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Giurisprudenza

Lampante la distribuzione ai soci
degli utili incassati in nero

Confermati gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate in mancanza di prove idonee a dimostrare il diverso utilizzo dei proventi non transitati per la contabilità ufficiale dell’impresa

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In caso di accertamento non sono applicabili le limitazioni alla tassazione dei dividendi previste dal Tuir nei confronti dei componenti della società di capitali a base ristretta. I vincoli di imponibilità presuppongono, infatti, un bilancio regolarmente approvato, condizione che non sussiste in presenza di utili extracontabili. È quanto precisa la Cassazione con la sentenza n. 22311 del 5 agosto 2021.

La controversia portata all’attenzione della Corte suprema prendeva avvio da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate, per l’anno 2006, nei confronti di una società di costruzioni a seguito di verifica sulle cessioni immobiliari intervenute in quel periodo. Contestualmente, venivano emessi autonomi atti impositivi a carico dei tre soci ai fini del recupero delle imposte personali.

Gli avvisi di accertamento, così come emessi, venivano impugnati dinanzi la Ctp di Vicenza la quale li accoglieva in toto ritenendo non sussistenti i requisiti di gravità, precisione e concordanza posti a base delle rettifiche ivi contenute.
L’ufficio impugnava la suddetta pronuncia e i giudici di secondo grado accoglievano il gravame erariale e respingevano quello incidentale proposto dai contribuenti costituiti. In sintesi, la Ctr del Lazio riteneva gli elementi indiziari presi a parametro dall’Agenzia (dichiarazioni degli acquirenti delle unità immobiliari controllate; documenti extracontabili rinvenuti in sede di verifica; schede prelevate da file presenti sui computer aziendali; valori Omi), pur non possedendo rilevante significato probatorio, confermativi circa la legittimità dei recuperi contestati e in assenza di conferenti riscontri contrari di controparte.
La società e i suoi componenti propongono ricorso per Cassazione avverso la pronuncia di secondo grado censurandola sulla base di tre motivi ai quali l’ufficio resiste mediante controricorso.
Respinte, in via preliminare, le eccezioni di intempestività del controricorso del Fisco nonché di formazione di giudicato esterno in relazione ad altro atto impositivo emesso per l’anno 2007, i giudici di legittimità ritengono infondato il primo motivo di ricorso argomentato su una presunta violazione degli articoli 2727 e 2729 cc in tema di onere probatorio e di corretta valutazione delle presunzioni che ne disciplinano l’applicazione.
La Cassazione, sul punto, richiama le sentenze nn. 17457/2007, 19485/2017 e, a sezioni unite, n. 1785/2018 con le quali, in buona sostanza, sono stati delimitati i confini dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. In particolare, per:

  • gravità si deve sottintendere un ragionamento presuntivo che debba fondarsi su un meccanismo altamente probabilistico (dato un fatto A noto è plausibile che sia accaduto il fatto B)
  • precisione si deve ritenere che il detto ragionamento conduca, con estrema probabilità, alla realizzazione del fatto B
  • concordanza si ritiene la sussistenza di una serie di elementi probatori univoci che conducono a una valutazione ragionata del fatto accaduto.

Nel caso in esame, il parere della Cassazione, che si articola su una valutazione tecnica e ragionata, ritiene che la censura de qua debba qualificarsi più come vizio di motivazione che di legge in quanto i ricorrenti si sono limitati a sindacare l’apprezzamento di fatto svolto dalla Ctr del Lazio (in tema di valutazione delle dichiarazioni rese dagli acquirenti degli immobili; omessa valutazione di una inesistente sottofatturazione non confermata da un acquirente con controdichiarazione spontanea; mancata sincronia valutativa tra l’esame dei brogliacci e delle schede dei computer e i contratti preliminari sottoscritti i quali avrebbero potuto confutare, se idoneamente considerati, le risultanze emerse in sede di verifica). Sindacato precluso in sede di legittimità in quanto si risolverebbe, se ammesso, in un irrazionale riesame del ragionamento logico-giuridico operato nel giudizio di merito (cfr. Cassazione, sentenze nn. 2155/2019 e 14388/2017).
Anche il secondo motivo di censura (falsa applicazione degli articoli 44, 47 e 163 del Tuir con conseguente richiesta di nullità in riferimento agli avvisi di accertamento notificati a carico dei soci per dedotta violazione del principio di presunzione di distribuzione pro-quota di utili) è stato ritenuto infondato.
Difatti, con l’accoglimento del gravame proposto dall’Agenzia sono stati confermati, per intero, gli atti impositivi in contestazione e trattandosi, nella vicenda in commento, di società a ristretta base partecipativa, è corretta la presunzione di distribuzione ai membri della compagine degli utili in nero accertati, fatta salva la prova contraria di diversa destinazione degli stessi o di loro reinvestimento (cfr Cassazione, sentenze nn. 5076/2011, 9519/2009, 7564/2003, 24534/2017, 18042/2018 e 23247/2018). Nel caso in esame, alcuna prova veniva esibita al fine di documentare la differente utilizzazione dei proventi extracontabili eventualmente maturati. Pertanto non può trovare ingresso il disposto di cui all’articolo 47 del Tuir il quale disciplina l’ipotesi di tassazione degli utili distribuiti ai soci previa delibera assembleare e non può, quindi, trovare applicazione nel caso di utili extracontabili transitati al di fuori della contabilità ufficiale.
Il rigetto di tale ultimo motivo di ricorso motiva la declaratoria di inammissibilità della terza doglianza di parte relativa a un presunto contrasto tra l’inapplicabilità del citato articolo 47 del Tuir e la riserva di legge di cui all’articolo 23 della Costituzione.

La Cassazione ha ritenuto che la questione di legittimità costituzionale, così come prospettata dai ricorrenti, dovesse ritenersi assolutamente insufficiente e generica in assenza di elementi idonei ad avvalorare la presunta violazione commessa, i quali, nel caso in esame, si risolvono in una mera lamentela circa l’applicazione del principio generale di distribuzione pro-quota ai soci degli utili extracontabili (cfr. Cassazione n. 30378/2019).

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