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Giurisprudenza

L’adesione rateale senza garanzia
resuscita il primo accertamento

In caso di accordo sul pagamento dilazionato, la prestazione della fideiussione è prevista dalla legge. Quando manca, la procedura del concordato non può dirsi perfezionata

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Con l’ordinanza n. 8685 del 31 marzo 2021, la Corte di cassazione torna sul tema dei requisiti necessari per il perfezionamento dell’adesione, nel caso in cui il contribuente opti per il pagamento rateale. Nell’ipotesi in esame i giudici di legittimità affermano che il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione, per non avere la contribuente onorato i termini dello stesso in virtù della mancata prestazione della dovuta garanzia, non incide sull’efficacia dell’originario accertamento. La prestazione della garanzia, nel caso che la parte abbia optato per il pagamento rateale, costituisce presupposto fondamentale e imprescindibile per l’efficacia della procedura, e non una mera modalità esecutiva.

La vicenda
La controversia origina dal mancato perfezionamento dell’accordo per adesione per l’omesso deposito della fideiussione da parte del contribuente.
L’Agenzia iscriveva a ruolo le somme dovute, in quanto l’accertamento era divenuto definitivo per non essere stato impugnato.
All’iscrizione a ruolo seguiva l’emissione di una cartella di pagamento, avverso la quale proponeva ricorso il contribuente intimato, che deduceva l’inesistenza della notifica e l’illegittima iscrizione a ruolo per le somme indicate nell’accertamento, essendosi, a suo dire, concluso il procedimento per adesione che avrebbe modificato la pretesa fiscale.
Costituitasi in giudizio, l’Agenzia ribadiva il mancato perfezionamento dell’accordo per adesione, non essendo stata presentata la fideiussione a garanzia del pagamento rateale del dovuto.

La Ctp di Torino respingeva il ricorso una volta accertato che la documentazione presentata non era idonea a determinare il perfezionamento dell’accordo, mancando la fideiussione in argomento.
In seguito all’appello del contribuente, la Ctr del Piemonte riteneva, al contrario, che l’Agenzia aveva l’obbligo di avvertire la parte privata circa l’inidoneità dei documenti prodotti, aggiungendo che non vi era stato alcun danno per l’erario essendo state nelle more pagate le rate.

Nel proporre ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado, l’Agenzia deduceva, principalmente, la violazione degli articoli 6, comma 2, e 10, comma 1 della legge n. 212/2000, lamentando l’erronea interpretazione della normativa applicata, avendo il giudice fatto discendere dal mancato avviso della inidoneità dei documenti, da parte della Agenzia, presentati a seguito dell’accordo per adesione, il perfezionamento del predetto accordo. Secondo i giudici d’appello, dunque, l’Agenzia, una volta constatato che i documenti presentati a supporto dell’accordo per adesione non fossero idonei, avrebbe dovuto comportarsi secondo quanto prevede l’articolo 6, comma 2, della legge n. 212/2000, secondo cui “l’amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito”.

La decisione della Cassazione
Con l’ordinanza in commento la suprema Corte afferma che “in realtà il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione per non avere la contribuente onorato i termini dello stesso in virtù della mancata prestazione della dovuta garanzia, non incide sulla efficacia dell’originario accertamento. La prestazione della garanzia, nel caso che la parte abbia optato per il pagamento rateale, costituisce presupposto fondamentale ed imprescindibile per l’efficacia della procedura, e non una mera modalità esecutiva”.
In conclusione, i supremi giudici ribadiscono che nel caso in cui sia stata omessa la prestazione della garanzia prevista dalla legge, la procedura del concordato con adesione non può dirsi perfezionata, e dunque permane, nella sua integrità, l’originaria pretesa tributaria.

Osservazioni
Il Dlgs n. 218/1997, all’articolo 8, comma 1, applicabile ratione temporis con riferimento al caso in esame (anno di imposta 2003), disponeva che “il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguito entro venti giorni dalla redazione dell’atto” e, comma 2, consente il versamento rateale delle somme dovute e prevede, in tal caso, che l’importo della prima rata vada versato entro il termine indicato nel comma 1, che il contribuente sia tenuto a prestare la garanzia per il versamento di tali somme, e a far pervenire, entro dieci giorni dal versamento, la quietanza dell’avvenuto pagamento della prima rata e la documentazione relativa alla prestazione della garanzia all’ufficio, che “rilascia al contribuente copia dell’atto di accertamento con adesione” (comma 3).
Il successivo articolo 9 (nel testo, applicabile al caso in commento, antecedente il Dl n. 98/2011), ribadiva, che “la definizione si perfeziona con il versamento di cui all’art. 8, comma 1, ovvero con il versamento della prima rata e con la prestazione della garanzia previsti dall’art. 8, comma 2”.

Dalla lettura sistematica e coordinata delle richiamate disposizioni, e in base al tenore letterale delle stesse, emerge chiaramente che la prestazione della garanzia, nel caso in cui la parte abbia optato per il pagamento rateale, costituiva presupposto fondamentale e imprescindibile per l’efficacia della procedura, e non una mera modalità esecutiva (cfr Cassazione, pronuncia n. 26681/2009).
Pertanto, nel caso in cui sia stata omessa la prestazione della garanzia prevista dalla legge, la procedura del concordato con adesione non può dirsi perfezionata, e dunque permane, nella sua integrità, l’originaria pretesa tributaria (cfr Cassazione. nn. 13750/2013 e 8628/2012).

Il richiamo alla norma di cui all’articolo 6, comma 2, della legge 212/2000, effettuato dal contribuente, è quindi giuridicamente errato, in quanto tale disposizione non vale a rendere valido ed efficace l’accordo per adesione, o a derogare i termini essenziali previsti dalla norma, ma pone solo un obbligo di informazione per vicende in itinere. Inoltre, nel caso concreto, l’obbligo di informazione della necessità della garanzia fideiussoria era stato sostanzialmente già adempiuto dall’ufficio, visto che era indicato nelle avvertenze dell’accordo sottoscritto come precisato dall’Agenzia.
Di conseguenza, la questione in commento appare nettamente distinta rispetto all’ambito di applicazione del citato articolo 6. Infatti, con l’emissione della cartella, l’amministrazione erariale ha agito per riscuotere un credito e non, invece, per irrogare una sanzione o per determinare crediti (cfr articolo 6, comma 2, legge n. 212/2000), né, d’altro canto, v’è incertezza “su aspetti rilevanti della dichiarazione” (cfr articolo 6, comma 5, stessa legge), non discutendosi affatto dell’omessa comunicazione al contribuente dell’esito dei controlli.

In definitiva, con la decisione in commento la Corte di cassazione ribadisce che il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione, ad esempio per l’omessa presentazione della fidejussione in caso di pagamento rateale, comporta la reviviscenza dell’accertamento originario, che il contribuente, qualora intenda contestare la pretesa azionata dal Fisco, deve tempestivamente impugnare, non potendo poi ricorrere avverso la cartella di pagamento, se non per vizi propri.

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