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Giurisprudenza

Cost sharing agreements,
no a deduzione per la controllata

La società avrebbe dovuto provare l'effettività e l’inerenza della spesa in ordine all'attività esercitata e al vantaggio conseguito, non essendo sufficiente la mera esibizione del contratto e delle fatture

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Con la sentenza n. 19166 del 6 luglio 2021 la Cassazione ha enunciato il principio secondo cui, in tema di reddito di impresa, ai fini della deducibilità dei costi infragruppo derivanti da "cost sharing agreements", non è sufficiente l'esibizione da parte della contribuente controllata, cui incombe il relativo onere probatorio del contratto riguardante le prestazioni di servizi forniti dalla controllante e la fatturazione dei corrispettivi, richiedendosi, al contrario, la specifica allegazione di quegli elementi necessari per determinare l'utilità effettiva o potenziale conseguita dalla consociata che riceve il servizio.
 
Fatti
Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di produzioni cinematografiche per l’indebita deduzione di costi relativi a servizi prestati dalla capogruppo estera.
La Ctp di Roma accoglieva il ricorso presentato dalla società e la Ctr del Lazio, con riferimento al recupero di costi infra-gruppo, censurava le pretese dell'Agenzia delle entrate, evidenziando che la stessa, per disattendere il calcolo del transfer pricing avrebbe dovuto fornire la prova della elusività del comportamento tenuto dalla società.  
 
Decisione della Cassazione
L’Agenzia ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che l'onere della prova incombe sulla società che afferma di aver ricevuto la prestazione. I costi per servizi infra gruppo possono essere dedotti solo se si siano tradotti in un'effettiva utilità e quest'ultima deve essere obiettivamente determinabile ed adeguatamente documentata dal contribuente.
 
Nella specie, il giudice d'appello ha affrontato la questione della determinazione del prezzo nei contratti stipulati tra società del gruppo con sede in Stati diversi, con la valorizzazione della natura elusiva della norma, che avrebbe imposto al fisco di dimostrare l'assenza di valide ragioni economiche sottese al comportamento posto in essere, l'ottenimento di un risparmio di imposta altrimenti indebito e la volontà di aggirare obblighi e divieti previsti dall'ordinamento tributario.
 
Al contrario, la Suprema corte ha chiarito che l’articolo 110, comma 7, del Tuir non integra una disciplina antielusiva in senso proprio, ma è finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing, costituito dallo spostamento di imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti. Ne consegue che la prova dell'Agenzia delle entrate non riguarda il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l'esistenza di transazioni, tra imprese collegate, a un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, di cui all’articolo 9 del Tuir, mentre incombe sul contribuente l'onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valore di mercato da considerarsi normali.
 
L'Amministrazione finanziaria è tenuta a contestare non il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l'esistenza di transazioni, tra imprese di un gruppo, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale (arm’s lenght).
Richiamando diverse pronunce precedenti, con la sentenza n. 19166/2021 i giudici di legittimità ribadiscono il principio giurisprudenziale consolidato in base al quale la deducibilità dei costi derivanti da accordi contrattuali e sui servizi prestati dalla controllante (cost sharing agreements) è subordinata all'effettività e inerenza della spesa in ordine all'attività di impresa esercitata dalla controllata e al reale vantaggio che ne sia derivato a quest'ultima, non ritenendosi sufficiente l'esibizione del contratto riguardante le prestazioni di servizi forniti dalla controllante alle controllate e la fatturazione dei corrispettivi e richiedendosi, al contrario, la specifica allegazione degli elementi necessari per determinare l'utilità effettiva o potenziale conseguita dalla consociata che riceve il servizio.
Nè è sufficiente a dare la prova della effettività e della inerenza dei costi la circostanza che gli stessi siano irrisori rispetto al fatturato annuo della società.

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