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Irlanda, da meno fisco e più servizi a più fisco e minori spese

Nella legge di bilancio varato l’aumento del 2 per cento di Irpef e dello 0,5 di Iva. Nessuna variazione, invece, per l’imposta sui profitti al 12,5

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Più tasse e tagli significativi alla spesa pubblica, ovvero come si cambia. E’ questo infatti il succo contabile della ricetta salva-crisi predisposta dal ministro irlandese delle Finanze, Brian Lenihan, e inserita all’interno della Legge di Bilancio approvata nei giorni scorsi. Apparentemente nulla di nuovo e niente da eccepire all’orizzonte in tema di politiche economiche adottate ordinariamente dai Paesi Ocse, se non fosse che la coppia “più fisco e minori spese” questa volta non inciderà sui bilanci familiari dei lavoratori francesi, tedeschi o inglesi, come da copione, piuttosto ricadrà sulla contabilità domestica e sulle tasche di centinaia di migliaia di contribuenti irlandesi, da almeno un decennio assuefatti al binomio “meno fisco e più servizi”.

Il crepuscolo d’un modello fiscale
Nel dettaglio, il pacchetto contenente le nuove misure fiscali inserite nella legge di bilancio prevede, a partire dal 1° gennaio 2009, un aumento medio dell’1,5 per cento dell’aliquota che si applica sui redditi delle persone fisiche, con una punta massima pari al 2 per cento per i contribuenti che esibiscono redditi superiori ai 100 mila euro. Più modesto l’incremento che riguarda l’Iva, pari allo 0,5 per cento. Allo stesso tempo, l’innalzamento delle aliquote sarà accompagnato dalla riduzione diffusa d’una variegata molteplicità di agevolazioni e deduzioni il cui impatto sarà in prevalenza avvertito dai percettori di redditi medio-bassi. Resteranno invece inalterati, e anzi saranno potenziati, i crediti d’imposta indirizzati in favore delle aziende che investono nei settori dello sviluppo, della ricerca e dell’innovazione.

Più fisco sul mattone
Tra le novità fiscali che attendono i contribuenti irlandesi a partire dal prossimo anno, quella che ha destato maggior stupore riguarda l’introduzione d’una specifica tassa di scopo, pari a 200 euro annui, che graverà sulle abitazioni utilizzate come case-vacanze. Le risorse derivanti dal maggior gettito resteranno, integralmente e in via esclusiva, nelle disponibilità dei Comuni di residenza che provvederanno a indirizzarle sui capitoli destinati al finanziamento dei servizi e alla dotazione di infrastrutture viarie e di trasporto. Resta comunque sullo sfondo il segnale d’una svolta contabile netta per un Paese che, nel corso del decennio passato, ha prima sperimentato la dissennata rincorsa verso l’alto dei prezzi delle case mentre ora, non a caso in corrispondenza con la crisi internazionale della finanza, ne osserva tristemente il rapido declino che ha già condotto alla bancarotta migliaia di famiglie del ceto medio.

Tagli ai portafogli dei ministri
Sul versante della riduzione netta della spesa pubblica, i numeri e le stime attese per il 2009 non lasciavano in realtà alternative. Infatti, mentre i consumi sono in frenata e il Pil in discesa dell’1 per cento, anche le entrate fiscali non farebbero eccezione, mancando all’appello di fine anno, almeno secondo le proiezioni realizzate dai responsabili dell’economia e dai tecnici del fisco di Dublino, all’incirca 3miliardi di euro. Una cifra questa che impensierisce e, anzi, ossessiona il Governo che da settimane è impegnato nell’elaborazione d’un piano il cui obiettivo è di mantenere inalterata almeno l’offerta dei servizi essenziali di cui beneficiano i contribuenti con redditi medio-bassi. E così è stata introdotta, all’ultimo istante, una duplice norma che se da un lato riduce del 10 per cento gli stipendi dei singoli ministri, su di un versante più generale provvede a una riduzione del 3 per cento delle risorse destinate a ciascun ministero, con l’eccezione di Sanità ed Educazione.

Ma i profitti non si toccano
Ciò che non muta, in questa fase densa di modifiche e di cambiamenti, è l’imposta che si applica sui profitti delle imprese. L’aliquota ordinaria infatti, tra le più seducenti per i bilanci delle società tra quelle in vigore nel Vecchio Continente, resterà ferma al 12,5 per cento senza sperimentare inattesi movimenti verso l’alto. Nel contempo, i crediti d’imposta per le aziende che investono non saranno ridotti ma, al contrario, potenziati e consolidati in modo da garantire il permanere dell’Irlanda al vertice delle giurisdizioni più ambite dalle società attive sui mercati internazionali.
 

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