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Giurisprudenza

Corte Ue: l’amministrazione fiscale
non può impedire la rettifica dell’Iva

La richiesta della società ceca, sottoposta all’attenzione degli eurogiudici, scaturiva dall’esistenza di crediti vantati nei confronti di un cliente che aveva perso la qualifica di soggetto passivo

Corte Ue sede

Negare la riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento da parte di un debitore, non più contribuente Iva, viola il principio di proporzionalità dell’imposta sul valore aggiunto, in quanto fa gravare sull’imprenditore l’onere di un importo non ricevuto nell’ambito della sua attività economica (Corte di giustizia, causa C-127/2018).
La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata posta nell’ambito di una controversia sorta a seguito del rifiuto dell’Amministrazione finanziaria ceca di accordare la rettifica dell’Iva assolta da una società su crediti non pagati e considerati inesigibili per insolvenza del debitore.
 
Il procedimento e la questione pregiudiziale
La richiesta di rettifica è stata presentata da una società relativamente ai crediti vantati nei confronti di un cliente che, dopo essere stato oggetto di procedura concorsuale, aveva cessato di essere soggetto passivo ai fini Iva.
L’Amministrazione finanziaria nazionale ha negato la richiesta della società in quanto la normativa interna non consente di procedere alla rettifica “nel caso in cui il debitore abbia cessato di essere un soggetto passivo”.
La società ha proposto ricorso sin in cassazione, lamentando che la normativa nazionale sull’Iva sarebbe contraria all’articolo 90 della direttiva 2006/112.
Sul punto, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il giudizio e chiedere alla Corte se sia legittimo condizionare la rettifica della base imponibile ai fini Iva, in caso di mancato pagamento, alla circostanza che il debitore non sia più soggetto passivo.
 
Sulla pronuncia pregiudiziale
In materia di corretta determinazione della base imponibile ai fini Iva, il paragrafo 1 dell’articolo 90 della direttiva 2006/112, prevede che l’imponibile debba essere ridotto, alle condizioni stabilite dai singoli Stati membri, “in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione.”
Il successivo paragrafo 2 contempla la possibilità di derogare a tale principio in caso di mancato pagamento del corrispettivo, totale o parziale.
La ratio di tale disposizione risiede nel principio per cui la base imponibile Iva è costituita dal corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto debitore d’imposta. Per diretta conseguenza, l’Amministrazione finanziaria non può richiedere a titolo di Iva un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo.
La deroga prevista dal paragrafo 2 non è generale, ma è concessa esclusivamente per consentire agli Stati membri di poter far fronte all’incertezza dell’effettivo pagamento di una fattura o quando quest’ultimo abbia carattere provvisorio.
Infatti, concedere ai singoli Stati la possibilità di escludere qualsiasi riduzione della base imponibile sarebbe contrario al principio di neutralità dell’Iva che fa sì che l’imprenditore, in quanto collettore dell’imposta per conto dello Stato, “dev’essere sgravato interamente dall’onere dell’imposta dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta soggette a IVA”.
 
Nel caso di specie, la normativa nazionale, che subordina la rettifica dell’imposta alla qualifica soggettiva del debitore, non può essere giustificata dalla necessità di tener conto dell’incertezza in merito al carattere definitivo del mancato pagamento quando, al contrario, la circostanza che il debitore abbia cessato di essere soggetto passivo costituisce un forte elemento atto a corroborare proprio il carattere definitivo del non pagamento.
I giudici hanno inoltre ribadito il principio per cui gli Stati membri possono derogare alle regole generali di determinazione della base imponibile Iva soltanto nei limiti strettamente necessari per raggiungere gli obiettivi di esatta riscossione dell’imposta e di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali.
 
Ciò detto, impedire a una società di ridurre la sua base imponibile in caso di mancato pagamento da parte di un debitore insolvente che ha perso la qualifica di soggetto passivo, è una previsione che non può essere vista in un’ottica di contrasto all’evasione fiscale.
Tale normativa, pertanto, viola il principio di proporzionalità dell’Iva nella misura in cui finisce per far gravare sull’imprenditore, “soggetto passivo, l’onere di un importo di IVA che esso non abbia ricevuto nell’ambito della sua attività economica.”
 
Il principio
Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte di giustizia europea ha espresso il seguente principio:
L’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che un soggetto passivo non possa procedere alla rettifica della base imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) in caso di mancato pagamento totale o parziale, da parte del suo debitore, di una somma dovuta a titolo di un’operazione soggetta a tale imposta, se il debitore non è più un soggetto passivo ai fini dell’IVA”.
 
 
Data della sentenza
8 maggio 2019
 
Numero della causa
C-127/18
 
Nome delle parti

  • A–PACK CZ s. r. o.
     
    contro
     
  • Odvolací finanční ředitelství
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