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Giurisprudenza

All’ufficio basta la lista Falciani,
non sono necessarie altre verifiche

Costituiscono presunzioni valide per emettere l’accertamento le informazioni sull’omessa dichiarazione delle attività detenute all’estero, riconducibili al famoso elenco

I giudici di legittimità, con l’ordinanza n. 3276 dello scorso 12 febbraio, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, hanno precisato che anche un solo indizio può giustificare la pretesa fiscale, se grave e preciso, ovvero dotato dell’alta valenza probabilistica connessa alla provenienza interna dei dati bancari.

La pretesa erariale e il giudizio di merito
L’ufficio notificava a un contribuente un atto impositivo per omessa dichiarazione di attività finanziarie detenute in Svizzera nel 2003. La contestazione era fondata sui dati rinvenuti dall’Amministrazione fiscale sulla base della cosiddetta “lista Falciani”, un lungo elenco di nominativi di presunti correntisti esteri e altrettanti presunti evasori. Il contribuente impugnava l’atto impositivo, ottenendo l’accoglimento del ricorso da parte della Commissione tributaria provinciale che riteneva infondata la presunzione di maggior reddito contestata. A seguito dell’appello proposto dall’ufficio, la decisione dei giudici di prime cure veniva confermata in secondo grado; la pronuncia della Ctr poggiava sulla circostanza che l’Agenzia delle entrate non avrebbe dedotto alcun elemento ulteriore a sostegno della propria pretesa impositiva oltre a quanto riportato nella “lista Falciani”; si sarebbe limitata, in sostanza, a rilevare l’indicazione del nominativo del contribuente nella lista, senza però rafforzare questo indizio con altri elementi.
 
La sentenza d’appello veniva impugnata dall’ufficio, che ne eccepiva l’apparente motivazione e l’illegittimità per violazione di legge in relazione all’articolo 12 del Dl 78/2009 e all’articolo 2697 del codice civile, per aver il giudice d’appello ignorato la presunzione legale di evasione in capo al soggetto verificato.
 
I giudici di legittimità e la valenza probatoria della lista Falciani
In merito all’eccezione sollevata dall’ufficio circa una presunta nullità della sentenza di secondo grado “per la natura apparente della sua motivazione”, i giudici di legittimità hanno ritenuto infondato tale motivo di ricorso, avendo la Commissione tributaria regionale espresso una chiara ratio decidendi, ossia l’assenza di prove a conforto delle risultanze della lista Falciani, tale da escludere la lamentata “apparenza” della motivazione.
Entrando nel merito della questione, la Corte di cassazione ha poi preso in esame l’eccezione con cui l’ufficio ha denunciato la violazione dell’articolo 12 del Dl 78/2009 e dell’articolo 2697 cc, in quanto, a suo avviso, il giudice d’appello avrebbe ignorato la presunzione legale di evasione ravvisabile in capo al contribuente. I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato, su questo aspetto sostanziale della controversia, il ricorso dell’Amministrazione finanziaria. Hanno reputato, in particolare, che fosse erroneo quanto statuito dalla Commissione tributaria regionale, secondo cui l’Agenzia delle entrate non avrebbe dedotto “alcun elemento ulteriore a conforto di quanto riportato nella lista Falciani”.

I giudici d’appello – chiarisce la Cassazione – hanno in primo luogo disapplicato la presunzione legale di sottrazione a tassazione delle attività finanziarie detenute in Paesi a fiscalità privilegiata e non dichiarate (articolo 12 del Dl 78/2009); inoltre, si sono discostati dal principio di legittimità già in precedenza delineato dalla stessa giurisprudenza di legittimità, in forza del quale anche un solo indizio può giustificare la pretesa fiscale, qualora grave e preciso (Cassazione n. 8605/2015) ovvero dotato di un’alta valenza probabilistica connessa alla provenienza interna dei dati bancari (Cassazione n. 9760/2015).

La cosiddetta “lista Falciani” costituisce, pertanto, una presunzione valida che consente all’ufficio di emettere l’accertamento senza necessità di ulteriori riscontri, e il Fisco, nel reprimere e contrastare il fenomeno dell’evasione, si può avvalere di qualsiasi elemento con valore indiziario, con la sola esclusione di quelli la cui inutilizzabilità sia dipesa da una disposizione di legge o siano stati acquisiti in violazione di un diritto del contribuente. Sul tema del carattere indiziario degli elementi raccolti, come già precisato dalla giurisprudenza della Corte suprema, anche un solo indizio può, quindi, risultare già di per sé idoneo a giustificare la pretesa fiscale; in particolare è sufficiente, quale prova presuntiva, “un unico indizio, preciso e grave … e la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevolezza e probabilità” (Cassazione n. 8605/2015).  

Il ricorso dell’ufficio è stato quindi accolto nei motivi afferenti la valenza probatoria della lista Falciani e la sentenza è stata cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio per un nuovo esame alla Commissione tributaria regionale in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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