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Giurisprudenza

Accesso al patteggiamento
anche se non è estinto il debito

Se il reo pagasse il dovuto, entro l’apertura del dibattimento, non sarebbe più punibile per omesso versamento o infedele presentazione della dichiarazione e il patteggiamento non avrebbe più senso

immagine con due mani che sistanno per stringere

Sia per i delitti di infedele e di omessa presentazione che di mancato versamento delle imposte, l’estinzione dei debiti tributari prima dell'apertura del dibattimento, in quanto causa di non punibilità del reato, non può costituire presupposto di legittimità del patteggiamento. Ne consegue che è possibile accedere al rito premiale alternativo per tutti questi reati anche senza aver estinto il debito tributario.
Questo il principale chiarimento fornito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 48029 del 26 novembre 2019.

Il caso
La controversia ruota attorno alla decisione con cui il tribunale ordinario ha patteggiato la pena per i reati di omessa presentazione della dichiarazione ai fini Iva e di mancato versamento delle somme dovute per effetto di indebite compensazioni ai danni di un imputato quale legale rappresentante di una società.
Il procuratore ha impugnato la sentenza richiedendone l’annullamento, perché il tribunale non avrebbe potuto patteggiare la pena, “non ricorrendo il presupposto di cui all’art. 13-bis, co. 2 del D.Lgs. 74/2000, stante la mancata verifica dell’integrale pagamento del debito tributario.

Il patteggiamento nei reati tributari
Con la sentenza in commento la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del procuratore perché la previsione di cui al comma 2 del richiamato articolo 13-bis, secondo cui l’applicazione della pena su richiesta è subordinata al pagamento integrale del debito tributario, non sarebbe applicabile a tutti i reati penal-tributari.

Il rito premiale dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come “patteggiamento”, per i delitti di cui al Dlgs. 74/2000 è contenuto nel comma 2 dell’articolo 13-bis (in cui sono confluite le disposizioni contenute nel previgente comma 2-bis dell’articolo 13).
Fuori dai casi di non punibilità”, l’applicazione può essere richiesta dalle parti solo quando l’imputato abbia estinto l’intero debito tributario, mediante pagamento degli importi dovuti prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, “fatte salve le ipotesi di cui all’art. 13, commi 1 e 2.
La norma fa salva l’applicazione delle ipotesi previse dall’articolo 13 di cui:

  • al comma 1, secondo cui reati di omesso versamento di ritenute dovute o certificate (articolo 10-bis), di omesso versamento di Iva (10-ter) e di indebita compensazione (10-quater, comma 1), “non sono punibili” se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti
  • al comma 2, per cui i reati di infedele dichiarazione (articolo 4) e di omessa dichiarazione (articolo 5) “non sono punibili” se i debiti tributari sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, a condizione che l'autore del reato non abbia avuto formale conoscenza dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

La decisione
Con la sentenza in commento la Corte di cassazione ha richiamato un principio di legittimità contenuto nella precedente pronuncia n. 38684 del 2018 che, seppur affermato in una fattispecie di omesso versamento dell’Iva, sarebbe applicabile a tutti i reati dichiarativi e di omesso versamento. Ciò quand’anche le due fattispecie siano oggettivamente diverse in quanto la prima categoria presupponga, oltre al pagamento delle imposte dovute, un onere ulteriore consistente nella presentazione di una dichiarazione integrativa o della dichiarazione originariamente omessa.

A parere della suprema Corte il pagamento integrale del debito tributario, da effettuarsi prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, rappresenta in “via radicale e pregiudiziale causa di non punibilità” non solo dei reati di omesso versamento di cui al comma 1 dell’articolo 13 ma anche dei delitti di cui agli articoli 4 e 5, richiamati al successivo comma 2.
Il medesimo pagamento del debito tributario – in quanto causa di non punibilità – non può logicamente fungere, allo stesso tempo e per le medesime ipotesi, “anche da presupposto di legittimità di applicazione della pena che, fisiologicamente, non potrebbe certo riguardare reati non punibili.

Questi, quindi, gli scenari possibili:

  • se l’imputato provvede al pagamento del quantum dovuto, sulla base della dichiarazione originariamente omessa o della dichiarazione integrativa, entro l’apertura del dibattimento, sempreché non abbia avuto formale conoscenza dell’avvio di un procedimento amministrativo, accertativo o penale a proprio carico, il giudice emetterà sentenza di assoluzione per non punibilità di uno dei reati di cui agli articoli 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater
  • se l’imputato non provvede al pagamento del debito resta impregiudicata la possibilità di ottenere l’applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 cpp per i medesimi reati.

In sostanza i giudici, ai fini del patteggiamento, non fanno alcuna distinzione tra le fattispecie suindicate. Infatti se il reo pagasse tutto il dovuto, entro l’apertura del dibattimento, non sarebbe più punibile per la commissione del reato e il patteggiamento non avrebbe più senso.

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