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Dal mondo

A Bahamas e Bermuda il furbo perde... il turbo

In arrivo nelle due giurisdizioni storiche dell'offshore un’imposta simile all’Iva europea e una legislazione specifica in materia fiscale

Arrestare la corsa del debito e il crollo delle entrate, facilitare lo scambio d’informazioni con gran parte dei Paesi membri dell’Ocse sul versante tributario. Sono questi gli obiettivi che i due paradisi fiscali più noti si prefiggono di raggiungere con i nuovi provvedimenti, destinati a ridisegnare il profilo, per decenni immobile, delle norme agevolative finalizzate ad attirare capitali da tutto il mondo.

Con l’arrivo del nuovo anno sono piuttosto numerose le novità che, sul versante fiscal-finanziario, potrebbero determinare a breve un cambiamento davvero sorprendente nei profili normativi di almeno due delle più note giurisdizioni a bassa tassazione che per decenni hanno costituito il cuore dell’offshore mondiale e, naturalmente, l’incubo contabile per decine di Erari nazionali. Infatti sia i responsabili economici delle Bermuda che i colleghi attualmente incaricati di gestire le finanze sempre più instabili delle Bahamas, sembrano essere oramai decisi a imprimere una svolta storica ai rispettivi regimi tributari.
A Bahamas il debito corre e le entrate tributarie languono
Innanzitutto, per quanto riguarda le Bahamas, il problema principale è originato dal fatto che una quota pari ai 2/3 dell’economia nazionale è rigorosamente esente da qualsiasi tassazione. Tradotto in termini cinicamente contabili, questo significa che in relazione alla ricchezza prodotta annualmente dall’intera economia locale, ben 6 miliardi di dollari, soltanto 2 miliardi sono interessati da imposte e tributi, mentre i restanti 4 miliardi navigano a distanza di sicurezza da eventuali desideri fiscali avanzati dall’Amministrazione tributaria locale. In pratica è per questa ragione, almeno secondo i più autorevoli osservatori internazionali, che il gap tra le entrate fiscali, piuttosto modeste, e le spese iscritte annualmente all’interno dei documenti di bilancio tende costantemente ad ampliarsi, con il risultato che i fondi destinati a rafforzare i servizi pubblici, per esempio quelli erogati nei settori dell’istruzione, della sanità e delle infrastrutture, appaiono oggi del tutto insoddisfacenti in quanto privi delle risorse necessarie per potenziarli e adeguarli periodicamente alla crescita della domanda.






La ricchezza prodotta annualmente nelle Bahamas ripartita rispettivamente nella quota maggiore, esente da qualunque forma di tassazione, ed in quella minore, circa 1/3 del valore complessivo, sulla quale si applicano le imposte generali.
(i valori riportati nel grafico sono espressi in miliardi di dollari)

Il mercato unico in versione caraibica
Peraltro a questa criticità, che grava sulle finanze pubbliche, si deve aggiungere anche l’impatto, nei prossimi mesi, dell’entrata in vigore del mercato unico (Caricom) in versione caraibica e che vedrà il coinvolgimento di molti Paesi vicini oltre alle Bahamas e che, de facto, determinerà un crollo del gettito costituito dai dazi e legato ai flussi dell’import e dell’export. Considerando che la quota maggiore delle entrate tributarie è originata proprio dalla riscossione di questi oneri doganali e daziari, è agevole prevedere che nel prossimo biennio si registrerà una ennesima riduzione delle risorse disponibili per programmare serie ed efficaci politiche pubbliche con il risultato che il deficit pubblico delle Bahamas continuerà la sua inarrestabile corsa.
L’Iva sbarca ai Caraibi
In pratica sono queste le ragioni che hanno spinto le autorità del noto paradiso fiscale a inserire all’interno dell’agenda politica del 2006 un chiaro riferimento alla necessità di aumentare il cuneo fiscale che recentemente è stato riconosciuto tra i più bassi al mondo. In particolare l’orientamento che è sembrato prevalere fino ad oggi dovrebbe condurre all’adozione, a breve tempo, di una sales tax, ovvero, di un’imposta generale sulle vendite di beni e di servizi, il cui unico dubbio riguarda la possibile adozione del modello tipicamente americano o di quello europeo legato all’applicazione dell’Iva che, tra i due, parrebbe offrire le maggiori garanzie di successo.
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