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Dal mondo

UK, dal contrasto all’elusione
recuperati 5 miliardi di sterline

L’extra gettito è dovuto alle regole varate nel 2015 per frenare la distrazione degli utili delle multinazionali

tasse nel regno unito

Criticata, giudicata uno strumento dannoso per il fare-impresa, o peggio, inapplicabile perché estremamente complessa ed elaborata nei calcoli e quindi fuori dalle funzionalità dell’Amministrazione finanziaria britannica. E tuttavia, in tre anni, a partire dall’effettiva entrata in vigore, e a due dal suo utilizzo a regime, superata la fase di transizione, la Diverted Profits Tax  (DPT) ha di fatto rivoluzionato il tradizionale approccio inglese nei confronti dei fenomeni e dei meccanismi elusivi, in particolare con riguardo agli accordi infra-gruppo intenzionalmente finalizzati, spesso da grandi società transnazionali, al solo scopo di spostare e/o reindirizzare i loro profitti all'estero, solitamente in giurisdizioni a bassa o zero tassazione, così da evitare di pagare le imposte correttamente dovute nel Regno Unito.

Cos’è e come funziona la DPT britannica
Si tratta di una specifica misura fiscale che ambisce a bilanciare il rapporto tra le Amministrazioni finanziarie ed i gruppi di multinazionali. Come? Introducendo norme anti-abuso per prevenire l’erosione della base imponibile da parte dei grandi gruppi societari e prevedendo l’applicazione di un’imposta al 25% rispetto al 19% standard nel caso in cui emerga la presenza di profitti distratti dall’imposizione britannica. La norma offre un mix di mediazione e di transazione tra Fisco e grandi contribuenti. In sostanza, si tratta di un'imposta che ha l'obiettivo di associarsi all'imposta societaria per colpire i profitti diverted, cioè dirottati e/o reindirizzati dalle multinazionali dalla Gran Bretagna in Paesi a più bassa tassazione. Le ipotesi che possono attivare la DPT sono due: la prima è quella in cui una società non residente effettui vendite o, comunque, operazioni rilevanti nel Regno Unito senza la creazione di una stabile organizzazione. La seconda riguarda le multinazionali britanniche che, abusando delle regole sui prezzi di trasferimento, riducono la quota di profitti nazionali su cui applicare l’imposta ordinaria dovuta.

La DPT a due vie e il ruolo centrale delle Entrate nel determinare l’entità della violazione
Come già detto, due sono i canali tramite i quali la DPT trova applicazione. La prima, ad esempio, è quella in cui una società attiva nel settore digitale e non residente nel Regno Unito compia operazioni rilevanti sul territorio dello Stato “eludendo” la creazione di una stabile organizzazione. La legge britannica rimette, in tali casi, all’Amministrazione finanziaria il potere di verificare se effettivamente abbiano avuto luogo nel Regno Unito attività economiche correlate alla fornitura di beni e servizi a clienti residenti, ma strutturate in modo tale da non dar luogo a una stabile organizzazione cosicché, anche grazie ad accordi e contratti con imprese locali, l’entità estera risulti utilizzare una sorta di stabile organizzazione di fatto “occulta”. In via generale, la norma dovrebbe applicarsi alle società non residenti che realizzano forniture di beni e servizi a favore di utilizzatori residenti, in tutte le ipotesi in cui sia ragionevole e giusto assumere che la loro attività economica è diretta a evitare l’applicazione delle norme sui redditi prodotti mediante stabile organizzazione.
La seconda ipotesi, invece, è quella in cui una società residente gode di un vantaggio fiscale utilizzando accordi o soggetti terzi privi di sostanza economica, in particolare riguardo la violazione delle regole sui prezzi di trasferimento. In entrambi i casi, il Fisco britannico si avvale d’un algoritmo ad hoc grazie al quale individua delle soglie di rischio. Una volta superati tali indici, le aziende automaticamente entrano in un sistema di monitoraggio, il che implica la possibilità di avvio di uno specifico controllo. In particolare, gli atti di accertamento sono preceduti da un invito preliminare con cui l’Ufficio indica le ragioni per cui ritiene che debba applicarsi il tributo del 25% su di una quota di profitti - individuati applicando un sistema statistico-induttivo molto simile a quello degli studi di settore italiani - e chiede all’impresa di fornire chiarimenti entro un congruo lasso di tempo. Scaduto il termine, l’Ufficio può disporre l’archiviazione del caso o emettere un accertamento definitivo, accompagnato da una motivazione adeguata. Con l’accertamento scatta l’aliquota penalizzante del 25%, naturalmente da applicare ai soli profitti che l’Ufficio ha ritenuto sottratti a tassazione nello Stato tramite gli atti di elusione. Peraltro, da tempo è anche attiva una piattaforma online che consente in via anticipata alle grandi aziende potenzialmente oggetto di monitoraggio e controllo di iscriversi e di inviare da subito chiarimenti e motivazioni a sostegno dei rispettivi piani aziendali, in modo da cercare in via rapida un accordo o un via libera dal Fisco senza dover “inciampare” nelle procedure d’accertamento.

I numeri che la DTP porta in dote 
Le cifre mostrano che dalla sua introduzione nel 2015, la DTP ha garantito un gettito totale di 5 miliardi di sterline, ripartito nel modo seguente: definizione di oltre 60 indagini per un'imposta sulle società aggiuntiva di oltre 2,2 miliardi di sterline; pagamento dell’l'Iva, quasi 2 miliardi di sterline, da parte di quelle imprese che hanno accettato di ristrutturare e/o ridefinire le loro attività a seguito delle indagini condotte secondo le regole della DPT; riscossione di 369 milioni di sterline da avvisi di addebito DPT, emessi quando l’HMRC, l’Amministrazione fiscale britannica, ha ritenuto che le aziende non stessero pagando la tassa in modo e nell’entità corretti. Inoltre, a tali numeri si devono aggiungere quelli relativi al 2019-2020, per i quali il Fisco britannico ha assicurato altri 480 milioni di sterline attraverso da indagini DPT, portando quindi il totale complessivo a 5 miliardi di sterline. Peraltro, le Entrate britanniche stanno attualmente conducendo circa 100 indagini. In ballo vi sarebbero ulteriori 2,9 miliardi di sterline da recuperare ma a partire dal 2020-2021. Comunque, il risultato più evidente è nel numero crescente di società che hanno avviato profonde ristrutturazioni aziendali che, come effetto diretto, comporteranno un aumento dell'Iva fatturata attraverso le società che operano nel Regno Unito di circa 1,8 miliardi di sterline. E questo oltre alle maggiori imposte sugli utili.

Le società interessate
Sono 2mila le aziende più grandi e complesse del Regno Unito, responsabili di circa il 40% delle entrate fiscali del Paese, all’incirca 250 miliardi di sterline. Ed è a questa popolazione giuridica e ai loro bilanci che la DTP guarda con sempre maggiore interesse.

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