Belgio, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna hanno ricevuto da parte della Commissione europea una richiesta formale al fine di modificare la loro legislazione fiscale riguardante i pagamenti di dividendi destinati a società estere. L’accusa è di tassare i dividendi in uscita (pagati dalle società nazionali alle società di altri Stati) più pesantemente rispetto ai dividendi interni (pagati da società nazionali ad altre società nazionali), violando sia il trattato Ce che l’accordo sullo Spazio economico europeo. In pratica, a detta della Commissione europea, i sei Stati tassano i dividendi interni in maniera molto modesta, mentre i dividendi in uscita subiscono una ritenuta alla fonte che può variare dal 5 al 25 per cento. Viene così infranta, secondo il commissario competente per la fiscalità e l’unione doganale, László Kovács, "una regola fondamentale del mercato interno", vale a dire che "gli Stati membri non possono tassare le società di altri Stati membri in modo più gravoso delle loro società nazionali". L'articolo 56 del Trattato CE vieta infatti agli Stati membri di concedere un trattamento più favorevole agli investimenti degli azionisti nazionali rispetto a quelli degli azionisti stranieri anche perché una tassazione dei dividendi in uscita superiore a quella dei dividendi interni costituirebbe una restrizione alla libera circolazione dei capitali. L’analisi giuridica della Commissione si basa sulla sua Comunicazione relativa alla Tassazione dei dividendi delle persone fisiche nel mercato interno inviata al Consiglio e al Parlamento e al Comitato economico e sociale il 19 dicembre 2003. In base all’articolo 226 del Trattato CE, dopo aver inviato il "parere motivato" e aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni, se lo Stato in causa non risponde in modo soddisfacente a tale parere entro due mesi, la Commissione può deferire la questione alla Corte di Giustizia.
Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)
