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Ogni anno i lavoratori spagnoli prigionieri del fisco fino al 21 giugno

Lo afferma uno studio dell'associazione degli imprenditori iberici, analizzando la proposta di riforma fiscale del governo Aznar

Un lavoratore spagnolo "tipo" lavora gratis per lo Stato fino al 21 giugno e se guadagna 30mila euro l'anno, il tempo in cui lavora "gratis" si allunga fino al 7 agosto. A partire però da questa soglia di reddito, la situazione migliora sensibilmente. Soltanto dopo tale data, i lavoratori spagnoli possono festeggiare il "tax freedom day". Ad affermarlo è l'associazione degli imprenditori spagnoli, in un documento che analizza la riforma dell'Irpf proposta dal governo Aznar.
La relazione presentata recentemente dal presidente del Comitato di Politica Economica, Fernando Eguidazu, insieme con il presidente dell'associazione, Manuel Azpilicueta, contiene uno studio sul "gap fiscale", la differenza cioè tra quanto un lavoratore costa all'impresa e ciò che realmente il dipendente stesso percepisce. Secondo lo studio, l'Irpf e i contributi per la previdenza sociale assorbono il 47 per cento del salario di un lavoratore.

L'associazione degli imprenditori sostiene nella relazione che le misure contenute nel progetto di legge sulla seconda riforma dell'Irpf sono da considerarsi insufficienti e, sottolinea, avranno un impatto molto debole sull'economia spagnola. Pertanto, affermano gli imprenditori, l'appellativo corretto per la nuova legge sarebbe di "ritocco fiscale" e non di "riforma", e chiedono una riduzione dell'aliquota massima dell'Irpf in modo che si situi intorno al 35 per cento, livello attuale dell'Imposta sulle società. Inoltre, auspicano l'abolizione dell'imposta sul patrimonio o, in alternativa, l'introduzione di un'imposta congiunta comprensiva delle due imposte, con un'aliquota massima pari al 40 per cento della base tassabile dell'Irpf.

Nella relazione, vengono invece giudicate positivamente le misure contenute nel progetto di legge in favore della famiglia, che prevedono un aiuto di 100 euro mensili alle madri con figli minori di tre anni.

Fernando Eguidazu propone che i lavoratori ricevano la totalità del salario, dopodiché saranno loro stessi - e non le imprese - a versare al ministero delle Finanze e alla Previdenza sociale le tasse da pagare. In questo modo, i lavoratori sarebbero "coscienti" di tutto quello che pagano e potrebbero pretenderebbero dalla Pubblica amministrazione una migliore gestione delle risorse.

Nel gennaio del 2000, il Corriere della Sera aveva calcolato che nel 1999 i contribuenti italiani avevano dovuto lavorare per il fisco fino al 24 giugno, prima di festeggiare il "Tax freedom day" e cominciare a lavorare per loro stessi. Il quotidiano aveva preso in considerazione un nucleo familiare (padre, madre, figlio) monoreddito (67 milioni lordi di lire all'anno, circa 34.660 euro) e aveva calcolato che, in una giornata lavorativa di 8 ore, 115 minuti erano dedicati al pagamento dell'Irpef, 40 dei contributi, 18 delle spese dell'auto e 26 delle tasse sulla casa. Dei restanti minuti, 32 servivano per pagare le tasse sui consumi (Iva sui beni acquistati) e 246 erano il guadagno effettivo.
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