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Giurisprudenza

L’alternatività Iva/Registro
non si addice all’ingiunzione

Il trattamento fiscale, infatti, è lo stesso previsto per gli atti giudiziari di condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura

Il decreto ingiuntivo recante la “condanna al pagamento di somme o valori”, ottenuto dal fideiussore precedentemente escusso dal creditore del rapporto obbligatorio principale nell’ambito dell’azione di regresso, è soggetto a imposta di registro proporzionale nella misura del 3%, ai sensi dell’articolo 8 della Tariffa, parte I, del Dpr 131/1986, “senza involgere l’applicazione del principio di alternatività Iva/registro”. In tal senso, si è espressa la Corte suprema, con la sentenza del 19 gennaio 2018, n. 1341.
 
Vicenda processuale
Il ricorso trae origine dall’impugnazione del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza presentata da una compagnia di assicurazioni (di seguito solo Compagnia) per ottenere il rimborso dell’imposta di registro assolta in misura proporzionale per la registrazione di un decreto ingiuntivo. Specificamente l’ingiunzione si riferiva a una polizza fideiussoria prestata dall’impresa garante nell’interesse del debitore principale a garanzia della restituzione di somme versate al contribuente a titolo di eccedenza d’imposta Iva, ex articolo38-bis, Dpr 633/1972.
 
A seguito dell’inadempimento dell’obbligato principale il beneficiario richiedeva il pagamento dell’indennizzo a termini di polizza e la Compagnia provvedeva a pagare la somma richiesta. La stessa, non riuscendo a recuperare stragiudizialmente il credito vantato nei confronti del soggetto garantito, otteneva un decreto ingiuntivo in relazione al quale (per la registrazione) veniva liquidata un’imposta di registro nella misura proporzionale del 3%, che veniva contestata anche in giudizio dalla Compagnia, in quanto riteneva corretta nel caso di specie la tassazione in misura fissa, secondo il principio dell’alternatività Iva/Registro, sancito dall’articolo 40 del Dpr 131/1986.
 
L’Agenzia si costituiva in giudizio sostenendo di avere correttamente tassato il decreto ingiuntivo in misura proporzionale, richiamando quanto statuito dall’articolo 8, comma 1, lettera b), della Tariffa parte I allegata al Dpr 131/1986, ai sensi del quale vanno tassati con aliquota del 3%, tra gli atti dell’Autorità giudiziaria (ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio) i decreti ingiuntivi esecutivi, “b) recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura”.
Non riconosceva, dunque, applicabile la statuizione di cui alla nota II, secondo cui “gli atti di cui al comma 1, lettera b)..non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 40 del testo unico”.
 
Per l’Agenzia, a essere tassato nella misura del 3% era stato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla Compagnia di assicurazioni nell’esercizio dell’azione di rivalsa nei confronti del debitore principale (inadempiente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria), non la polizza fideiussoria. La condanna al pagamento delle somme, nel caso di specie, si deve configurare quale atto di natura restitutoria, escluso dal campo di applicazione dell’Iva.
La tesi della ricorrente veniva tuttavia accolta dai giudici di primo grado. Ricorreva in appello l’ufficio.
 
La pronuncia di primo grado veniva confermata in appello. Per i giudici di seconde cure “(…) la registrazione del decreto ingiuntivo esecutivo ottenuto dal creditore per il pagamento di somme assoggettate all’Iva, gode, in base al principio dell’alternatività, posto dall’art. 40 del DPR 26 aprile 1986, n.131, dell’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa, senza che assuma rilievo la circostanza che l’ingiunzione sia emessa contro il solo debitore principale, il fideiussore o entrambi, non soggetti Iva”.
Per i giudici della Ctr, la Compagnia subentrerebbe “nella medesima posizione di diritto vantata dal creditore per cui l’ingiunzione di pagamento ottenuta dal creditore beneficiario per escutere la garanzia e quella ottenuta dalla Compagnia per conseguire dall’obbligato principale la restituzione di quanto pagato dal creditore beneficiario sono identiche nel loro contenuto avendo lo stesso petitum e la stessa causa petendi e basandosi sul medesimo titolo la polizza fideiussoria per cui non possono non essere assoggettate alla medesima imposta in misura fissa”.
Ricorre in Cassazione l’Agenzia.
 
Decisione della Corte suprema
La Cassazione, con la pronuncia in commento, ha evidenziato che il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante che sia stato escusso dall’Agenzia delle entrate per l’inadempimento di un’obbligazione d’imposta da parte del debitore principale, è soggetto a registrazione con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante, a seguito del pagamento, non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto.
 
La Corte ha altresì rilevato come nel caso di specie la polizza fideiussoria stipulata, ai sensi dell’articolo 38-bis, del Dpr 633/1972, per garantire, in favore dell’Amministrazione finanziaria, la restituzione delle somme da questa indebitamente versate ai contribuenti in sede di procedura di rimborso anticipato dell’Iva, costituisce un contratto autonomo di garanzia, la cui durata è normalmente collegata con i tempi di accertamento dell’imposta.
Dunque, quando il garante chiede l’emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore principale ciò che ha versato al creditore, si limita a esercitare i diritti già spettanti al creditore, a seguito del pagamento da lui eseguito e quindi “il titolo giudiziario ottenuto dal garante, concernendo la somma da lui versata, non ha ad oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto”.
Conseguentemente, statuiscono i giudici di legittimità, “se oggetto della pretesa azionata giudizialmente non riguarda né il corrispettivo per la prestazione resa, né prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, non ha spazio il principio di alternatività e trova applicazione l’art. 8, comma 1, lett. b), della Tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 131 del 1986, che (…) assoggetta gli atti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi «recanti condanna al pagamento di somme o valori …», all’imposta di registro con aliquota proporzionale del 3%”.
 
Appare evidente per la Cassazione “l’errore in cui è incorso il Giudice di appello allorquando ha ritenuto applicabile all’atto giudiziario (il decreto monitorio) di condanna alla restituzione di somme, comprensive di interessi, escluso dal campo di applicazione dell’iva, il regime impositivo proprio delle prestazioni oggetto della polizza fideiussoria, laddove l’unico tributo dovuto è l’imposta proporzionale di registro, che inerisce più che alla ricchezza trasferita, direttamente all’atto giudiziario, preso in considerazione in funzione degli effetti giuridici ed economici che esso è destinato a produrre, trattandosi, pacificamente, di tributo che ha natura d’imposta d’atto”.
 
Osservazioni
In ordine alla problematica relativa alla tassazione, ai fini dell’imposta di registro, dei decreti ingiuntivi recanti la condanna al pagamento di somme a favore del fideiussore precedentemente escusso dal creditore del rapporto obbligatorio principale, quest’ultimo ricadente in ambito Iva, si è registrato un controverso orientamento della Corte di legittimità.
Infatti, in un primo tempo la Cassazione aveva affermato l’irrilevanza della natura accessoria del contratto di fideiussione, rilevando l’autonomia dei singoli negozi (Cassazione, sentenza n. 17327/2013), successivamente, con pronunce di segno opposto, (Cassazione, nn. 140/2014, 16192/2014, 16308/2014 e 16977/2014) ha riconosciuto corretto tassare i decreti ingiuntivi in commento con imposta di registro in misura fissa, in applicazione del principio di alternatività Iva/Registro.
 
Nel 2015 ancora un ribaltamento giurisprudenziale e la Corte suprema, con una serie di sentenze, in particolare con la pronuncia n. 20266/2015, (cfr tra le altre anche Cassazione, nn. 20263/2015 e 20969/2015) supera i pronunciamenti del 2014.
Secondo il nuovo orientamento tutta la complessa operazione è scindibile in più rapporti, distinti e autonomi; i giudici riconoscono l’esistenza del rapporto tra creditore e debitore principale, quello tra creditore e garante (che viene escusso) e, infine, quello tra garante e debitore.
In riferimento al rapporto tra garante e debitore, a seguito dell’escussione della garanzia da parte del creditore, a parere della Corte, “l’affermata unitarietà ed inscindibilità dell’operazione è esclusa dal fatto che il titolo da cui scaturisce il debito principale è del tutto distinto dalla polizza fideiussoria, dalla quale è derivata la prestazione di garanzia, stipulata tra debitore principale e garante in favore del terzo creditore (…)”.
 
Secondo i giudici di legittimità, il fideiussore – in fase di richiesta di emissione del decreto ingiuntivo – non fa valere il credito da corrispettivo per la prestazione di servizi resa al debitore medesimo (ossia la prestazione di garanzia), ma si limita a esercitare i diritti già “spettanti” al creditore, a seguito del pagamento da lui eseguito. Dunque, il titolo giudiziario ottenuto non ha a oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti a Iva e deve essere registrato con aliquota proporzionale al valore della condanna.
 
Alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 22/2017, ha chiarito che ai fini dell’individuazione del corretto trattamento fiscale da applicare in materia di imposta di registro alla statuizione di condanna contenuta in un decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore nei confronti del debitore principale nell’ambito dell’azione di regresso, “assume rilievo esclusivamente la circostanza che trattasi di provvedimento monitorio, recante una ‘condanna al pagamento di somme o valori’, con applicazione dell’imposta proporzionale nella misura del 3%, ai sensi dell’articolo 8 della tariffa, parte I, senza involgere l’applicazione del principio di alternatività Iva/registro”.
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