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Giurisprudenza

Acqua potabile in “boccioni”
l’aliquota Iva è quella ordinaria

Alle cessioni dei tipici contenitori da 10 litri da utilizzare negli uffici e in altri luoghi pubblici si applica l’Iva al 22% mancando i requisiti per la fruizione dell’imposta in misura ridotta

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La cessione di acqua in "boccioni" va assoggettata all'aliquota Iva ordinaria del 22%. Contrariamente alla tesi sostenuta dalla società ricorrente, infatti, quella ridotta, pari al 10%, si applica solo nel caso di acqua ceduta tramite reti di distribuzione. E' quanto stabilito dalla sentenza della Ctr Emilia Romagna n. 598 del 24 marzo 2021.

I fatti di causa
La Direzione provinciale di Modena aveva effettuato una verifica a carico di una società che commercializza  acqua potabile in "boccioni", vale a dire contenitori di capacità superiore a 10 litri, ceduti per l'utilizzo in uffici e altri luoghi aperti al pubblico.
La società negli anni 2012 e 2013, oggetto della verifica, aveva assoggettato le cessioni di acqua in boccioni all'aliquota Iva del 10%, ritenendo che la casistica rientrasse nella previsione di cui al n. 81 della tabella A, parte III, allegata al Dpr n. 633/1972 che prevede l'aliquota del 10% per la cessione di "acqua, acque minerali".

L'Ufficio, di contro, riteneva applicabile quanto chiarito con la risoluzione n. 11/2014, secondo la quale in base alla normativa Iva interna e comunitaria, l'aliquota ridotta del 10% si applica solo nel caso di acqua ceduta tramite reti di distribuzione.
La predetta interpretazione deriva, in particolare, dall'articolo 98 della direttiva 2006/112/Ce e dall'ipotesi n. 2 dell'allegato III alla medesima direttiva, la quale richiama il caso della "erogazione di acqua".
Veniva quindi notificato un avviso di accertamento per ognuno degli anni 2012 e 2013, contro i quali la società presentava ricorso.

Il giudizio di primo grado
Nel contenzioso di primo grado la società evidenziava numerosi elementi tra cui, in particolare, la circostanza che il n. 81 della tabella A parte III, che prevede l'aliquota del 10%, si riferirebbe, genericamente, all'acqua destinata al consumo alimentare.
L'Ufficio Provinciale, di contro, poneva l'accento sul fatto che:

  • l'articolo 98, comma 1, della direttiva Ue 112/2006 stabilisce che per le operazioni soggette a Iva gli Stati membri “possono applicare una o due aliquote ridotte", mentre al successivo comma 2 è stabilito che "Le aliquote ridotte si applicano unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell'allegato III
  • tra le previsioni dell'allegato III, quella maggiormente applicabile alla fattispecie è la n. 2, relativa all'ipotesi di “erogazione di acqua”.

Veniva quindi posto in evidenza che la previsione comunitaria, che risulta direttamente applicabile nell'ordinamento interno, risulta avere un ambito più ristretto rispetto all'ipotesi di cui al n. 81 della tabella A parte III.
Ciò in quanto l'utilizzo dell'acqua tramite reti di distribuzione soddisfa necessari bisogni primari, come bere, cucinare e lavarsi; l'acquisto di acqua in boccioni, di contro, soddisfa il bisogno del bere per pura scelta ed in maniera sicuramente più costosa.
Malgrado la fondatezza delle osservazioni dell'Ufficio, la Ctp accoglieva i ricorsi relativi agli anni 2012 e 2013.

Il giudizio di secondo grado
L’Agenzia propone quindi ricorso in appello contro la sentenza di primo grado. Il risultato in commissione provinciale veniva però ribaltato dai giudici regionali.
Nella sentenza 598/07/2021, la Ctr Emilia Romagna, ha infatti stabilito che "Il vero tema è, quindi, stabilire se, ai fini del riconoscimento dell'agevolazione, la distinzione operata dal legislatore debba considerarsi di per sé dirimente o se la modalità di distribuzione e commercializzazione del prodotto rappresentino il vero discrimine. La Commissione ritiene di fare propria l'interpretazione resa dall'Amministrazione Finanziaria nella citata risoluzione n. 11 del 2014. Ai fini della corretta applicazione della normativa di settore, il Collegio considera rilevanti il tipo di acqua oggetto di commercializzazione e, altresì, le modalità di distribuzione attraverso le quali la stessa viene commercializzata. L'acqua distribuita dalla società appellata, per quanto 'potabile' e 'destinata al consumo umano', non può certo assimilarsi a quella erogata tramite il servizio pubblico. Il Collegio pone in evidenza come le modalità di distribuzione dell'acqua non possano che comportare conseguenze fiscalmente rilevanti e che l'agevolazione, prevista dalla citata Direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, 'tuteli' l'erogazione dell'acqua intesa come servizio realizzato attraverso una diffusa rete pubblica e diretta a soddisfare esigenze collettive di primaria rilevanza. Caso distinto e differente è invece quello in cui la distribuzione dell'acqua avvenga secondo modalità imprenditoriali per il tramite di imbottigliamento, che risponde ad una logica di attvità d'impresa da assoggettare, pertanto, a regime IVA ordinario. Tale ricostruzione, peraltro, appare maggiormente conforme all'indirizzo restrittivo del legislatore comunitario con riferimento alla concessione del regime fiscale agevolato".

I giudici regionali, quindi, hanno accolto l'appello dell'Ufficio, riformando la sentenza della Ctp di Modena e condannando la parte al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

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