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Dal mondo

Il Fisco iracheno festeggia i due anni di vita in un mare di petrolio

Nel 2006 confluiti nelle casse dell’Erario oltre 6 miliardi di dollari dal business della produzione e vendita dell'oro nero

L’Iraq ante-guerra era caratterizzato, e forse condizionato, dall’assenza di un sistema tributario. Dal maggio 2004 è entrato in vigore un meccanismo fiscale che si fonda sul gettito dell’imposta sui redditi dei contribuenti del settore privato, versata esclusivamente dai datori di lavoro e soltanto in parte dai loro dipendenti.
La storia recente dell’Iraq, letta attraverso la lente del Fisco, già di per sè tradizionalmente complessa e non avvezza a pigre banalizzazioni, ridisegna oggi il profilo economico di un Paese che, rispetto al periodo antecedente al 2003, quindi prima d’essere invaso, attingeva le sue risorse fondamentali, in pratica ben il 100 per cento, dai flussi finanziari di ritorno legati all’export del petrolio sul mercato internazionale. Il legame tra finanza pubblica e business del greggio era talmente stretto e totalizzante che, in termini reali, il motore dell’economia era sostanzialmente costituito e alimentato da una pioggia mensile di capitali dal color di seppia, derivanti dai proventi originati dalla vendita e dagli incassi quotidiani di milioni di barili di petrolio. A questo riguardo, tanto per fissare il passo del petrolio iracheno ante-guerra, in media Baghdad produceva 2,6 milioni di barili di greggio al giorno nel 2002., la cui quota maggiore era riservata alla vendita all’estero.




*Nel grafico è riportata la composizione delle finanze pubbliche irachene nel corso del biennio 2005-2006. I dati sono espressi in valori percentuali.
Fonte: elaborazione dati USAID, GAO


La primavera del Fisco iracheno

Il risultato di un tale orientamento dell’economia, schiacciata sul barile, era ben visibile anche in materia fiscale. Infatti l’Iraq ante-guerra era caratterizzato, e forse condizionato, dall’assenza di un sistema tributario, almeno come è generalmente inteso e vissuto nella stragrande maggioranza dei Paesi. In altre parole, non esisteva né un’imposta sul reddito delle persone fisiche, né un regime di imposizione sui profitti disegnato su uno schema ordinario di aliquote e di norme. Dunque, sul versante del Fisco, l’Iraq post invasione presenta oggi una innovazione radicale che esprime una significativa discontinuità rispetto alla tradizione passata. In pratica, è entrato in vigore un sistema tributario che si fonda, dal maggio del 2004, prima per opera diretta del Governo e ora sotto la supervisione della General Commission for Taxes (GCT), sul gettito dell’imposta sui redditi dei contribuenti del settore privato, anche se, per il momento, è versata esclusivamente dai datori di lavoro e soltanto in parte dai loro dipendenti.

Nel 2005 oltre 8 milioni di euro dall’imposta sui redditi
Naturalmente, se si considera il risultato dell’iniziativa che ha condotto all’introduzione del Fisco all’interno dei confini iracheni, i numeri sembrano essere decisamente modesti, nonostante l’impegno che ha visto mobilitate numerose organizzazioni nel diffondere tra gli iracheni i contenuti e le ragioni alla radice dei doveri fiscali e della tax compliance, tra le quali, per esempio, Usaid ha rivestito un ruolo guida cruciale. Infatti, entrato in vigore nel maggio del 2004, nel corso del 2005 l’incasso legato al nuovo sistema tributario ha consegnato alle finanze pubbliche soltanto 8 milioni di euro, in riferimento ai primi cinque mesi dell’anno passato. A questo riguardo le ultime stime indicano invece in 16 milioni di euro le somme relative all’intero anno fiscale. A queste si devono poi aggiungere i pagamenti dei contributi e degli oneri sociali, con aliquote al 12 e al 5 per cento per i datori di lavoro e per i lavoratori dipendenti. Ad ogni modo, pur superando la cifra riassumibile in alcune decine di milioni di euro, l’esordio del Fisco in versione irachena non sembra aver avuto, almeno fino a oggi, un impatto apprezzabile sull’economia e sui conti del Paese.
L’Iraq dipendente dagli incassi garantiti dal petrolio
Infatti, nonostante gli sforzi, l’economia e le finanze pubbliche irachene risultano oggi più che mai, rispetto al passato, dipendere dalla produzione e dalla successiva, meglio se immediata, vendita di petrolio. Insomma il greggio resta il motore non semplicemente principale, ma unico ed egemone, sul quale il Paese sembra poter contare per una futura rinascita. A questo riguardo, non è un caso che il gettito legato al business del greggio costituisca oggi il 90 per cento delle risorse che si concentrano sui conti pubblici mentre il restante 9 per cento è legato agli aiuti internazionali e soltanto l’1 per cento alla riscossione delle imposte.
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