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Gran Bretagna, il regime Cfcè conforme alla normativa Ue

A dichiararlo la Court of Appeal che ha ribaltato la precedente sentenza pronunziata in primo grado dall'High Court

la city di londra

La Court of Appeal della Gran Bretagna lo scorso 22 maggio ha ribaltato la sentenza dell'High Court affermando che il regime Cfc (controlled foreign companies) sia compatibile con il Trattato Ue e non vada, pertanto, disapplicato per le imprese residenti nello Spazio economico europeo (european economic area).

Il caso al centro della controversia
La sentenza prende le mosse dal caso di una nota azienda, operante nel campo della telefonia, che, nel 2000, attraverso una società controllata in Gran Bretagna, ha acquisito la partecipazione totalitaria in una società target per mezzo della propria società di investimento residente in Lussemburgo. Nel 2002, l'HMRC, l'Agenzia britannica delle Entrate, ha rettificato la dichiarazione dei redditi della società telefonica inglese, determinandone un maggior reddito imponibile in considerazione del reddito prodotto dalla controllata lussemburghese.

L'interpretazione favorevole al regime Cfc
Fin dal primo grado di giudizio, presso lo Special Commissioners, la società britannica ha sostenuto l'incompatibilità del regime Cfc con la libertà di stabilimento garantita dall'articolo 43 del Trattato UE. La questione fu decisa a favore del Fisco britannico risultandone, quindi, in prima battuta, una interpretazione favorevole alla compatibilità del regime Cfc con il principio di libertà di stabilimento. La sentenza, però, fu ribaltata nel successivo grado di  giudizio presso la High Court che ritenne inapplicabile il regime CFC, finché non ne fosse intervenuta una modifica legislativa che lo rendesse compatibile con il trattato comunitario. L'Hmrc ha pertanto presentato ricorso avverso la sentenza della High Court presso la Court of Appeal.

La posizione della Court of Appeal
Quest'ultima ha infine messo un punto fermo sulla questione affermando la compatibilità del regime Cfc vigente in Gran Bretagna con il principio Ue della libertà di stabilimento. La Court of Appeal ha difatti ravvisato nella legge domestica una eccezione applicabile alle imprese residenti nello Spazio economico europeo che lì conducano una attività economica effettiva. Si tenga presente che infatti, medio tempore, era intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia europea Cadbury Schweppes plc v Commissioners of Inland Revenue (Case C-196/04). In breve, la sentenza citata interpretava gli articoli 43 e 48 del Trattato Ue come ostativi all'inclusione nella base imponibile di una società residente in uno Stato membro degli utili prodotti dalla impresa estera partecipata in altro Stato membro esclusivamente in conseguenza di un livello di tassazione inferiore in tale altro Stato rispetto al primo. L'applicazione di una misura di questo tipo è legittima, secondo la Corte di Giustizia, soltanto per le costruzioni di puro artificio ed è pertanto da escludere ogni qualvolta esistano elementi oggettivi e verificabili che comprovino l'esistenza della partecipata e l'esercizio di effettiva attività economica

L'esimente aggiuntiva
In particolare, la Court of Appeal ha focalizzato la propria attenzione sulla sezione 748 (rubricata "Limitations on direction-making power") del Income and Corporation Taxes Act del 1988, che contiene le circostanze esimenti al ricorrere delle quali il regime Cfc non risulta applicabile. Ebbene, la sezione è stata interpretata come implicitamente contenente una esimente aggiuntiva in virtù della quale non si ha l'imputazione per trasparenza alla controllante residente dei redditi della società controllata estera se quest'ultima, nel periodo d'imposta considerato, risiede in uno Stato dello Spazio economico europeo purché vi eserciti una attività economica autentica. Nell'opinione dei magistrati, la disapplicazione tout court della normativa Cfc nel caso in esame avrebbe difatti esteso la portata della sentenza Cadbury Schweppes ben oltre i propositi della stessa Corte di Giustizia.
 

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