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Giurisprudenza

Il processo tributario è “speciale”

Inapplicabile alla notifica dell’appello l’articolo 330 del rito civile

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Secondo la previsione dell’articolo 1, comma 2, del Dlgs 546/1992, al processo tributario devono applicarsi, in via primaria, le norme in tale decreto previste, e solo in via secondaria, le norme processuali civili, con il duplice limite costituito dalla compatibilità logico-giuridica tra i due sistemi processuali e dalla mancata regolamentazione della specifica ipotesi da parte del detto decreto.
Perciò, le previsioni di cui agli articoli 16 e 17 del decreto in questione, che hanno carattere esaustivo e generale, disciplinanti le comunicazioni e le notificazioni previste per il processo davanti alle Commissioni tributarie, prevalgono sulle diverse prescrizioni del codice di rito, rendendo inapplicabile alla notifica dell’appello l’articolo 330 Cpc.
Questo il principio sancito dalla Corte di cassazione con la sentenza 12908/2007, con la quale, in definitiva, è stato affermato che è nulla la notificazione dell’impugnazione non effettuata alla parte presso il domicilio da questa eletto, bensì presso il difensore non domiciliatario. Trattasi però di nullità e non di inesistenza della notificazione, che è sanata per raggiungimento dello scopo con effetto ex tunc, mediante la costituzione in giudizio dell’intimato.

La controversia è scaturita dall’impugnazione, da parte di una società, di una cartella esattoriale e relativa iscrizione a ruolo della maggiore Iva. La ricorrente, in particolare, deduceva il difetto di tempestiva notifica dell’avviso di rettifica; la Commissione provinciale accoglieva il ricorso.
La Ctr adita accoglieva l’appello dell’ufficio, in particolare rilevando che la notifica dell’avviso era stata effettuata ai sensi dell’articolo 140 del Cpc, che dalla relata risultava che era stato effettuato il deposito presso la casa comunale, l’affissione alla porta e l’invio di raccomandata e che, inoltre, era stata prodotta documentazione idonea a giustificare tutto ciò.
In relazione alla pregiudiziale sollevata dalla società relativa alla circostanza che l’atto d’appello non risultava notificato al domicilio che era stato eletto in una memoria difensiva presentata nel corso del giudizio di primo grado, i giudici di seconde cure osservavano che in detta memoria erano indicati, congiuntamente e disgiuntamente, due difensori e che, pertanto, doveva ritenersi valida la notifica effettuata presso lo studio di uno dei due.
Da qui, il ricorso per cassazione della società, la quale con un unico, articolato motivo - deducendo vizi di motivazione oltre che violazione e falsa applicazione degli articoli 60 del Dpr 600/1973, 17- 51 del Dlgs 546/1992, 140, 170 e 330 del Cpc - rilevava la nullità della notifica dell’avviso di accertamento e, in relazione all’irritualità della notifica dell’atto di appello, eccepiva che la stessa andava fatta, ai sensi dell’articolo 330 Cpc, presso il procuratore costituito.

La Cassazione ha evidenziato la non applicabilità al processo tributario dell’articolo 330 del Cpc (luogo di notificazione della impugnazione). In particolare, i Supremi giudici ritengono che "atteso il carattere generale ed esaustivo delle previsioni di cui agli artt. 16 e 17 del decreto legislativo, esse siano applicabili in ogni caso di comunicazioni e notificazioni previste per il processo dinanzi alle Commissioni tributarie, prevalendo pertanto, senza possibilità di distinguo, sulle diverse prescrizioni del codice di rito".

La disposizione processuale tributaria ha il ruolo di “norma speciale” e, quindi, esclude l’operatività della disciplina processuale civile, con la conseguenza che l’astratta ipotizzabilità di un concorso tra norme andrebbe risolto riconoscendo prevalenza alla norma processuale tributaria in base al principio di specialità.
Affermata dunque “la prevalenza” dell’articolo 17 del Dlgs 546/1992 sull’articolo 330 Cpc, nella specie - secondo la Corte - sussiste violazione dell'articolo 17, posto che la notifica dell’impugnazione non risulta effettuata alla parte presso il domicilio da questa eletto (nella memoria depositata in primo grado), bensì presso il difensore non domiciliatario.

La violazione, però, conclude la Corte, comporta la nullità e non l’inesistenza, "posto che la notificazione di un atto del processo può dirsi giuridicamente inesistente solo nell’ipotesi in cui esso manchi del tutto, ovvero risulti compiuta in modo assolutamente non previsto dal codice di rito", con conseguente suscettibilità di sanatoria.
Tale nullità, a differenza da quanto sostenuto dalla società ricorrente, "è sanata, per raggiungimento dello scopo, con effetto ex tunc, sia mediante la sua rinnovazione, sia, come nelle specie, mediante la costituzione in giudizio dell’intimato (cui la notificazione stessa era diretta), anche se effettuata al solo fine di eccepirne la nullità".

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