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Dal mondo

Il Fisco sotto l'ombrellone

L'impatto delle attività turistiche sulle economie nazionali e le finanze pubbliche

La World Tourism Organization e il World Travel and Tourism Council, le due istituzioni di riferimento del settore turistico internazionale, hanno diffuso in questi giorni i dati relativi all'industria mondiale delle vacanze e dei viaggi. Per la prima volta, l'istantanea scattata dai due organismi internazionali prende in considerazione l'impatto economico delle attività turistiche, misurandolo sia a livello mondiale che in riferimento alle singole economie nazionali. La novità assoluta riguarda, infatti, l'uso di uno strumento di calcolo, il Travel and Tourism Satellite Account, che consente di determinare con buona approssimazione l'effetto del turismo sulle principali variabili economiche tra le quali, per esempio, il prodotto interno lordo, il livello di occupazione e le entrate del fisco. Per facilitare la raccolta e il confronto dei dati, i ricercatori del Wttc hanno preferito esprimere i valori in miliardi di dollari.

Turismo: un'industria in salute, nonostante guerre, catastrofi ambientali e shock economici
L'industria del turismo sembra aver superato in maniera piuttosto decisa la crisi del 2001, "annus horribilis" per il movimento internazionale dei viaggi e delle vacanze. Secondo i dati pubblicati in questi giorni, il volume d'affari globale dell'intero settore ha toccato la cifra significativa di 4.200 miliardi di dollari nel 2002, aggiudicandosi quindi una quota fondamentale dell'export internazionale pari al 12 per cento.
* Top five: numero di turisti, per paese, registrati nel 2002.

Circa 200 milioni di persone nel mondo risultano occupate in attività turistiche o a esse comunque collegate; in pratica, un lavoratore su tredici trae il proprio reddito dall'industria che in Occidente è sempre più orientata allo svago, al relax e alla ricerca di mete esotiche, con un occhio alla cultura e all'ambiente. Per il 2003, le due organizzazioni prevedono un ulteriore, anche se modesto, miglioramento rispetto ai dati già positivi del 2002.

Per quanto riguarda le mete preferite, l'Europa mantiene il primato; è, infatti, il 58 per cento dei viaggiatori a eleggerla quale luogo di soggiorno, una quota, peraltro, che continua a diminuire anno dopo anno. Nel 1964, per esempio, i turisti che sceglievano il vecchio continente erano il 70 per cento del totale.

Nel 2002 è stata la Francia il Paese più visitato in assoluto, seguito dalla Spagna, dagli Stati uniti, dall'Italia e dalla sorprendente Cina. A questo riguardo, la crescita della Cina nel panorama turistico internazionale sembra davvero dirompente, e, in qualche modo, Pechino guida la riscossa del Far East. Nonostante la Sars, infatti, per la prima volta i turisti diretti nell'Asia dell'Est e nel Pacifico hanno superato la quota di viaggiatori che invece preferiscono le Americhe.

Insomma, le due organizzazioni internazionali del turismo concordano nel definire in ripresa il settore delle vacanze e dei viaggi. Dopo la convalescenza del 2002, prevedono anzi un incremento già nel 2003 e negli anni seguenti, con l'Asia sempre più in competizione con America ed Europa.

La Cina insidia l'Italia anche nel settore turistico
E' un testa a testa tra Cina e Italia anche per accaparrarsi quote di turisti e viaggiatori, almeno questo ci raccontano i dati della World Tourism Organization. In particolare, è previsto che nel 2020 un turista su quattro sceglierà l'Asia quale luogo di vacanza, e per la Cina si stimano 130 milioni di arrivi all'anno. La tigre cinese dunque graffia e si mostra competitiva anche nel settore turistico, oltre che in quello manifatturiero. In Italia, invece, nei prossimi anni l'industria delle vacanze crescerà mediamente del 3 per cento l'anno. Un trend, quindi, positivo, caratterizzato da incrementi modesti ma continui, tipici dei paesi in cui il settore turistico è già maturo.

Il fisco sotto l'ombrellone
Ma la novità più interessante riguarda il Tsa (Tourism Satellite Account), che consente di verificare l'impatto dell'intera industria turistica sulle principali variabili delle singole economie nazionali. In particolare, per il 2003, il nuovo strumento di ricerca ha calcolato il gettito in miliardi di dollari per ciascun erario nazionale, quanto cioè il turismo produce in termini fiscali. Due sono gli attori oggetto dell'analisi: gli occupati nell'industria turistica, che naturalmente versano all'erario l'imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef), generalmente in forma di trattenute, e le aziende impegnate nel segmento delle vacanze, per le quali il misuratore Tsa considera invece le imposte sui redditi delle imprese (Irpeg). Più difficoltoso risulta il computo delle varie tasse indirette e delle imposte di proprietà, che, comunque, vanno considerate in termini positivi per l'erario nonostante non siano indicate nella tabella.




Non solo arrivi internazionali, per l'erario il turismo è in quasi tutti i paesi soprattutto una risorsa interna
Il fisco si trova bene sotto l'ombrellone, ma potrebbe trattarsi di una baita innevata oppure di un sito antico, soprattutto negli States. Nel 2003, nel caveau federale di Washington finiranno 230 miliardi di dollari tra individual e corporate tax provenienti dal comparto dell'industria turistica. In pratica, si tratta del 10 per cento del gettito complessivo previsto per l'anno in corso. Un dato che conferma le dimensioni giganti dell'industria vacanziera nel Paese che fa della mobilità, esterna e interna, un marchio nazionale.

Il posto d'onore spetta, invece, al Giappone che, nonostante le difficoltà economiche, consolida la propria posizione nel settore turistico, per il quale la stagflazione non sembra essere un problema. Nel 2003, infatti, il gettito per l'erario sarà pari a oltre 54 miliardi di dollari.

Seguono, quindi, il Regno unito (40 miliardi), Francia (25,3) e Germania (22,5). Sesta l'Italia, dove dalle ritenute sugli occupati e dai bilanci delle imprese, il fisco nazionale incasserà, nel 2003, 21,5 miliardi di dollari. Peraltro, le stime sui prossimi dieci anni calcolano un incremento annuo del 3 per cento, che per l'erario dovrebbe comportare una ulteriore espansione delle entrate "turistiche".

Per la Cina, la vera rivelazione in tutte le classifiche relative al settore turistico, non è stato possibile calcolare l'effetto di vacanze e viaggi sulle entrate fiscali. Il numero crescente degli addetti e delle spese interne rende probabile stimare un impatto comunque significativo e di segno positivo.

La legge del turismo non è uguale per tutti
Un dato che emerge è, però, significativo, ma in senso negativo. La metà delle risorse che il turismo genera nei Paesi in via di sviluppo, in realtà, non restano nelle economie di questi Stati, piuttosto finiscono nei bilanci di società e aziende registrate in Paesi a economia avanzata. Ogni anno, la metà dei ricavi e una parte significativa dei profitti prodotti dai turisti ritornano, quindi, nei rispettivi Stati d'origine. Un fenomeno evidente soprattutto nella maggior parte dei Paesi africani e latinoamericani che pone, per il futuro, un problema di riequilibrio nella gestione del movimento turistico internazionale.
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