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Dal mondo

Progetto BEPS: quindici elementi
per un piano Ocse ben orchestrato

Acronimo di Base Erosion and Profit Shifting, è un progetto per il contrasto all’evasione fiscale internazionale

orchestra sinfonica della rai
L’Ocse, in occasione dell'incontro del G20, svoltosi a Mosca il 19 e il 20 luglio, ha presentato il report Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting (meglio noto con l’acronimo inglese BEPS).
Un ambizioso progetto di contrasto all’evasione fiscale internazionale che, stando al timing presentato nel report, dovrebbe vedere gran parte della sua implementazione entro i prossimi diciotto-ventiquattro mesi.
 
Un approccio condiviso a livello internazionale
Si tratta di un piano d'azione, di origine politica, condiviso dai più importanti Paesi a livello mondiale (è il caso di Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Francia e Italia), reso necessario dalla consapevolezza che l'erosione della base fiscale e lo spostamento dei profitti, trovano la loro linfa vitale nelle asimmetrie impositive dei vari sistemi tributari, generando quei fenomeni di doppia non imposizione in relazione ai quali l’architettura della fiscalità internazionale non sembra, allo stato attuale, in grado di contrastare. Lo stesso segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, durante l’incontro del G20 a Mosca, ha dichiarato: “This  Action Plan, which we will roll out over the coming two years, marks a turning point in the history of international tax co-operation. It will allow countries to draw up the co-ordinated, comprehensive and transparent standards they need to prevent BEPS”.
 
Il contrasto all’evasione fiscale internazionale
Il piano di azione internazionale, coordinato e condiviso dai Paesi Ocse e non-Ocse (la dichiarazione del progetto BEPS, presentata, il 30 maggio 2013 alla riunione del Consiglio Ministeriale dell’Ocse, ha visto la partecipazione di 40 Paesi tra membri e partner) è  finalizzato al contrasto dell’evasione fiscale internazionale, attuata nella maggioranza dei casi da grandi multinazionali che, sfruttando lacune ed asimmetrie normative, riescono ad eludere quasi totalmente i vari sistemi fiscali spostando profitti in Paesi a bassa fiscalità o in veri e propri paradisi fiscali.  In relazione alla natura politica del progetto, giova osservare che lo stesso ha mosso i propri passi anche in relazione alla necessità di sostenere un modello sociale equo, soprattutto con riguardo ai Paesi in via di sviluppo e alle economie in via di transizione,  danneggiati  da consistenti perdite di gettito fiscale, a causa delle sofisticate operazioni di ingegneria tributaria attuate da società che trovano difficile contrasto nelle limitate risorse delle Amministrazioni fiscali locali. Tutto ciò genera evidenti limiti per una crescita economica sostenibile.
 
La filosofia ispiratrice del piano
L’Action Plan, pubblicato in data 19 luglio (che fa seguito ad un primo Report ricognitivo della tematica “Addressing Base Erosion and Profit Shifting”, pubblicato il 12 febbraio 2013), muove dalla premessa secondo cui alcuni criteri di tassazione internazionale  presentino delle lacune per ciò che concerne un corretto prelievo tributario nei confronti delle multinazionali. A titolo esemplificativo, si evidenzia come la definizione di “stabile organizzazione” sia divenuta inadeguata nel garantire un adeguato criterio di collegamento con il territorio della casa madre in ragione dei sofisticati modelli di business adottati da determinati gruppi multinazionali (ad esempio, quelli operanti nel settore del commercio elettronico), che determinano una “disconnessione” tra attività generatrici di reddito e giurisdizioni nelle quali si localizzano gli utili così prodotti.  Ancora, in relazione alla disciplina dei prezzi di trasferimento, il principio del c.d separate entity approach può, a volte, ritenersi inefficace nel contrastare fenomeni di arbitraggi fiscali che danno luogo a doppia non imposizione.
 
Le modifiche alle convenzioni internazionali       
A tale proposito, è pacifico che uno degli elementi cardine di BEPS si concretizzerà nell’apportare modifiche alle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni. Invero queste ultime, nate per evitare la doppia imposizione generatasi dalla interazione di due o più ordinamenti, vengono sempre più spesso utilizzate, attraverso operazioni triangolari, per realizzare effetti di totale doppia non imposizione.
Muovendo da tali considerazioni, il piano di azione prevede una serie di interventi per riallineare i principi della tassazione internazionale all'attuale contesto globale e ai nuovi modelli organizzativi delle imprese multinazionali, così da “riconnettere” i diritti impositivi alla reale attività economica.
 
Il piano d’azione in dettaglio
L’action plan individua 15 azioni (actions), oggetto di implementazione, indicando i termini e le metodologie per la loro implementazione nonché le risorse da mettere in campo.
Analizzando il Piano di Azione in maggiore dettaglio, la prima azione evidenzia la necessità di individuare una corretta disciplina fiscale per l’economia digitale, caratterizzata da una crescente dicotomia tra luogo in cui avviene la vendita di beni e servizi e luogo della tassazione del correlato reddito. Infatti, laddove una società ritrae utili da operazioni poste in essere online, svolte il più delle volte con clienti localizzati in un Stato diverso da quello della residenza fiscale della stessa, allo stato attuale si verifica una inadeguata allocazione dei diritti impositivi sui profitti d'impresa, per via della mancanza di regole che riconducano tale diritto alla giurisdizione in cui si esercita l’attività (Action 1).
 
Entità e strumenti ibridi
La Action n° 2 evidenzia la necessità introdurre apposite disposizioni nei trattati (e.g. tie-breaker rules) e raccomandazioni volte a neutralizzare gli effetti (e.g. doppia deduzione, doppia non tassazione, differimento a lungo termine della tassazione) derivanti dall’utilizzo di strumenti ed entità ibride (già oggetto di un precedente rapporto “Hybrid mismatch Arrangements: Tax Policy and Compliance Issues” pubblicato dall’Ocse il 5 marzo 2012) per assicurare che questi ultimi non siano piegati a operazioni di mero arbitraggio fiscale.
 
Le disciplina CFC e le transazioni finanziarie infragruppo
A livello di controllate estere, viene previsto un rafforzamento della disciplina CFC (Action 3); inoltre si prevede l’identificazione di best practices che supportino l’elaborazione di regole volte a contrastare l’erosione della base imponibile che deriva da transazioni finanziarie infragruppo così da limitare l’eccessiva deducibilità di componenti negativi di reddito, laddove essa si presti a generare scenari di totale abbattimento fiscale (Action 4).
 
Lo scambio delle informazioni
Si favorisce poi tutta una serie di azioni volte a prevenire pratiche fiscali dannose incrementando la trasparenza e facendo emergere la sostanza delle operazioni che effettivamente si intendono realizzare, anche attraverso l’incentivazione di scambi di informazioni, con un approccio “olistico”, tra le varie Amministrazioni fiscali, in merito a ruling che concedono regimi preferenziali (Action 5). 
 
Le convenzioni e le clausole antiabuso
In ambito di convenzioni contro le doppie imposizioni, lo scopo è di evitare l’abuso dei trattati rafforzando, appunto, le clausole antiabuso, con l’obiettivo di prevenire la concessione  di benefici  convenzionali in circostanze inappropriate (Action 6).
 
Le stabili organizzazioni
Per ciò che concerne le stabili organizzazioni, l’azione n° 7 insiste sulla necessità di addivenire a una nuova definizione delle stesse, che risponda in modo più confacente allo scenario dell’economia globale, specie per prevenire artificiosi occultamenti di stabili organizzazioni (ad esempio, tramite i cosiddetti  “commissionaire arrangements”).
 
Transfer pricing, allocazione dei profitti e intangible
Di particolare interesse sono i piani di azione dedicati alla revisione della disciplina sui prezzi di trasferimento (transfer pricing). L'Ocse evidenzia la tendenza, nell’ambito delle multinazionali, all’allocazione dei profitti, a fini meramente fiscali, in Paesi diversi da quelli in cui ha effettivamente luogo l’attività economica, attraverso una inappropriata allocazione di rischi, intangible e capitali. Emerge quindi la necessità di adottare più chiare definizioni di questi ultimi nonchè di valorizzarli adeguatamente in maniera tale da consentire un’equa allocazione dei profitti, coerente con la creazione del valore (Actions 8, 9, 10). A tal proposito rileva evidenziare come la disciplina del transfer pricing, applicata con riferimento agli intangible, sia oggetto di particolare attenzione da parte dell’Ocse che, il 30 luglio 2013,  ha pubblicato il “Revised discussion draft on transfer pricing aspects on intangible”.
 
Transfer pricing e documentazione
Sempre in tema di disciplina dei prezzi di trasferimento, una specifica azione è dedicata al riesame della documentazione del transfer pricing. Richiedendo ai contribuenti di relazionare sulla pianificazione fiscale, di documentare le proprie regole sui prezzi di trasferimento nonché di indicare le imposte pagate nei vari Stati, i governi potranno identificare le aree a rischio elusione e focalizzare le proprie strategie di controllo (Action 13). La pubblicazione, in seno all’Ocse, “White Paper on Transfer Pricing Documentation”, del 30 luglio 2013, si muove in tale direzione.
 
Il ruolo delle Amministrazioni finanziarie
L’azione n° 12 è finalizzata a strutturare la condivisione, tra le varie Amministrazioni finanziarie, degli schemi di pianificazione fiscale aggressiva riscontrati. Il piano, mira inoltre a incentivare la trasparenza dei contribuenti che intendono attuare schemi di pianificazione fiscale attraverso specifiche disclosure rules.
 
Le nuove modalità di risoluzione delle controversie
Sempre in ottica di tax compliance, l’obiettivo è quello di agevolare le procedure di risoluzione dei conflitti attraverso lo sviluppo di innovative modalità di risoluzione delle controversie (Action 14)
 
Gli strumenti multilaterali
Infine, per assicurare che le azioni siano prontamente attuate, saranno definiti strumenti multilaterali prevedendo la possibilità, per i paesi interessati, di modificare gli accordi bilaterali in modo da adeguarsi al rapido evolversi dell’economia globale (Action 15).
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