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Dal mondo

Bahamas: l’Iva va in paradiso
che non può più attendere

L’arrivo dell’imposta determinerà una modifica significativa del carico fiscale spostando l’asse sul versante dei consumi

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Le Bahamas, cittadella indiscussa dell’offshore caraibico, è la 143esima giurisdizione, al mondo, e l’ultima, in termini temporali, ad aver aperto le porte, anzi, i capitoli del proprio codice tributario, all’Iva, l’imposta sul valore aggiunto in stile-europeo. Si tratta d’un fatto storico, e allo stesso tempo d’uno scambio, appartenente alla diplomazia contabile internazionale, che consentirà all’ex territorio britannico di fare ingresso a pieno titolo nell’Organizzazione mondiale del Commercio. In altre parole, un tradizionale do ut des in formato fiscal-finanziario.
 

L’Iva? L’aliquota fa la differenza – Niente paura, rassicurano le autorità, politiche e finanziarie, della giurisdizione offshore. L’arrivo dell’Iva, infatti, determinerà una modifica significativa del carico fiscale spostandone l’asse sul versante dei consumi con il risultato di allargare la base delle risorse che entreranno nel campo visivo del fisco. Tutto questo senza colpire i redditi medio-bassi che, in realtà, osserveranno una leggera discesa dai rispettivi bilanci famigliari del peso del fisco. L’aliquota scelta per l’esordio sarà il 15per cento. Naturalmente, in riferimento all’export, di beni, e al transito in uscita dal Paese di turisti e passeggeri, resterà la tassazione oramai standard pari a “0”. Questo per eliminare eventuali dubbi sul perché dell’introduzione dell’Iva.
 
Sovrabbondante invece il paniere dei servizi e dei beni che risulteranno esenti: innanzitutto, un folto elenco di prodotti agricoli, in pratica tutti quelli classificati sotto il Tariff Act, quindi destinati all’import. A seguire, una serie di beni anch’essi riconducibili alla medesima normativa, i servizi legati all’educazione, alla sanità e, più in generale, di carattere sociale. L’esenzione interesserà anche i tradizionali servizi finanziari. Insomma, l’Iva c’è, ma resta a distanza di sicurezza dalla finanza.
 
Estate 2014, sotto il segno dell’Iva – La stagione? L’estate. Il mese? Luglio. L’anno? Il 2014. Questo il termine, cioè il calendario, che segnerà l’arrivo dell’Iva sui bilanci di oltre 4mila tra commercianti e professionisti che operano alle Bahamas. In cambio, promettono le autorità, parallelamente all’Imposta sul valore aggiunto scompariranno sia l’imposta sui soggiorni alberghieri, in resort e hotel, sia i dazi doganali che pesano, ad oggi, sulle importazioni. Le stesse accise saranno oggetto d’una drastica revisione verso il basso. Non accadeva dal 1991 che le accise tornassero a scendere. Per intenderci, nel 2013, l’anno corrente, il gettito delle accise dovrebbe garantire risorse pari a quasi 400milioni di dollari. Una somma centrale nel sistema fiscale delle Bahamas.
 
Sorpresa! Anche alle Bahamas esistono le entrate tributarie – Imposta sui redditi delle persone fisiche? Evanescente. Sui Profitti? Inesistente. Dunque, alle Bahamas non c’è nessun gettito relativo alle entrate tributarie. Sbagliato. Per l’anno in corso, infatti, il 2013, le entrate fiscali stimate saranno pari a 1,5miliardi di dollari, 1,515 mld per l’esattezza. Ragguardevole come somma totale, tanto da proiettare le Bahamas al vertice dei Paesi caraibici con un bilancio, in entrata, tra i più ricchi. I dazi doganali e le accise costituiscono il 60% del gettito complessivo, mentre imposte di registro e particolari tasse legate all’attribuzione e alla titolarità di licenze e altro, contribuiscono al restante 40%.
 
E l’Imu? Spazio anche a l’Imu – La casa, più in generale le proprietà immobili, inclusi fondi, terreni ecc…., hanno il loro peso fiscale. E questo nonostante si tratti d’una giurisdizione tra le più note dell’Atlante offshore. Ogni anno, il gettito dell’imposta sulla proprietà garantisce entrate pari a oltre 100 milioni di dollari. Nel corso del 2013 si dovrebbe raggiungere il tetto record di ben 116 milioni di dollari. In pratica, quasi l’8% in più rispetto al 2012. Considerando le entrate totali, la proprietà rappresenta una quota che oscilla tra il 7 e l’8%. Un valore che rientra nelle medie riscontrate rispettivamente tra i Paesi dell’Unione europea e tra gli Stati membri dell’Ocse.
 
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