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Giurisprudenza

Corte Ue: sul fondo d’investimento
per l’esenzione ci vuole la prova

La vicenda giudiziaria prende le mosse da una richiesta di rimborso dell’eccedenza di imposta sulle società, applicata ai dividendi versati da entità con sede in Polonia

fondi di investimento
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 63 e 65 del Tfue ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone un fondo di investimento con sede negli Stati Uniti d’America alla Amministrazione finanziaria polacca. In particolare a causa del diniego, da parte di quest’ultima, di accertare e rimborsare l’eccedenza di imposta forfettaria sulle società, versata  a titolo di tassazione dei dividendi distribuiti al ricorrente da società di capitali con sede nel territorio polacco.



Il protagonista della controversia e la posizione del Fisco
Al centro del contenzioso comunitario un fondo di investimento con sede nel territorio degli Stati Uniti, la cui attività consiste nell’acquisizione di partecipazioni in società polacche, che ha presentato richiesta all’Amministrazione finanziaria polacca di rimborso dell’eccedenza di imposta sulle società, applicata, nella misura del 15%, ai dividendi versati da società che hanno sede in Polonia.
La domanda veniva respinta dal Fisco polacco sulla base del rilievo che, essendo il fondo di investimento stabilito sul territorio statunitense, non rispondeva ai requisiti di esenzione prescritti dall’articolo 6 della legge polacca relativa all’imposta sulle società.
 
Il rinvio alla Corte di giustizia
La questione approdava dinanzi alle apposite autorità giurisdizionali dell’ordinamento polacco; tutto ciò premesso, il giudice  ‘a quo’ ha sospeso il procedimento sottoponendo al vaglio pregiudiziale della Corte UE, tra l’altro, la seguente questione pregiudiziale: se gli articoli 63 e 65 del Tfue devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa dello Stato membro, in base alla quale non possono beneficiare di esenzione fiscale i dividendi versati da società stabilite nello Stato membro medesimo a favore di un fondo di investimento situato in uno Stato terzo.
 
Le valutazioni della Corte UE
Come già rilevato dalla Corte UE, in base ad una consolidata giurisprudenza, le misure vietate dall’articolo 63 del TFUE, in quanto costituiscono restrizione ai movimenti di capitale, comprendono le misure idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro e a dissuadere i residenti di questo Stato membro dal farne in altri Stati.
Sulla base della disciplina prevista dalla normativa nazionale, i fondi di investimento beneficiano dell’esenzione purchè abbiano sede sul territorio polacco. Pertanto, i dividendi versati in favore di fondi di investimento non residenti non potrebbero beneficiare, solo in considerazione del luogo di stabilimento dei fondi stessi, dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte, ancorchè a detti dividendi possa essere applicata eventualmente un’aliquota ridotta per effetto di una convenzione contro le doppie imposizioni.
Tale differenza di trattamento fiscale, dei dividendi tra i fondi di investimento residenti ed i fondi di investimento non residenti è tale da dissuadere i fondi di investimento stabiliti in un pase terzo dall’assunzione di partecipazioni in società stabilite in Polonia e gli investitori residenti in tale Stato membro dall’acquisizione di quote in fondi di investimento non residenti.
Da ciò deriva che una normativa nazionale, quale quella in oggetto, è tale da produrre una restrizione alla libera circolazione dei capitali, che si manifesta contraria, in linea di principio, all’articolo 63 del Tfue.
Occorre tuttavia considerare che, in base a consolidata giurisprudenza, l’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo di interesse generale, che potrebbe giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali.
Tuttavia, nel caso di specie, risulta l’esistenza di un accordo di reciproca assistenza amministrativa tra la Polonia e gli Stati Uniti d’America, che consente lo scambio di informazioni necessarie ai fini dell’applicazione della normativa tributaria. Al riguardo, tali meccanismi di cooperazione sono quelli che risultano dall’articolo 23 della Convenzione contro le doppie imposizioni e dall’articolo 4 della Convenzione elaborata dall’Ocse e dal Consiglio d’Europa, avente ad oggetto la reciproca assistenza in materia fiscale.
 
Le conclusioni degli eurogiudici
Da ciò deriva che, in considerazione dell’esistenza di obblighi convenzionali tra la Polonia e gli Stati Uniti, che prevede un contesto comune di cooperazione e prevede meccanismi di scambi di informazioni tra le autorità nazionali interessate, non può essere escluso a priori che i fondi di investimento stabiliti nel territorio statunitense possano essere tenuti a fornire la documentazione che consenta all’amministrazione finanziaria polacca di verificare, in cooperazione con le competenti autorità degli Stati Uniti d’America, che essi esercitino la propria attività in condizioni equivalenti a quelle relative ai fondi comuni di investimento stabiliti sul territorio dell’Unione.
Compete al giudice del rinvio esaminare se gli obblighi convenzionali tra Polonia e Stati Uniti, che istituiscono un contesto giuridico comune di cooperazione e prevedono meccanismi di scambio di informazioni tra le autorità nazionali interessate, siano effettivamente idonei a consentire all’amministrazione finanziaria polacca di verificare, all’occorrenza, le informazioni fornite dai fondi di investimento stabiliti sul territorio americano, relativi ai requisiti di avvio e di esercizio delle proprie attività, al fine di dimostrare che esse operano in un contesto normativo equivalente a quello dell’Unione europea.





Data della sentenza
11 aprile 2014
Numero causa
C-190/12
Nome delle parti
Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company
contro
Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy
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