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Giurisprudenza

Accertamenti bancari: l'ufficio non è obbligato a instaurare il preventivo contraddittorio

Due recenti sentenze confermano l'orientamento: per l'Amministrazione si tratta di una facoltà

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La legittimità dell'utilizzazione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, dei movimenti risultanti dai conti correnti bancari ai fini fiscali non è condizionata dalla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente fin dalla fase dell'accertamento, atteso che, in base all'articolo 32 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, questo rappresenta una mera facoltà per l'Amministrazione tributaria e non già un obbligo.
E' legittima, dunque, l'imputazione dei versamenti operati sui conti correnti bancari a ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività d'impresa. Non solo, ma trattandosi di presunzione legale, questa non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'articolo 2729 del codice civile per le presunzioni semplici e incombe sul contribuente l'onere di fornire, in sede amministrativa e contenziosa, la prova contraria in ordine all'estraneità degli stessi alla produzione del reddito.

Con tali motivazioni, contenute nella sentenza n. 13808 del 27 giugno 2005, la Suprema corte ha rigettato il ricorso per la cassazione della sentenza d'appello n. 97/02/98, depositata il 18 aprile 1998 dalla Commissione tributaria regionale della Liguria, con la quale i giudici di seconde cure, ritenendo legittimo il recupero a tassazione effettuato dall'ufficio finanziario, avevano respinto l'impugnazione del contribuente e accolto l'appello incidentale dello stesso ufficio.

Il contribuente si doleva in particolare della "violazione ed errata applicazione dell'articolo 32, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 600/1973" nonché dell'illegittimità dell'inversione dell'onere della prova in assenza dei presupposti di legge.
Adduceva in proposito che "il principio dell'inversione dell'onere della prova si applica solo nel caso in cui il contribuente non giustifica in alcun modo che le operazioni desunte dall'esame dei propri conti bancari non hanno rilevanza ai fini della determinazione del reddito e si concretizza solo quando si instaura un effettivo e necessario contraddittorio nella fase istruttoria, contraddittorio o confronto che deve essere analitico, cioè deve sostanziarsi su ogni singola voce rilevata dai conti bancari, con domande specifiche e specifiche risposte"; nel caso in questione, i militari verbalizzanti avrebbero richiesto, invece, di giustificare tutti i movimenti in entrata e in uscita con "domanda generica", senza concedere "il tempo necessario per condurre un'adeguata ed esauriente indagine presso gli Istituti di credito". Sosteneva, quindi, il ricorrente, di non aver avuto la "materiale possibilità" di fornire risposte adeguate.

Per i giudici della Suprema corte le doglianze non sono fondate.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità(1), infatti, la fonte legale delle presunzioni rende utilizzabili de plano dall'Amministrazione finanziaria i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari, anche se il carattere relativo di esse ammette la prova contraria da parte del contribuente che può dimostrare di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile, ovvero che gli stessi sono estranei alla produzione del reddito.
Su tale osservazione, che discende dalla lettera della legge, non incide neanche il rilievo secondo cui l'utilizzazione dei dati ed elementi risultanti dai conti bancari viene inquadrata in un procedimento amministrativo nel contraddittorio con il contribuente; "si è in presenza, infatti, di una norma d'azione la cui inosservanza, senza poter alterare l'operatività della presunzione, comporterà soltanto una diseconomia di procedure, col rinviare ad un momento successivo le eventuali osservazioni e giustificazioni da parte del contribuente(2)".

Come è noto, in materia di rettifiche e accertamenti fondati sui dati bancari, il riferimento normativo è rappresentato, ai fini delle imposte sui redditi, dall'articolo 32 del Dpr n. 600 del 1973. Nella formulazione in vigore ratione temporis, il citato articolo 32, al primo comma, n. 2), stabiliva espressamente che, per l'adempimento dei loro compiti, gli uffici "possono: (...) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentati per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti, anche relativamente alle operazioni annotate nei conti, la cui copia sia stata acquisita a norma del n. 7), o rilevate a norma dell'articolo 33, secondo e terzo comma. I singoli dati ed elementi risultanti dai conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi alla base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario, i prelevamenti annotati negli stessi conti e non risultanti dalle scritture contabili (...)".

Analogamente, per quanto riguarda l'Iva, l'articolo 51, comma 2, n. 2), del Dpr n. 633 del 1972, prevedeva per gli uffici la possibilità di "invitare i soggetti che esercitano imprese, arti e professioni, indicandone il motivo, a comparire di persona o a mezzo di rappresentati (...) per fornire dati, notizie e chiarimenti rilevanti ai fini degli accertamenti nei loro confronti anche relativamente alle operazioni annotate nei conti (...). I singoli dati ed elementi risultanti dai conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 54 e 55 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili (...)".

Al riguardo, si evidenzia che, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, l'utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito non è subordinata neanche alla prova che il contribuente eserciti l'attività d'impresa, arte o professione.
Infatti, se non viene contestata la legittimità dell'acquisizione dei dati risultanti dai conti bancari, i medesimi dati possono essere utilizzati ai fini Iva sia per dimostrare l'esistenza di un'eventuale attività occulta, sia per quantificare la relativa base imponibile, essendo onere del contribuente dimostrare che le movimentazioni bancarie non giustificate non sono fiscalmente rilevanti(3).

La ricostruzione della qualifica del contribuente non costituisce, invero, necessariamente un prius rispetto alla quantificazione della materia imponibile. Tanto più che, per espressa previsione normativa, l'onere di provare che gli elementi acquisiti non si riferiscono a operazioni imponibili grava sul contribuente stesso, per cui tali dati ed elementi possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti dall'Amministrazione finanziaria inaudita altera parte.
Conformandosi a tale consolidato indirizzo, la Suprema corte ha ribadito, quindi, che il rinvenimento da parte dell'ufficio finanziario di singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari e non transitati dalle scritture contabili costituisce il presupposto di una presunzione legale relativa a favore del fisco, utilizzabile ai fini della ricostruzione della base imponibile e la cui configurabilità non è subordinata neanche al contraddittorio con il contribuente.

Peraltro, nella recente sentenza n. 3115 del 13 febbraio 2006, la Cassazione ha precisato che questo indirizzo interpretativo trova adeguato sostegno in tutte quelle forme di contraddittorio posticipato (purché possibile e garantito), come, ad esempio, le ingiunzioni fiscali e i decreti ingiuntivi. Queste forme di accertamento dei diritti inaudita altera parte sono, infatti, pacificamente ammesse nel nostro ordinamento, in quanto consentono comunque al destinatario di agire in sede contenziosa per contestarne presupposti e legittimità. In proposito, la stessa Corte costituzionale (ordinanza n. 37 del 19 gennaio 1988 e sentenza n. 125 del 6 luglio 1972) ha ritenuto tali forme di accertamento compatibili con la garanzia del diritto di difesa, non essendo in tali casi il contraddittorio precluso, ma soltanto eventuale e differito. Pertanto, in conformità con la ratio sottesa alle predette pronunce della Consulta, si deve ritenere parimenti ammissibile il contraddittorio differito relativo all'accertamento tributario fondato sui dati risultanti dai conti bancari.

Del pari lineare e ineccepibile è il principio affermato dalla Corte di cassazione nella citata sentenza n. 13808 del 27 giugno 2005 in ordine alla pretesa mancata considerazione, da parte della Commissione tributaria regionale della Liguria, delle "giustificazioni documentali" che il contribuente asseriva di aver fornito. Per i giudici, sono del tutto inammissibili, per mancata indicazione nonché per omessa riproduzione del contenuto degli specifici documenti che si assumono non esaminati dal giudice a quo, per cui risulta impossibile rilevare la decisività degli stessi.

Costituisce, infatti, ius receptum, per un insegnamento datato e ormai consolidato, che l'omesso esame dei documenti non dà luogo a un "error in procedendo" del giudice, ma si risolve in un vizio di motivazione, censurabile in cassazione solo se concernente un punto decisivo della controversia, ossia se l'esame del documento avrebbe determinato una decisione diversa da quella adottata(4).
Inoltre, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, chi denuncia, in sede di legittimità, la mancata o erronea valutazione delle risultanze probatorie (da parte del giudice di merito), ha l'onere - che il ricorrente in questo caso non ha osservato - di riprodurre nel ricorso il tenore esatto del documento il cui omesso esame è censurato, nonché di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse, al fine di consentire al giudice di procedere alla valutazione della decisività dei mezzi istruttori della cui mancata considerazione ci si duole.

Da ultimo, per completezza di trattazione, sempre in tema di utilizzabilità ai fini fiscali dei dati risultanti dai conti bancari, si segnala il diverso orientamento di una parte della giurisprudenza di merito, che si è pronunciata in favore dell'obbligatorietà del preventivo contraddittorio con il contribuente. In tal senso si è espressa, ad esempio, la Commissione tributaria regionale del Piemonte (sezione XXXIII, sentenza n. 8 del 14 luglio 2004), che ha censurato l'operato dell'ufficio Iva procedente che "senza chiedere dati, notizie e chiarimenti rilevanti ai fini degli accertamenti e così consentire al contribuente di dimostrare che delle somme contenute negli estratti conto ne ha tenuto conto nella dichiarazione o che le stesse non si riferiscono ad operazioni imponibili, (...) ha semplicemente sommato tutti gli importi evidenziati negli estratti conto bancari (...) in entrata ed in uscita" e li ha considerati reddito imponibile. Ne è conseguito l'accoglimento dell'appello del contribuente e la declaratoria di nullità degli avvisi di accertamento impugnati, "essendo gli stessi stati emessi in violazione di legge ed essendo inoltre manifestamente infondati".

Il filone interpretativo generato da queste pronunce di merito si discosta però dall'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, che si è finora pronunciata a favore delle argomentazioni addotte dall'Amministrazione finanziaria.

NOTE
1. Cfr. Cassazione, sezione tributaria, 13 maggio 2003, n. 7329; 13 giugno 2002, n. 8422; 17 maggio 2002, n. 7267; 29 marzo 2002, n. 4601; 26 febbraio 2002, n. 2814; 5 luglio 2001, n. 9103; 10 gennaio 2001, n. 267; 27 ottobre 2000, n. 14191; 1 agosto 2000, n. 10060; 28 luglio 2000, n. 9946; sezione I, 6 ottobre 1999, n. 11094.

2. Cfr Cassazione, sezione tributaria, 5 luglio 2001, n. 9103.

3. Cfr. in tal senso, Cassazione, sezione tributaria, sentenze n. 1569 del 3 febbraio 2001 e n. 2435 del 19 febbraio 2001.

4. Cfr. Cassazione, sezione lavoro, 5 agosto 2003, n. 11809; sezione III, 26 febbraio 2003, n. 2869; sezione I, 28 novembre 2001, n. 15113; sezione III, 20 marzo 2001, n. 4009; sezione lavoro, 12 novembre 1999, n. 12580; sezione III, 25 marzo 1999, n. 2819.

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