Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

“Esterovestizione”, via libera
anche per le imposte indirette

È un principio generale nell’ordinamento tributario, applicabile alla società che fissa fittiziamente la sede legale in un altro Stato, senza alcun specifico riferimento alle diverse categorie reddituali

esterovestizione

In materia di imposta di registro, la Ctr Emilia Romagna ha stabilito che il regime agevolativo della misura fissa si applica alle operazioni di conferimento di beni a società con sede estera, a condizione che la localizzazione della sede sociale fuori dal territorio nazionale sia motivata dallo svolgimento sostanziale di un’attività economica, esercitata all’estero, almeno parzialmente.
Questi i contenuti della sentenza n. 861 del 18 agosto 2020.
 
I fatti in causa
Un ufficio emiliano emetteva a carico di due soggetti un avviso di liquidazione, recante maggior imposta di registro complementare e un successivo avviso di liquidazione e rettifica recante maggior imposta di registro. Con atto notarile, infatti, i contribuenti avevano conferito una consistenza immobiliare, costituita da fabbricati e terreni agricoli, a una società londinese, a fronte di azioni al portatore della società estera, assegnate pro-quota a entrambi i contribuenti, pari complessivamente all'importo dichiarato per il conferimento. Quest’ultimo, per effetto della nota IV all'articolo 4 della Tariffa allegata al Dpr n. 131/1986, veniva sottoposto a tassazione con le normali aliquote ipo-catastali proporzionali (2% e l%), ma con imposta di registro fissa, pari a 200 euro.
 
Il contraddittorio precontenzioso
L'ufficio, dopo aver chiesto chiarimenti al contribuente, notificava un primo avviso di liquidazione, liquidando l'imposta complementare di registro proporzionale, con le aliquote previste per le cessioni immobiliari, ritenendo che non vi fosse alcun collegamento tra la società estera conferitaria e il territorio inglese e che detta compagine non svolgesse alcuna effettiva attività economica al di fuori del territorio italiano, atteso che i beni erano, comunque, utilizzati dai soci effettivi, cioè dai due conferenti. A seguito dell'avvenuta decadenza dal beneficio dell'esenzione, l'ufficio provvedeva all'esame di congruità dei valori dichiarati ed emetteva, successivamente, l'avviso di rettifica, accertando per gli immobili conferiti un maggior valore rispetto a quello dichiarato.
 
Il processo di primo grado
Ognuno dei contribuenti impugnava, separatamente, entrambi gli avvisi, avanti alla Ctp di Ferrara che, con quattro sentenze “gemelle”, respinte le questioni pregiudiziali, accoglieva i ricorsi nel merito, affermando che i contribuenti avevano inteso utilizzare al meglio il proprio patrimonio immobiliare, al fine di garantirsi una vita dignitosa in considerazione della pensione modesta e dell'età avanzata, pur mantenendo a proprio favore il diritto di abitazione dell'appartamento in cui vivevano. In particolare, osservava il Collegio di prime cure, l'assenza di svolgimento di una effettiva attività economica al di fuori del territorio nazionale non era stata adeguatamente provata dall'ufficio, a fronte del trasferimento di una nuda proprietà che era potenzialmente idonea a essere considerata attività economica.
A seguito di gravame dell’ufficio, la vertenza finiva innanzi alla Ctr Emilia Romagna.
 
La decisione d’appello
La Ctr conviene con la prospettazione erariale e, quanto all’avviso di liquidazione, che interessa ai nostri fini, osserva l'assoluta mancanza di collegamento tra la società conferitaria e il territorio inglese e la mancanza di svolgimento di un’effettiva attività economica. Infatti, prosegue il Collegio regionale, tutta l'operazione risulta essere una costruzione di puro artificio senza l’intento di avviare un’attività economica al di fuori del territorio nazionale, in quanto l'utilizzo dei beni è rimasto il precedente e anche i debiti gravanti su di essi sono stati saldati dai conferenti. Inoltre, essendovi la riserva del diritto di abitazione sugli immobili, gli stessi non risultano suscettibili di capacità reddituale in favore della società conferitaria.
 
Il disposto normativo di riferimento
La nota n. IV) all'articolo 4 della Tariffa allegata al Dpr n. 131/1986, prosegue la Commissione, prevede, infatti, che “gli atti di cui alla lettera a) sono soggetti all'imposta nella misura fissa di euro 200,00 se la società destinataria del conferimento ha la sede legale o amministrativa in altro Stato membro dell'Unione europea”.
L'articolo 4 della Tariffa, intitolato “Atti propri delle società di qualunque tipo ed oggetto”, dispone, in particolare, l'applicazione della nota agli atti di:
a) costituzione e aumento del capitale o patrimonio:

  1. con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su beni immobili, salvo il successivo n. 2)
  2. con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su fabbricati destinati specificamente all'esercizio di attività commerciali e non suscettibili di altra destinazione senza radicale trasformazione nonché su aree destinate ad essere utilizzate per la costruzione dei suddetti fabbricati o come loro pertinenze, sempreché i fabbricati siano ultimati entro cinque anni dal conferimento e presentino le indicate caratteristiche
  3. con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa. 

Il criterio di “effettività” della sede estera
Ebbene, la Ctr concorda con l’ufficio sulla circostanza per cui i requisiti sostanziali per l'applicazione dell'agevolazione prevista dalla nota IV all'articolo 4 della Tariffa allegata al Tur non siano soddisfacenti e, pertanto, non sia possibile applicare, alla fattispecie in questione, l'imposta di registro in misura fissa.
Quanto precede, in particolare, deriva dalla mancanza di una sede effettiva nel Regno e dall'assenza di qualsivoglia attività economica svolta nello stato dove è stata collocata la formale sede legale della società.
Invece, i contribuenti sostengono l’applicabilità al conferimento delle imposte di registro e ipo-catastali in misura fissa, per il solo fatto che la società ha sede estera.
Ma tale caratteristica non è da sola sufficiente per l'applicabilità del beneficio dell'esenzione.
Infatti, l'organo giudicante deve accertare “caso per caso” la sussistenza dell'effettività della sede estera e la reale operatività di quest'ultima, se l'ufficio porta elementi indiziari sufficienti che conducano a ritenere che la sede comunitaria sia solo fittizia.
In questo senso, conferire beni a una società avente sede estera non costituisce - ex se - una violazione di qualsivoglia disposizione normativa nazionale o europea, trattandosi, di un legittimo esercizio del principio della libertà di stabilimento; di contro, laddove l'operazione economica realizzata risultasse artificiosa perchè volta alla creazione di una forma giuridica alla quale non corrisponderà alcuna realtà economica, non potrà che configurarsi abuso del diritto di stabilimento, come previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (Tfue).
 
La giurisprudenza di riferimento
Anche i giudici della Corte suprema hanno contribuito a fornire una nozione di abuso del diritto di stabilimento affermando, in tema di imposte sui redditi, che ricorre l'ipotesi di “esterovestizione” allorché una società, che ha nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione, da intendersi come luogo in cui si svolge in concreto la direzione e gestione dell'attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all'estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa (cfr Cassazione, n. 16697/2019).
In altri termini, (cfr Cassazione, n. 2869/2013) ai fini dell'accertamento della fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all'estero, non è necessario accertare la sussistenza di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma, invece, occorre verificare se il trasferimento è reale o no, cioè se l'operazione sia meramente artificiosa, consistendo nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica.
E tale principio non può valere solo ai fini delle imposte dirette e non anche ai fini delle imposte indirette, essendo un principio di natura generale applicabile alla società in genere e non alla tassazione di una delle sue categorie reddituali.
Più precisamente – come chiarito dallo stesso legislatore con quanto disposto dall'articolo 73, comma 3, Tuir – sono da considerarsi come società, ed enti residenti, quelle che per la maggior parte del periodo di imposta considerato ai fini dell'accertamento hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione ovvero l'oggetto principale della propria attività all'interno del territorio dello Stato.
 
Conclusioni
In definitiva, la tesi del contribuente in base alla quale la registrazione del conferimento doveva tener conto solo ed esclusivamente della sede legale della società estera non si dimostra, quindi, fondata, perché riferibile solo a un fatto formale, che deve trovare fondamento nel sostanziale svolgimento di una attività economica, almeno in parte, all'estero.
La società estera, in questione, invece, ha acquisito una serie di immobili in Italia. Dopodiché ha acquisito le quote di due società italiane, sempre del contribuente ricorrente. Anche se l'oggetto principale della compagine estera ha notevole ampiezza, la gestione delle quote delle due società nazionali, sotto il profilo territoriale implicano solo la partecipazione alle assemblee, per cui una società straniera ben può svolgere la propria funzione, anche solo di holding, dall'estero. Ma nel caso di beni immobili, come nella controversia in commento, diviene necessaria la presenza analogamente localizzata e nella specie nel territorio nazionale, al fine di gestire gli affitti o le pratiche di costruzione nel caso di varianti urbanistiche che consentano l'edificabilità ai terreni, come nel caso esaminato.
Questo, secondo la Ctr, è un rilievo decisivo alla peculiare situazione del conferimento alla società di diritto inglese della proprietà su beni immobili situati in Italia da parte di cittadini italiani e residenti in Italia, non individuandosi, in buona sostanza, sottese ragioni di convenienza economica che non fossero quelle di perseguire un regime fiscale più vantaggioso.

Da qui, la corretta revoca del regime dell’imposizione a registro in misura fissa e la tassazione dell’atto come un normale conferimento immobiliare a società con sede italiana.

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/esterovestizione-via-libera-anche-imposte-indirette