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Giurisprudenza

In Lussemburgo, una scatola vuota:
il conferimento è con proporzionale

Al centro della controversia, una ipotizzata elusione delle imposte di registro e ipocatastali, perpetrata tramite la costituzione di una società estera per gestire immobili in Italia

La Ctr di Firenze, con la pronuncia n. 933/2018, ha stabilito che la tassazione in misura fissa dei conferimenti societari esteri, di cui alla nota IV dell’articolo 4 della Tariffa parte I, allegata al Dpr 131/1986, è applicabile solamente se la sede legale o amministrativa posta nell’altro Stato Ue costituisca un centro amministrativo e direzionale effettivo e non una mera domiciliazione di comodo, come avvenuto nel caso di specie.
 
I fatti di causa
Due coniugi italiani costituivano una società lussemburghese, nel novembre del 2011, allo scopo di gestire il loro ingente patrimonio immobiliare nell’interesse dei propri figli.
Poco dopo la costituzione, quindi, veniva aumentato il capitale della società, mediante conferimento, da parte degli stessi coniugi, della nuda proprietà di alcuni cespiti immobiliari siti in Italia. Il conferimento veniva ripetuto e registrato in Italia, presso l’ufficio territoriale di Firenze, al fine di rendere opponibile ai terzi gli effetti dell’operazione societaria.
In sede di tassazione, in particolare, le parti richiedevano l’applicazione dell’imposta dì registro in misura fissa, ai sensi dell’articolo, 4 nota IV della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/1986, nonché delle imposte ipocatastali.
 
L’avviso di liquidazione impugnato
L’Agenzia emetteva avviso di liquidazione, disconoscendo il diritto della registrazione dell’atto costitutivo in misura fissa e applicava le imposte ordinarie, oltre che le sanzioni, per mancanza di un qualsiasi collegamento certo ed effettivo della società con la realtà economica lussemburghese.
 
Il ricorso in Ctp
I contribuenti – provocando il contenzioso avanti alla Ctp di Firenze – eccepivano, tra le molteplici doglianze, l’illegittimità dell’avviso di liquidazione per erronea interpretazione e applicazione del richiamato articolo 4, in quanto oggetto dell’imposizione non sarebbe la localizzazione della sede legale e amministrativa della società, bensì la localizzazione degli immobili: in questo senso, si palesava, a giudizio della parte privata, il contrasto con le direttive dell’Amministrazione stessa e con i principi comunitari di libertà di stabilimento, sanciti dai trattati istitutivi Cee.
Tra l’altro, secondo i contribuenti, l’ufficio non avrebbe assolto l’onere della prova, in ordine al reperimento di un intento elusivo, nel conferimento in questione.
 
La posizione dell’Agenzia
L'Agenzia delle entrate, costruitasi in giudizio, insisteva, tra l’altro, sulla correttezza dell’interpretazione dell’ufficio, in quanto le agevolazioni concesse dalla nota IV richiamata erano state introdotte per adeguare la disciplina nazionale alla direttiva Cee 69/335/Ce del 17 luglio 1969, il cui articolo 2 stabilisce che “le operazioni sottoposte all'imposta sul conferimenti sono tassabili unicamente nello stato membro sul territorio nel quale si trova la sede della direzione effettiva della società di capitali al momento in cui hanno luogo dette operazioni”: la normativa comunitaria faceva, quindi, riferimento alla sede della direzione effettiva, nel caso di specie in Italia, distinta dalla sede statutaria.
 
La sentenza di primo grado
I giudici di prime cure, nel respingere il ricorso, valorizzavano che:
  • l’atto contestato riguardava beni che erano ubicati nel territorio dello Stato italiano
  • i beni erano di proprietà di cittadini italiani
  • la società creata in Lussemburgo riguardava la sola nuda proprietà
  • i soci erano i figli dei ricorrenti, anch’essi cittadini italiani
  • la società lussemburghese non risultava operativa sotto alcun aspetto. 
Il secondo grado di giudizio
A seguito di gravame, notificato dai contribuenti, la vertenza finiva avanti alla Ctr di Firenze; l’Agenzia delle entrate, nelle proprie controdeduzioni, ribadiva la propria prospettazione già avanzata in prime cure.
Tralasciando l’analisi delle questioni preliminari, pure sottoposte al giudice di appello, che in questa sede non rilevano, appare, invece, opportuno focalizzare la nostra attenzione sul merito della vicenda.
 
La Ctr di Firenze, infatti, concorda con la prospettazione dell’Amministrazione finanziaria, secondo cui sia l’ufficio che la Ctp di Firenze hanno operato una corretta applicazione dell’articolo 4 della Tariffa, parte I, allegata al Dpr 131/1986, alla luce della giurisprudenza nazionale ed europea di riferimento.
Difatti, i contribuenti non hanno mai giustificato le ragioni dell’ubicazione della società, nei fatti una mera “scatola vuota”, in Lussemburgo, e tale ubicazione non può trovare altra ragionevole spiegazione se non il beneficio dell’applicazione della richiamata agevolazione, prevista dal Testo unico del registro.
Il disconoscimento dell’agevolazione indebitamente fruita, appare, inoltre, concorde con la ratio dell’articolo 20 Dpr 131/1986, che, in materia di imposta di registro, costituisce una specifica “disposizione antievasione” (Cassazione, pronuncia 10273/2007), la cui funzione antielusiva è stata da tempo ribadita dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cassazione, sentenza 14900/2001).
 
Caratteristiche dell’ubicazione lussemburghese
In sostanza, continua la Ctr ampliando il novero di quelli scrutinati dalla Ctp, sussistono molteplici elementi idonei a dimostrare che l’ubicazione della sede della direzione effettiva fosse in Italia, quali:
  • il conferimento avente a oggetto la sola nuda proprietà di beni immobili siti in Italia, con riserva di usufrutto a favore dei soggetti conferenti
  • l’impossibilità di individuare in cosa consistesse la sede lussemburghese della società, che non risultava dotata di uno specifico e autonomo ufficio
  • il fatto che la società lussemburghese non producesse ricavi, non possedesse beni strumentali, non avesse personale dipendente, sostenesse irrilevanti spese di gestione, non avesse effettuato ulteriori investimenti in Lussemburgo
  • la circostanza che detta società estera fosse priva di operatività imprenditoriale. Dai bilanci prodotti e nella memoria dei contribuenti appariva, infatti, una “gestione statica”
  • il rilievo secondo cui non risultassero rapporti fra amministratori e soci. Appariva evidente la mancanza di un collegamento certo ed effettivo della società con la realtà economica lussemburghese tanto da fare ritenere che la stessa società fosse - come detto - un mero centro di intestazione formale, economicamente non operativa e priva di un insediamento reale nel predetto Stato. 
Pertanto, ritiene il Collegio, la domiciliazione all’estero è avvenuta al solo scopo di ottenere un indebito risparmio dell’imposta, connesso alla registrazione del conferimento immobiliare.
 
Conclusioni
In definitiva, l’Amministrazione finanziaria ha correttamente valorizzato l’ubicazione del patrimonio immobiliare di una società di mera intestazione patrimoniale, interamente localizzato in Italia: detto elemento, come previsto dal paragrafo 25 del Commentario all’articolo 4, comma 3, del modello di convenzione Ocse, costituisce fatto sufficiente a dimostrare che la sede della direzione effettiva della società fosse situata in Italia.
Nel caso dell’attuale contenzioso, l’evidenza era data dalla circostanza che il conferimento avesse a oggetto la mera nuda proprietà dei beni immobili, la cui gestione rimaneva, comunque, sempre in capo agli usufruttuari.

In definitiva, non essendo in alcun modo dimostrate le ragioni dell’ubicazione della società nel Lussemburgo, questa non poteva – conformemente alla prospettazione dell’ufficio – trovare altra ragionevole spiegazione se non nell’applicazione dell’agevolazione di cui alla più volte richiamata nota IV dell’articolo 4 della Tariffa parte I, allegata al Dpr 131/1986: al contrario, la richiesta tassazione in misura fissa è applicabile solamente se la sede legale o amministrativa posta nell’altro Stato Ue costituisca un centro amministrativo e direzionale effettivo e non una mera domiciliazione di comodo, come avvenuto nel caso di specie.
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