Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

Incremento patrimoniale accertato:
inopponibile l’asserita simulazione

Fa bene la Ctr ad affermare che sussistono elementi di fatto certi che, evidenziando una determinata capacità di spesa, presuppongano anche la disponibilità di un corrispondente reddito globale

L’acquisto di quote societarie legittima l’accertamento sintetico effettuato in base al redditometro, determinando una presunzione di maggiore capacità contributiva, superabile con idonea prova contraria, che non può consistere in mere dichiarazioni di parte relative alla simulazione della predetta cessione (Cassazione, sentenza n. 872 del 16 gennaio 2019).
 
Vicenda processuale
La controversia riguarda l’impugnazione di un avviso emesso all’esito di un accertamento sintetico (ex articolo 38, Dpr 600/1973), con cui l’ufficio ha ricostruito il maggior reddito della contribuente, in base alla spesa per incrementi patrimoniali sostenuta per l’acquisto delle quote di una Srl e della quota indivisa di un immobile.
 
In sede contenziosa, la contribuente si è difesa asserendo che nessun incremento patrimoniale si era determinato, in quanto sia l’acquisto delle quote societarie che quello dell’immobile erano, di fatto, operazioni simulate e finalizzate esclusivamente a sottrarre i beni a eventuali azioni esecutive promosse dai creditori.
A prova di tale affermazione ha prodotto una dichiarazione della venditrice allegata a una procura notarile e un’autocertificazione con sottoscrizione autenticata da un notaio.
 
La Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia ha ritenuto legittimo l’avviso d’accertamento, confermando la decisione di primo grado, escludendo che avesse valore dirimente “la scrittura privata o dichiarazione ricognitiva” allegata dalla contribuente con l’intento di dimostrare l’esclusiva proprietà delle quote in capo a un’altra persona e il mancato sostenimento della spesa contestata.

Decisione della Cassazione
Con il primo motivo di ricorso, la contribuente lamenta che la Ctr avrebbe erroneamente applicato l’articolo 1415 del codice civile, laddove era stata ritenuta fondata l’eccezione, sollevata dall’ufficio, di inopponibilità al Fisco della simulazione dell’acquisto delle quote societarie.
Su tale profilo, la Corte ha richiamato altre pronunce di legittimità, che ribadiscono il potere dell’ufficio finanziario di accertare la sussistenza dell’eventuale simulazione relativa (inerente al prezzo di vendita di un bene) in grado di pregiudicare il diritto dell’amministrazione alla percezione dell’esatto tributo (cfr Cassazione nn. 12782/2016, 1549/2007), senza la necessità di un preventivo giudizio di simulazione, spettando poi al giudice tributario, in caso di contestazione, il potere di controllare incidenter tantum, attraverso l’interpretazione del negozio ritenuto simulato, l’esattezza di tale accertamento, al fine di verificare la legittimità della pretesa tributaria.
 
Nel caso in esame, la suprema Corte ha dunque osservato che la Ctr non ha in alcun modo escluso che la contribuente potesse opporre al Fisco l’inconsistenza del fatto della presunta capacità di spesa, provando che a fronte di un trasferimento di beni non aveva pagato alcun prezzo.
Tuttavia, gli elementi probatori offerti non sono risultati univocamente dimostrativi dell’inesistenza di quei redditi imponibili, necessari per sostenere la spesa relativa agli incrementi patrimoniali; al contrario, quanto sostenuto dall’ufficio ha trovato pacifica attestazione negli atti pubblici di trasferimento.
 
In effetti, le circostanze dedotte dall’amministrazione a sostegno del proprio operato sono costituite da rogiti di acquisto delle quote di partecipazione societarie e delle quote di comproprietà dell’immobile, atti pubblici in cui è parte la stessa contribuente, che non ha mai contestato la sussistenza nella loro materialità, ma ne ha affermato la natura meramente simulata.
Inoltre, i giudici di legittimità hanno ribadito che, in fattispecie come quella in esame, relativa a spese per acquisto di immobili, è consentito al contribuente dimostrare che manca una disponibilità patrimoniale in quanto il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa gratuita, anziché quella onerosa apparente (Cassazione, nn. 8665/2002 e 5991/2006).
 
In merito alla valenza probatoria dei documenti prodotti dalla difesa di parte, i giudici di legittimità hanno evidenziato che “detta scrittura risulta essere inopponibile, mancando dei requisiti di certezza con riferimento alla sua provenienza ed alla data (...di cui è anche priva...) della sua formazione, nonché con riferimento alla veridicità del suo contenuto. Non può, quindi ed all'evidenza, costituire “prova documentale" e la sua produzione può, piuttosto, venir apprezzata come un tentativo di introdurre surrettiziamente una prova testimoniale nel processo tributario; prova testimoniale la cui acquisizione non è consentita dalle normative... Anche volendo riconoscere alla dichiarazione…il valore di un elemento indiziario, non è dato ravvisare tra questo e le altre circostanze indicate dalla Contribuente, quel nesso che porti univocamente ad escludere che l'acquisizione delle quote…. sia avvenuto senza quella contropartita finanziaria che le parti hanno invece riconosciuto e quietanzato nell’atto rogato dal notaio”.
 
In conclusione, la Corte di cassazione, in linea con altre pronunce, ha condiviso le affermazioni della Commissione regionale laddove ha ravvisato negli incrementi patrimoniali costituiti dall’acquisto di quote societarie “la sussistenza di elementi di fatto certi che, comportando una determinata capacità di spesa, presuppongano anche la disponibilità di un corrispondente reddito globale, restando a carico del contribuente l’onere di dimostrare l’inesistenza di una corrispondente capacità reddituale” (Cassazione, nn. 20588/2005, 9539/2013 e 5365/2014).
 
URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/incremento-patrimoniale-accertato-inopponibile-lasserita