata dal momento in cui le autorità doganali competenti sono in grado di individuare il soggetto passivo dell'obbligazione doganale e di quantificare l'importo della medesima. I giudici comunitari, nel pronunziarsi sulla questione, hanno effettivamente rilevato a carico delle autorità doganali italiane un obiettivo inadempimento dell'obbligo di comunicare all'obbligato principale l'irregolarità delle operazioni di transito entro i termini fissati dal richiamato regolamento. Il superamento di tale termine perentorio, proseguono i giudici, ha delle gravi conseguenze atteso che, a seguito dell'infruttuoso decorrere del termine suddetto, il soggetto obbligato viene liberato dalla sua responsabilità in ordine al pagamento del debito doganale. Né possono essere accettate le obiezioni sollevate dal governo italiano sull'esistenza, all'epoca dei fatti, di una situazione di ritardi generalizzata nella spedizione degli esemplari del documento T1 relativo al transito delle merci.

Le conclusioni
Tuttavia, proseguono i giudici, dagli atti di causa emerge che, a prescindere dalle infrazioni alla procedura imputabili alle autorità doganali italiane, le spedizioni dei documenti di transito agli uffici doganali di destinazione erano state effettuate in tempo utile. La qual cosa "rende le obbligazioni doganali inesistenti", contrariamente a quanto asserito dalla Commissione. Ne consegue che l'inesistenza-dell'obbligazione (doganale) principale "comporta che la Commissione non è legittimata ad agire gli interessi di mora a norma dell'articolo 11 del citato regolamento n.1552/1998", trattandosi di una obbligazione accessoria la cui esistenza è condizionata alla valida sussistenza dell'obbligazione principale. Il ricorso della Commissione contro la Repubblica italiana per omesso versamento degli interessi di mora deve ritenersi, quindi, respinto.
 

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