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Giurisprudenza

Il fallimento legittima il curatore

Corretta la notifica dell'iscrizione a ruolo alla società

aula della Corte di cassazione
Ogni atto del procedimento tributario è correttamente eseguito nei confronti della società esistente al momento, mentre con il fallimento la legittimazione sostanziale e processuale vengono assunti dal curatore fallimentare che, in virtù di tale ragione, subentra nella posizione della società fallita. Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza n. 12893/2007, con la quale la Cassazione ha ritenuto valida la notifica della cartella esattoriale emessa dopo la sentenza di fallimento, eseguita al curatore fallimentare; quest'ultimo, pertanto, può legittimamente impugnarla.

Occorre sottolineare che il regio decreto n. 267/1942, recante disposizioni sulla legge fallimentare, è stato modificato dal Dl n. 35/2005 nonché dal Dlgs n. 5/2006. Quest'ultimo, in particolare, è intervenuto su alcune tematiche attinenti il fallimento: estensione del numero degli imprenditori esonerati dall'istituto, accelerazione delle procedure, valorizzazione del ruolo e dei poteri del curatore e ha introdotto novità su alcuni aspetti della disciplina del fallimento, concordato preventivo dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa.

Il curatore fallimentare appare oggi con funzioni ampliate rispetto al passato. E' un libero professionista - scelto tra gli avvocati, i commercialisti o i ragionieri, negli studi professionali associati, nelle società tra professionisti amministratori di società per azioni - chiamato a svolgere funzioni inerenti all'attività di curatela di volta in volta, in relazione al singolo fallimento, detenendo l'amministrazione del patrimonio fallimentare, la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell'ambito delle funzioni a esso attribuite. Il medesimo curatore non può stare in giudizio senza l'autorizzazione del giudice delegato, fatta eccezione per questioni attinenti le contestazioni e le tardive dichiarazioni di crediti e diritti di terzi sui beni acquisiti al fallimento.

Nel caso in esame, la curatela di un fallimento ha proposto ricorso avverso due cartelle esattoriali relative alla dichiarazione dei redditi anno 2002.
La Ctp ha accolto il ricorso, atteso che il ruolo, essendo stato dichiarato il fallimento, doveva essere notificato al curatore e non al soggetto fallito, e tale sentenza è stata confermata dai giudici di secondo grado. L'Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, eccependo che l'iscrizione a ruolo andava notificata alla società e che non era estensibile alla curatela.

I giudici di legittimità, accogliendo le doglianze dell'Amministrazione, hanno ritenuto che ogni atto del procedimento tributario va emesso nei confronti del soggetto esistente al momento e che l'iscrizione a ruolo è stata correttamente eseguita alla società. Con il fallimento, la società non viene meno, ma i suoi organi perdono la legittimazione sostanziale e processuale, che viene assunta dalla curatela fallimentare che subentra a ogni effetto al soggetto fallito. Ciò comporta che gli atti formati nei confronti di quest'ultimo sono opponibili alla curatela, mentre in seguito alla dichiarazione di fallimento gli ulteriori atti tributari devono indicare quale destinataria l'impresa e quale legale rappresentante della stessa il curatore(1). Nel caso di specie è avvenuto proprio questo: la cartella di pagamento, emessa dopo la sentenza di fallimento, è stata notificata al curatore e lo stesso ha proceduto a impugnarla(2).

NOTE
1. Cassazione 21 marzo 2007, n. 6746. La notifica eseguita dal curatore fallimentare della società, in pendenza del fallimento, è validamente eseguita attesa la legittimazione processuale del curatore.

2. Cassazione 24 febbraio 2006, n. 4235. L'accertamento ai fini Iva per crediti inerenti a un periodo di imposta che precede o che è contestuale al fallimento deve essere notificato non solo al curatore ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario.
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