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Giurisprudenza

Patteggiamento: ammissibile
solo dopo aver pagato

Per i giudici di legittimità, in caso di omessa dichiarazione, il contribuente deve effettuare l’integrale versamento del debito tributario anche se opera una causa di non punibilità

pagare

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 47287, depositata il 21 novembre scorso, ha ribadito che, per i reati ex articoli 4 e 5 Dlgs 74/2000, il patteggiamento è ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario da effettuarsi prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
 
Il fatto
La vertenza originava dalla contestazione, in capo al legale rappresentante di una società livornese, produttrice di cibo etnico, del reato di omessa dichiarazione, di cui all’articolo 5 Dlgs 74/2000.
Il Tribunale labronico, all’esito del cosiddetto “patteggiamento”, applicava la pena ex articolo 444ss. cpp, senza disporre la confisca.
 
Ricorso per cassazione
Il procuratore generale della Repubblica presso il tribunale di Firenze ricorreva per cassazione, affidando il ricorso a due motivi di diritto:

  • inapplicabilità, nel caso di specie, del rito del patteggiamento, per difetto dei presupposti di cui all’articolo 13-bis Dlgs 74/2000, che esclude la possibilità di accedere a detto rito qualora non vi sia stato integrale pagamento del debito o ravvedimento operoso
  • mancata applicazione della confisca obbligatoria, ex articolo 12-bis Dlgs 74/2000, da ordinare obbligatoriamente nel caso di reato di omessa dichiarazione.

 
Sentenza di legittimità
Per la Cassazione, entrambi i motivi di ricorso sono fondati.
Anzitutto, per i reati di cui agli articoli 4 e 5 del Dlgs 74/2000, il “patteggiamento” è ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Quanto precede, proseguono i togati di legittimità, non contrasta con il principio, già espresso dal Collegio di nomofilachia, secondo cui, in relazione al delitto di omesso versamento dell’Iva, l’estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità ex articolo 13-bis Dlgs 74/2000, poiché l’articolo 13, comma 1 del detto decreto qualifica il descritto comportamento come causa di non punibilità dei delitti previsti dagli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater Dlgs 74/2000 e il patteggiamento non potrebbe riguardare reati non punibili (cfr, Cassazione 38684/2018).
 
La normativa di riferimento
A questo proposito, argomenta la Corte, è necessaria l’esegesi delle norme di riferimento.
In particolare, l’articolo 13-bis Dlgs 74/2000, nei commi 1 e 2, tipizza i presupposti per accedere al patteggiamento, nel ravvedimento operoso o, in sintesi, nell’estinzione del debito tributario, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, fuori dei casi in cui siano previste cause di non punibilità.
 
Queste ultime ipotesi, si desume dalla pronuncia della Cassazione, sono previste ex art. 13 Dlgs 74/2000, sulla base di presupposti diversi, da un lato, per i delitti ex articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, e, dall’altro, per i delitti di cui agli articoli 4 e 5 del decreto.
I primi, in particolare, “non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative ed interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli imposti dovuti”, anche se a seguito di adesione, conciliazione o ravvedimento operoso (articolo 13, comma 1).
Per i secondi, invece, oltre all’estinzione del debito, o la presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, è richiesto che “il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbiano avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali” (articolo 13, comma 2).
 
Ammissibilità del patteggiamento
Per come coordinato il sistema dal legislatore, per i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1 Dlgs 74/2000, l’estinzione integrale dei debiti tributari prima della dichiarazione di apertura del dibattimento dà luogo a una causa di non punibilità (ex articolo 13, comma 1, norma speciale rispetto alla circostanza attenuante a effetto speciale, prevista, per tutti i reati del decreto, dall’articolo 13-bis Dlgs 74/2000) e, quindi, non può mai costituire presupposto per l’accesso al rito del patteggiamento.
 
Diversamente, è previsto per le ipotesi ex articoli 4 e 5 Dlgs 74/2000, che maggiormente interessano il caso di specie.
In queste ipotesi, è ipotizzabile che l’accesso al patteggiamento sia subordinato al verificarsi della circostanza ex articolo 13-bis, comma 1 Dlgs 74/2000.
Difatti – osservano i togati comunitari – la causa di non punibilità ex art. 13, comma 2 Dlgs citato si verifica solo se l’integrale pagamento del debito sia effettuato, come già richiamato:

  • in collegamento con il ravvedimento operoso o con la presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo
  • sempreché il ravvedimento o la presentazione intervengano prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

 
In questo senso, il pagamento effettuato, ad esempio, dopo l’inizio della verifica fiscale, non potrà integrare la causa di non punibilità ma solo la circostanza attenuante ad effetto speciale, prevista dalla legge.
Infine, viene accolto anche il secondo motivo del ricorso della Procura generale fiorentina, alla luce dell’articolo 12-bis Dlgs 74/2000, che prevede la confisca obbligatoria, anche nel caso di patteggiamento, per uno dei delitti previsti dal Dlgs 74/2000 e all’esito dell’osservazione secondo cui il tribunale labronico non aveva applicato detta misura ablatoria reale.
 
Conclusioni
In definitiva, il ragionamento della Corte di cassazione, oltre che aderente a un’interpretazione del reticolato normativo rigorosamente letterale, appare concordare anche con un’argomentazione di tipo sistematico.
L’atteggiamento più rigoroso del legislatore, esaminato nella sentenza in commento, nei confronti delle fattispecie di cui agli articoli 4 e 5 Dlgs 74/2000, rispetto alle fattispecie di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e10-quater, comma 1, stesso decreto, infatti, appare giustificato dalla minore gravità delle norme da ultimo previste, a cui corrisponde, di conseguenza, un’inferiore pena edittale, rispetto alle prime.
 
In questo senso, il reato di omessa dichiarazione, ex articolo 5, è sanzionato con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni, avendo a oggetto una fattispecie che appare – anche ictu oculi – ben più grave, ad esempio, dell’omesso versamento di ritenute ex articolo 10-bis (sanzionato, infatti, con la minore pena della reclusione da sei mesi a due anni).

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