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Giurisprudenza

Accesso breve, il primo verbale
ferma le attività e smuove l’avviso

Il documento di chiusura delle operazioni, in cui vanno indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti, è necessario solo nelle ipotesi di ispezione e verifica fiscale

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In caso di accesso breve, mirato all’acquisizione di documentazione, è sufficiente la redazione del verbale contenente anche solo l’indicazione dei documenti prelevati, non essendo necessario che l’organo verificatore adotti un ulteriore processo verbale di constatazione delle violazioni, eventualmente rilevate in seguito. Dalla consegna della copia di detto verbale decorre il termine dilatorio di sessanta giorni, previsto a garanzia del diritto al contraddittorio endoprocedimentale, trascorso il quale può essere emanato l’avviso di accertamento. In questi termini si è espressa la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 11589 del 4 maggio 2021.

Il fatto
Il procedimento ha preso il via in seguito a un accesso mirato effettuato dai funzionari dell’Agenzia delle entrate, per l’acquisizione della documentazione contabile finalizzata al controllo di un credito Iva. Al termine delle operazioni, i verbalizzanti hanno redatto l’apposito processo verbale di constatazione, rilevando la mancata esibizione delle fatture.

Il contribuente ha impugnato il successivo atto impositivo, emesso oltre il sessantesimo giorno dalla redazione del verbale di chiusura delle operazioni, per violazione delle disposizioni contenute nell’articolo 12, comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, considerata la mancata formazione di un processo verbale contenente le contestazioni rilevate nel corso dell’attività di accesso. L’Agenzia ha controdedotto, ribadendo la legittimità del proprio operato, avendo redatto un processo verbale di acquisizione dei documenti.

Il motivo di ricorso è stato accolto in primo grado, ma respinto dalla Ctr, i cui giudici hanno preso atto della correttezza di redigere un apposito verbale recante la mancata esibizione delle fatture richieste dall’ufficio finanziario confermando, di conseguenza, la legittimità del successivo avviso di accertamento.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado sostenendo nuovamente, violazione e falsa applicazione del comma 7 dell’articolo 12 della legge n. 212/2000 e lesione del diritto di difesa e di quello al contraddittorio. A parere del ricorrente il verbale di constatazione di mancata esibizione delle fatture è da considerarsi un atto di apertura della verifica, a cui non è seguito un pvc di chiusura della verifica di constatazione delle violazioni. Di conseguenza l’atto impositivo è stato emesso in violazione del termine dilatorio di 60 giorni mancando, appunto, il verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo.
I giudici di piazza Cavour hanno ritenuto infondato il motivo e hanno rigettato il ricorso.

La decisione
In tema di diritti del contribuente, l’articolo 12, comma 7 della legge n. 212/2000 sancisce che, “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
Il tema al centro della controversia riguarda, non tanto gli aspetti procedurali della norma, bensì le modalità attraverso cui deve essere assicurato il rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale a favore del contribuente, nei cui confronti è stato effettuato un accesso “istantaneo” da parte dell’organo di controllo.
In via preliminare, il Collegio di legittimità ha chiarito che l’attività di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria non deve necessariamente concludersi con la redazione di un verbale contenente le violazioni riscontrate. In realtà, è sufficiente la notifica di un verbale che attesti le operazioni compiute, le valutazioni rilevate o che esponga semplicemente i fatti o le eventuali dichiarazioni acquisite. Questo patrimonio informativo sarà poi alla base della libera valutazione dell’Agenzia delle entrate per l’emissione di un eventuale atto impositivo o dell’autorità giudiziaria, successivamente.
Al di là del contenuto e del nomen juris del verbale conclusivo delle operazioni di accesso, ispezione o verifica, e anche nell’ipotesi in cui si tratti di un verbale meramente istruttorio e descrittivo, il termine dilatorio previsto dall’articolo 12, comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente decorre sempre e comunque.

Tale principio è supportato da due ordini di ragioni. Da un lato, le previsioni contenute nel citato articolo 12 non prevedono alcuna distinzione in ordine alla durata dell'accesso, ben potendosi trattare di un accesso istantaneo finalizzato ad acquisire documentazione, in esito al quale comunque deve essere redatto un verbale di chiusura delle operazioni. Dall’altro, la redazione di un verbale è atto dovuto anche in caso di accesso breve perché, anche in questo caso, si realizza una intromissione autoritativa dell'amministrazione finanziaria nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi, di solito a lui sfavorevoli (cfr Cassazione, nn. 13140/2019, 11471/2017 e a sezioni unite n. 24823/2015).

Le disposizioni contenute al comma 7 dell’articolo 12 garantiscono un controbilanciamento, atto ad assicurare il rispetto dei diritti del contribuente sottoposto all’attività di verifica, in ragione delle quali dal rilascio della copia del verbale, comunque denominato, decorre il termine di sessanta giorni, solo trascorso il quale può essere emesso l’avviso di accertamento.
L’inosservanza del termine dilatorio determina l’illegittimità dell’atto impositivo, anche nel caso di accessi brevi finalizzati all'acquisizione di documentazione.
Così facendo è garantito il diritto al contraddittorio procedimentale, che costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente, diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.

Tornando al tema specifico della controversia, in cui l’amministrazione finanziaria ha effettuato un accesso mirato all’acquisizione di documentazione, il Collegio di legittimità ha preso atto della correttezza dell’operato dell’organo verificatore che, al termine dell’attività, ha redatto il processo verbale contente le attività compiute e l’indicazione dei documenti prelevati.
In questa occasione la Corte ha ribadito che, in caso di accesso mirato, non è necessaria l’adozione di un ulteriore verbale di contestazione delle violazioni successivamente riscontrate, come nel caso di ispezione o verifica, e che dal rilascio della copia del processo verbale decorre il termine dilatorio di cui all’articolo 12, comma 7 della legge 212/2000, trascorso il quale può essere emanato l’avviso di accertamento (cfr Cassazione. nn. 18624/2020, 12094/2019,  3060/2018 e 7843/2015).
Alla luce di tali chiarimenti consegue l’erroneo convincimento del contribuente, secondo cui il verbale attestante le risultanze della richiesta di documentazione da parte dei funzionari verificatori, nel caso di specie non prodotta, fosse da considerare l’atto di apertura di una verifica fiscale. Diversamente, l’accesso breve o istantaneo, mirato all’acquisizione di documentazione contabile, è attività diversa dall’ispezione o verifica con la conseguenza che, nel primo caso, è d’obbligo un mero processo verbale, contenente anche solo la documentazione acquisita (o non esibita), mentre nel secondo è necessaria la consegna di un processo verbale di chiusura delle operazioni, in cui sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti.

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