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Giurisprudenza

Corte Ue, esenzione Iva condizionata per servizi sportivi

La controversia, che ha portato all’odierna pronuncia degli eurogiudici, è insorta tra due club di hockey e l’Amministrazione fiscale britannica

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La Corte di Giustizia Ue con la sentenza di oggi, resa nel procedimento C-253/07, ha deciso che l’articolo 13, parte A, n. 1, lett. m), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’Iva, deve essere interpretato nel senso che esso copre anche, nel contesto di persone che esercitano lo sport, prestazioni di servizi fornite a persone giuridiche e ad associazioni prive di personalità giuridica. A condizione, però, che tali prestazioni siano strettamente connesse alla pratica dello sport, indispensabili al suo svolgimento, fornite da organizzazioni senza scopo lucrativo e i beneficiari effettivi di dette prestazioni siano persone che esercitano lo sport.

 

Il fatto e la normativa di riferimento

La controversia che ha portato all’odierna pronuncia è insorta tra due Club inglesi di hockey, la England Hockey Limited e l’Amministrazione fiscale britannica e riguardava l’assoggettamento a Iva di quote percepite dalla stessa England Hockey Limited in cambio delle quali quest’ultima aveva fornito prestazioni di servizi ai club di hockey. I club di hochey inglesi sono associazioni prive di personalità giuridica riservate ai loro membri che pagano una quota annuale in cambio dei diritti che derivano dalla loro adesione. Questi club, a loro volta, sono membri della England Hockey, un’organizzazione senza scopo di lucro che incoraggia e sviluppa la pratica dell’hockey in Inghilterra e a cui versano una quota di partecipazione, in cambio di taluni servizi, a cui la England Hockey applica l’Iva. I funzionari del fisco britannico hanno reso edotta la England Hockey che le quote che essa percepisce, e in cambio delle quali fornisce prestazioni di servizi ai club di hockey associati, devono essere assoggettate all’aliquota normale dell’Iva, non essendo i club persone fisiche che esercitano lo sport. La normativa britannica in questione, infatti, statuisce che è esente dall’Iva "la prestazione da parte di un organismo qualificato ad un singolo di servizi strettamente ed essenzialmente connessi allo sport e all’educazione fisica praticati da quest’ultimo ad eccezione, nel caso in cui l’organismo agisca nell’ambito di un sistema di affiliazione, di quelli forniti ai singoli che non siano membri".

La posizione dei club

Diverso, ovviamente, il punto di vista dei club di hockey secondo i quali tali prestazioni devono essere riconosciute esenti da Iva. I giudici di Sua Maestà, investiti della controversia, hanno ritenuto di sospendere il procedimento per domandare alla Corte di Giustizia UE se, ai fini dell’esenzione contenuta nell’art. 13 A, n. 1, lett. m), della Sesta Direttiva, il termine "persone", nell’ambito dell’espressione "persone che esercitano lo sport", comprenda anche le persone giuridiche e le associazioni prive di personalità giuridica o invece sia limitata ai singoli, nel senso di persone fisiche, e   nell’ ipotesi di risposta affermativa al primo quesito, se l’espressione "talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport" consenta agli Stati membri di limitare l’esenzione ai soli singoli che esercitano attività sportive. La normativa comunitaria di riferimento, infatti, prevede, all’art. 2, n. 1, della sesta direttiva Iva, che siano sottoposte al tributo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale, mentre l’art. 13, parte A, n. 1, lett. m), della stessa direttiva, dettato in materia di esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico, dispone espressamente che sono esonerate da assoggettamento all’imposta le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organizzazioni senza scopo lucrativo alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica. Tali prestazioni, però, e ciò ai sensi del successivo punto 2, lett. b) dell’articolo 13, non godono del regime esentivo ora richiamato qualora le stesse non siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate oppure siano essenzialmente destinate a procurare all’ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali soggette all’Iva.

 

La decisione della corte

I giudici europei, con la sentenza hanno affermato che l’articolo 13, parte A, n. 1, lett. m), della sesta direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che esso copre anche, nel contesto di persone che esercitano lo sport, prestazioni di servizi fornite a persone giuridiche e a associazioni prive di personalità giuridica, a condizione, però, che tali prestazioni siano strettamente connesse alla pratica dello sport e indispensabili al suo svolgimento, siano fornite da organizzazioni senza scopo lucrativo e i beneficiari effettivi di dette prestazioni siano persone che esercitano lo sport. In primo luogo la Corte ha ricordato come le esenzioni previste dall’articolo 13 devono a ragion veduta essere interpretate in maniera restrittiva, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’Iva è riscossa per ogni prestazione effettuata a titolo oneroso. Allo stesso tempo, però, questa regola d’interpretazione restrittiva non deve significare che i termini utilizzati per specificare le esenzioni di cui al detto articolo 13 debbano essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti.

 

Sport ed educazione fisica come attività di interesse pubblico

Per quanto riguarda proprio la pratica dello sport e dell’educazione fisica, quale attività di interesse pubblico, l’esenzione prevista all’articolo 13, parte A, n. 1, lett. m), mira ad incoraggiare tale tipo di attività ma non esenta in modo generale tutte le prestazioni di servizi connesse. Il beneficio è, infatti, subordinato, secondo la normativa comunitaria, al ricorrere di talune condizioni. E quindi, innanzitutto, le prestazioni di servizi di cui trattasi possano essere esentate soltanto a condizione che vengano fornite da una organizzazione senza scopo lucrativo, che siano strettamente connesse con la pratica dello sport e dell’educazione fisica e che vengano fornite alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica. In più, tali prestazioni devono anche rivestire carattere di indispensabilità ai fini dell’espletamento della pratica dello sport o dell’educazione fisica. L’esenzione di un’operazione viene dunque determinata in funzione della natura della prestazione di servizi fornita e del precipuo rapporto di questa con la pratica dello sport o dell’educazione fisica.

Proseguendo, i giudici comunitari hanno affermato che per garantire una applicazione effettiva dell’esenzione prevista all’articolo 13, parte A, n. 1, lett. m), della sesta direttiva, questa deve essere interpretata nel senso che le prestazioni di servizi fornite nell’ambito di sport praticati in gruppi di persone o praticati nell’ambito di strutture organizzative create da club sportivi possono, in linea di massima, beneficiare dell’esenzione prevista da detta disposizione senza che sia rilevante l’identità del destinatario formale di una prestazione e la forma giuridica sotto la quale quest’ultimo ne beneficia.

 

Il rapporto giuridico tra il fornitore di servizi e le persone

Qualora, infatti, i termini "prestazioni di servizi…procurate…alle persone che esercitano lo sport" di cui l’articolo 13, parte A, n. 1, lett. m), della sesta direttiva venissero interpretati nel senso di richiedere che le prestazioni di servizi di cui trattasi siano direttamente erogate alle persone fisiche che esercitano lo sport all’interno di una struttura organizzativa creata da un club sportivo, l’esenzione prevista da tale disposizione dipenderebbe dall’esistenza di un rapporto giuridico tra il fornitore di servizi e le persone che esercitano lo sport nell’ambito di una tale struttura. Una tale interpretazione avrebbe la conseguenza, in ultima analisi, che un gran numero di prestazioni di servizi sarebbero di fatto escluse dal beneficio dell’esenzione, indipendentemente dalla circostanza se tali prestazioni siano direttamente connesse alle persone che esercitano lo sport o ai club sportivi e chi ne sia l’effettivo beneficiario. Via libera, dunque, ad un’interpretazione ampia del termine "persone" in grado di ricomprendere non solo persone fisiche ma anche associazioni prive di personalità giuridica e persone giuridiche. Tutto ciò beninteso, a patto che si rispettino le condizioni viste sopra.

 

Le conclusioni della Corte

La sentenza della Corte di giustizia del 16 ottobre 2008, resa nel procedimento C-253/07, stabilisce che "l’art. 13, parte A, n. 1, lett. m), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che esso copre anche, nel contesto di persone che esercitano lo sport, prestazioni di servizi fornite a persone giuridiche e a associazioni prive di personalità giuridica, purché - circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – tali prestazioni siano strettamente connesse alla pratica dello sport e indispensabili al suo svolgimento, siano fornite da organizzazioni senza scopo lucrativo e i beneficiari effettivi di dette prestazioni siano persone che esercitano lo sport". Gli Stati membri non sono autorizzati a limitare l’esenzione prevista da tale disposizione con riferimento ai destinatari delle prestazioni di servizi in questione.

 

 

 

 

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