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Giurisprudenza

Iva: il responsabile in solido
paga anche gli interessi di mora

Quando la controparte contrattuale del debitore dell’imposta sa, o avrebbe dovuto sapere, che quest’ultimo non avrebbe assolto, deve rispondere degli effetti del ritardo nel versamento

contratto

Una norma di diritto nazionale, che impone al responsabile in solido di pagare gli interessi di mora sul debito principale, consente di contrastare gli abusi in materia di Iva e contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo di garantire all’Erario l’efficace riscossione dell’imposta, perseguito dall’articolo 205 della direttiva 2006/112/Ce (Corte Ue, causa C-4/2020 del 20 maggio 2021).

La domanda  di pronuncia pregiudiziale, relativa alla sentenza in commento, verte sull’interpretazione dell’articolo 205 della direttiva 2006/112/Ce sull’Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società all’amministrazione finanziaria bulgara, in merito al sorgere della responsabilità solidale della società  per il pagamento dell’Iva con interessi di mora.
La controversia, sollevata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale, pone al vaglio pregiudiziale della Corte Ue due questioni, con cui si chiede se l’articolo 205 della direttiva, letto alla luce del principio di proporzionalità, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto designato come responsabile in solido, ai sensi di tale articolo, è tenuto a versare, oltre all’importo dell’Iva, anche gli interessi moratori dovuti e non versati dal debitore di tale importo.

Le  valutazioni della Corte
La Corte Ue osserva che, ai sensi dell’articolo 205 della direttiva 2006/112, nelle situazioni di cui agli articoli da 193 a 200 e da 202 a 204, gli Stati membri possono prevedere che una persona diversa dal debitore sia tenuta in solido al pagamento dell’Iva.
Se l’articolo 193 prevede, come regola di base, che l’imposta è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, la formulazione di tale articolo chiarisce che altre persone possono o devono essere debitrici dell’Iva nelle situazioni di cui agli articoli da 194 a 199-ter e 202 della stessa direttiva.

Dal complesso formato dagli articoli da 193 a 205 della direttiva 2006/112 risulta che l’articolo 205 fa parte di un insieme di disposizioni volte a identificare il debitore dell’Iva in funzione di varie situazioni. Tali disposizioni mirano a garantire che l’Erario riscuota efficacemente l’Iva dalla persona più adatta alla luce della situazione in questione, in particolare quando le parti contrattuali non sono situate nello stesso Stato membro o quando l’operazione soggetta all’Iva riguarda operazioni la cui specificità rende necessaria l’identificazione di una persona diversa da quella di cui all’articolo 193.
Pertanto, l’articolo 205 consente agli Stati membri di adottare misure per l’effettiva riscossione dell’imposta, in base alle quali una persona diversa da quella di norma tenuta al pagamento, ai sensi degli articoli da 193 a 200 e da 202 a 204, diviene responsabile in solido del pagamento dell’imposta stessa.
Poiché l’articolo 205 non specifica, tuttavia, né le persone che gli Stati membri possono designare come debitori in solido né le situazioni in cui tale designazione può essere effettuata, spetta agli Stati membri determinare le condizioni e le modalità di attuazione della responsabilità in solido prevista da tale articolo.  A tal proposito, va ricordato che, nell’esercizio di tale potere, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto, che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi della certezza del diritto e di proporzionalità.

Con riferimento, in particolare, al principio di proporzionalità, la Corte ha già dichiarato che gli Stati membri devono far ricorso a strumenti che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto nazionale, arrechino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa di riferimento dell’Unione. Pertanto, anche se è legittimo che i provvedimenti adottati dagli Stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell’Erario, essi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine.
In tali circostanze, l’esercizio della facoltà di designare un debitore in solido diverso dal debitore dell’imposta, al fine di garantire l’effettiva riscossione della stessa imposta, deve essere giustificato dai rapporti di fatto e/o di diritto tra le due persone interessate, alla luce dei principi di certezza del diritto e di proporzionalità.
In particolare, spetta agli Stati membri specificare le circostanze particolari in cui una persona, come il destinatario di un’operazione imponibile, deve essere considerata responsabile in solido del pagamento dell’imposta dovuta dalla sua controparte contrattuale quando l’ha versata pagando il prezzo dell’operazione.

La Corte ha, dunque, precisato che l’articolo 205 della direttiva 2006/112 permette a uno Stato membro di considerare un soggetto responsabile in solido per il versamento dell’Iva qualora, al momento dell’esecuzione dell’operazione a suo favore, esso era a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che l’imposta dovuta su tale operazione, o su un’operazione precedente o successiva, non sarebbe stata assolta, e di fondarsi al riguardo su presunzioni, sempre che queste ultime non siano formulate in maniera tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile, per il soggetto passivo, rovesciarle fornendo la prova contraria, a pena di far nascere un sistema di responsabilità oggettiva, che andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario.

Nel caso in esame risulta che l’articolo 177 della legge nazionale bulgara sull’Iva, intitolato “Responsabilità della persona in caso di abuso”, prevede che una persona è considerata responsabile in solido del pagamento dell’imposta dovuta, quando ha esercitato il suo diritto alla detrazione pur sapendo o dovendo sapere che il debitore dell’imposta non aveva intenzione di pagarla, e che l’autorità di controllo deve fornire la prova del ricorrere di tutti tali elementi.
Inoltre, benché l’articolo 177 della legge sull’Iva consenta di ritenere le persone menzionate in tale articolo responsabili in solido solo del pagamento dell’imposta, tali persone possono anche essere tenute, a pagare gli interessi di mora dovuti in seguito al mancato pagamento dell’Iva da parte del debitore.
Sebbene, secondo la formulazione dell’articolo 205 della direttiva 2006/112, la responsabilità in solido riguardi unicamente l’assolvimento dell’Iva, tale formulazione non osta a che gli Stati membri possano porre a carico del debitore in solido tutti gli elementi relativi a tale imposta, quali gli interessi di mora dovuti a causa dell’inadempimento del debitore. Tuttavia, gli Stati membri possono estendere il regime di responsabilità in solido per includervi tali elementi solo se tale estensione è giustificata alla luce degli obiettivi perseguiti dall’articolo 205 della direttiva 2006/112 ed è conforme, ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità.
Al riguardo la Corte ritiene che una norma di diritto nazionale, la quale impone al debitore in solido di pagare gli interessi di mora sul debito principale, consente di contrastare gli abusi in materia di Iva e contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo di garantire l’efficace riscossione dell’imposta da parte dell’Erario, perseguito dall’articolo 205 della direttiva 2006/112.
Inoltre, poiché l’applicazione di una tale regola presuppone che sia assodato che la controparte contrattuale del debitore dell’imposta dovuta sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che quest’ultimo non avrebbe pagato, pur avendo, da parte sua, esercitato il suo diritto alla detrazione, l’obbligo a carico di tale contraente – che si ritiene abbia, in virtù della sua partecipazione volontaria a un abuso in materia di Iva, condiviso fin dall’inizio l’intenzione illecita di tale debitore di non pagare tale imposta – di rispondere degli effetti del ritardo nel pagamento dell’Iva, di cui anch’egli è parzialmente responsabile, appare al contempo proporzionato e conforme al principio della certezza del diritto.

Le conclusioni della Corte
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 205 della direttiva 2006/112, letto alla luce del principio di proporzionalità, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, in forza della quale la persona ritenuta responsabile in solido ai sensi di tale articolo deve pagare, oltre all’importo dell’Iva non pagato dal debitore dell’imposta, gli interessi di mora dovuti da quest’ultimo su tale importo, qualora sia accertato che, nell’esercitare essa stessa il suo diritto a detrazione, tale persona sapeva o avrebbe dovuto sapere che il detto debitore non avrebbe assolto l’imposta.

Data sentenza
20 maggio 2021

Numero causa
C-4/2020

Nome delle parti
«ALTI» OOD
contro
Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Plovdiv pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite

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