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Dal mondo

Brexit&Paradisi fiscali made in Uk:
il caso della ricca isola di Jersey

100mila residenti convivono nella giurisdizione con un tesoro che vale 1.300 miliardi di sterline

Il post-Brexit modificherà, inevitabilmente, in realtà lo sta già facendo, il profilo normativo, giuridico e, forse, storico, dei Territori della Corona britannica, una serie pulviscolare di centri finanziari, per lo più offshore, le cui radici sono sì antiche, ma i cui traffici attuali sono, al contrario, copiosamente contemporanei. L’ultimo caso, in termini temporali, è quello dell’Isola di Jersey, distante solo pochi km dalle coste del Regno Unito, ma lontana in termini tecnico-normativi. Perché questa “paciosa” isoletta è così in alto tra le righe di giornali, voci radiofoniche e discussioni televisive? Semplice, perché le statistiche dei detective del fisco di Sua Maestà hanno rilevato una eccessiva concentrazione di ricchezza distribuita su un numero così esiguo di mq.
 
Jersey, l’isola dei tesori che vale 1.300 miliardi di sterline – In dettaglio, lo studio attento e concertato tra i responsabili dello Scacchiere, cioè del Tesoro britannico, e i loro colleghi delle Entrate, sono giunti ad una conclusione che va molto oltre le stime iniziali. Infatti, sull’isola di Jersey risulterebbero alloggiati ben 1.300 miliardi di sterline, in pratica, come dire che il pil d’un Paese, diciamo, ad esempio, la Slovacchia o la Rep Ceca, si trovi anch’esso “paciosamente” asserto su di un micro-tessuto di superficie stretto tra le coste britanniche e quelle francesi. Una micro-giurisdizione dove i residenti sono 100mila, ma che, a giudicare dai patrimoni che custodiscono, dovrebbero essere tutti milionari. Naturalmente, non è così.
 
Trust, aziende e fondi, i grandi arbitri sovrani di Jersey – In realtà, questi miliardi sono così ripartiti: 400 miliardi di sterline sono nella piena titolarità di singoli individui; 600 miliardi sono invece gestititi tramite controllate, società sussidiarie, trust e fondazioni; sarebbero invece 300 i miliardi veicolati tramite fondi e strumenti consimili, i più disparati.
 
C’è posto anche per l’evasione, mezzo miliardo di sterline l’anno – Con tutta questa ricchezza che alberga ogni singolo mq dell’isola vi sarà anche traccia di evasione, oppure, elusione fiscale? La risposta del fisco britannico è sufficientemente chiara, SI’. Però, ciò che stupisce i tecnici delle Entrate è che, in totale, le somme sottratte al fisco di Sua Maestà tramite Jersey non superano i 500 milioni di sterline l’anno. In particolare, quasi 100 milioni sarebbero da ricondurre alla ordinaria evasione fiscale, mentre i restanti 400 milioni di sterline sarebbero legati a pratiche elusive sofisticate. Questi dati però, è corretto aggiungere, non mettono tutti d’accordo. Soddisfano il Tesoro britannico ma non le Amministrazioni finanziarie dei Paesi partner del Regno Unito. La cifra indicata dalle Entrate londinesi definisce infatti il volume dell’evasione a danno del gettito britannico, ma non contempla le perdite che ne deriverebbero per altri Paesi. Ecco allora che tra evasione ed elusione, andando oltre i confini inglesi, il danno che Jersey infliggerebbe ad altri realtà nazionali tenderebbe ad alzarsi nelle stime, fino a raggiungere i 3 miliardi di sterline l’anno.
 
Da dove arrivano i tesori di Jersey? – Dei 1.300 miliardi di sterline rilevate, il 25 per cento proviene dal Regno Unito, il 20 per cento dal resto d’Europa e la quota maggiore, il 37 per cento, dal resto del Mondo, in particolare dai Paesi arabi e, di recente, anche da alcuni Stati asiatici come la Cina. Insomma, la ricchezza è davvero senza confini, né bandiere.
 
Londra come controlla i centri offshore sulle Isole della Manica? Il Governo del Regno Unito ha tentato più volte di misurare la portata della perdita fiscale annuale che si definisce proprio grazie all’esistenza delle 3 dipendenze della corona che si affacciano sul canale della Manica. A tal fine ha creato accordi e normative ad hoc per la divulgazione, emersione e scambio dati con le 3 giurisdizioni elaborando una normativa simile alle disposizioni contenute nella legge sulla conformità fiscale in materia di conti e depositi esteri degli Stati Uniti ("FATCA"). Queste misure prevedono lo scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali delle tre giurisdizioni e le Entrate britanniche e, almeno come auspicio, mirano ad assicurare che Jersey, Guernsey e l'Isola di Man segnalino costantemente nomi e profili dei contribuenti britannici che possiedono interessi nei tre centri offshore. Dal 2013, queste stretta, o maggior controllo esercitato da Londra sui 3 territori ha garantito l’emersione e il recupero di quasi 1 miliardo di sterline. Ma molto resta ancora da fare. E comunque, anche l'adozione del Common Reporting Standard e una legislazione più efficace contro il riciclaggio di denaro, combinata con il successivo rafforzamento della normativa fiscale in Gran Bretagna in direzione anti-evasione, ha implicato un processo combinato che di fatto ha condotto ad una limitazione delle pratiche elusive sull’Isola di Jersey. Una limitazione, non lo sradicamento del fenomeno.
 
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