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Attualità

Il trasferimento all’estero dell’impresa e le conseguenze fiscali

Dal realizzo dei componenti aziendali secondo il valore normale alla tassazione dei fondi in sospensione d’imposta

In un contesto economico dove la mobilità internazionale costituisce una variabile in forte espansione, è utile analizzare i principali effetti di carattere tributario che si producono in caso di spostamento oltre confine di un’attività d’impresa. La normativa fiscale, prevista in materia, è contenuta nell’attuale articolo 166 del Tuir, che ha recepito, con alcune modifiche, quanto disposto dall’articolo 20-bis del Testo Unico ante-riforma.
L’articolo 166 del Tuir
In base all’articolo 166 del Tuir attualmente vigente, il trasferimento all’estero della residenza dei soggetti di cui all’articolo 2 e all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), che comporta la perdita della residenza ai fini delle imposte dirette, costituisce realizzo, a valori normali, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale trasferito, salvo che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La norma trova applicazione anche nel caso e nel momento in cui i beni confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato vengano successivamente distolti. Si considerano, in ogni caso, realizzate al valore normale le plusvalenze relative a stabili organizzazioni all’estero. Ai sensi del secondo comma della norma, infine, i fondi in sospensione d’imposta, inclusi quelli tassabili in caso di distribuzione, iscritti nell’ultimo bilancio prima del trasferimento, sono assoggettati a tassazione qualora non siano stati ricostituiti nel patrimonio contabile della stabile organizzazione.

Ambito di applicazione

Come emerge dal tenore letterale della norma, essa trova applicazione nei confronti delle persone fisiche (articolo 2), delle società di capitali (articolo 73, comma 1, lett. a)) e degli enti pubblici e privati, diversi dalle società, che esercitano attività commerciale (articolo 73, comma 1, lett. b)). Con l’intento di potenziare l’efficacia antielusiva della norma, il legislatore della riforma fiscale ha ampliato il novero dei soggetti destinatari della disposizione in commento.
 
Nella versione antecedente alla riforma (contenuta nell’articolo 20-bis in vigore fino al 31 dicembre 2003), la norma trovava applicazione in relazione a tutti coloro che esercitavano imprese commerciali; rimanevano, quindi, escluse le persone fisiche non esercenti attività d’impresa, oggi esplicitamente richiamate dall’attuale articolo 166. Tale ampliamento si giustifica con il fatto che, nel vigore della precedente disciplina, l’Amministrazione finanziaria aveva riscontrato il frequente ricorso a operazioni elusive che coinvolgevano soggetti privi dello status di imprenditore commerciale e, in quanto tali, potenzialmente estranei all’applicazione della norma in commento.

La condicio sine qua non
Condizione essenziale affinché trovi applicazione l’articolo 166 è il trasferimento all’estero della residenza ai fini delle imposte dirette. Di conseguenza il trasferimento che non determini la perdita della residenza fiscale in Italia non assume rilevanza. Con specifico riferimento alle società di capitali, l’articolo 73, comma 3, del Tuir dispone che si considerano residenti in Italia, ai fini delle imposte dirette, le società che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Ne consegue che, nell’ipotesi di trasferimento all’estero della sola sede legale di una società, non si verifica la perdita della residenza fiscale in Italia, con la conseguenza che il reddito prodotto continua a essere attratto a tassazione nel nostro Paese e la normativa contenuta nell’articolo 166 non trova applicazione.
Analogamente, la disciplina di cui al citato articolo 166 non si applica nel caso in cui l’azienda mantenga in Italia l’oggetto principale della sua attività, intendendo per tale, come previsto dall’articolo 73, comma 4, del Tuir, "l’attività essenziale per realizzare gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto".
Il realizzo dei componenti aziendali al valore normale
Lo spostamento oltre confine di un’azienda, con conseguente trasferimento della residenza fiscale della stessa, comporta, come anticipato, il realizzo al valore normale dei beni appartenenti al complesso trasferito, con conseguente tassazione della differenza positiva che emerge dal confronto tra il predetto valore normale dei beni aziendali e l’ultimo costo fiscalmente riconosciuto degli stessi.

In considerazione dell’intento perseguito dalla norma, che è quello di attrarre a tassazione beni che, in caso di trasferimento della residenza aziendale all’estero, potrebbero sfuggire all’imposizione fiscale, si deve ritenere, concordemente a quanto sostenuto dalla dottrina, che la disposizione si applica a tutti i beni relativi all’azienda e non soltanto a quelli che fanno parte in senso tecnico di un complesso aziendale. Ci si riferisce, in sostanza, a beni quali, ad esempio, partecipazioni o immobili, che, seppur di proprietà di un’azienda, non sono "organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa", come vuole la definizione giuridica di azienda contenuta nell’articolo 2555 del codice civile.

Unico bene aziendale che, secondo l’opinione prevalente della dottrina, sfugge alla presunzione di realizzo al valore normale è l’avviamento e ciò per il fatto che, in caso di trasferimento aziendale all’estero, non si verifica il contestuale trasferimento della titolarità giuridica dell’azienda. Ai fini della determinazione del valore normale al quale i beni aziendali si intendono realizzati, occorre riferirsi all’articolo 9 del Tuir, in base al quale per valore normale di beni diversi da quote di partecipazione, azioni, obbligazioni e altri titoli, deve intendersi il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi stati acquistati o prestati, e, in mancanza, nel tempo e luogo più prossimi. Criteri specifici vengono dettati dal comma 4 della stessa norma ai fini della determinazione del valore normale di azioni, quote, obbligazioni e altri titoli.
La costituzione di una stabile organizzazione
La disciplina contenuta nell’articolo 166 del Tuir non trova applicazione nel caso in cui i beni dell’azienda confluiscano in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La norma si giustifica con il fatto che, in tal caso, non si verifica uno dei presupposti previsti per l’applicazione della disciplina in commento, ovvero la fuoriuscita dei beni aziendali dal territorio nazionale. I componenti dell’azienda, infatti, confluendo in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, permangono in Italia e partecipano alla determinazione di un reddito, quello d’impresa, che resta assoggettato alla disciplina fiscale italiana. E’ il caso, però, di precisare che la tassazione (secondo le regole di cui all’articolo 166 del Tuir) dei beni confluiti nella stabile organizzazione in Italia viene in ogni caso effettuata se e quando tali beni ne vengano successivamente distolti. Ciò si verifica, ad esempio, quando vengono trasferiti alla casa madre o ad altra stabile organizzazione all’estero.
Sempre in tema di stabili organizzazioni, il comma 1 dell’articolo 166 del Tuir stabilisce che si presumono sempre realizzate le plusvalenze relative a stabili organizzazioni all’estero. In proposito, è stato osservato come tale disposizione determini una doppia imposizione: una in Italia, nel momento in cui vengono tassate le plusvalenze latenti relative ai beni aziendali che confluiscono nella stabile organizzazione all’estero, l’altra all’estero, nel momento in cui le plusvalenze vengono effettivamente realizzate.
Tassazione dei fondi in sospensione d’imposta
Il comma 2 dell’articolo 166 del Tuir stabilisce che, in caso di trasferimento all’estero della residenza fiscale, vanno assoggettati a tassazione i fondi in sospensione d’imposta iscritti nell’ultimo bilancio che precede il trasferimento, compresi quelli tassabili in caso di distribuzione. La disposizione si riferisce alle poste di patrimonio netto, per le quali la tassazione avviene nel momento della distribuzione (come nel caso delle riserve di rivalutazione), ovvero nel momento in cui vengono meno i presupposti previsti dalla legge ai fini della sospensione dell’imposizione. Anche in tal caso, la norma non si applica nel caso in cui detti fondi vengano ricostituiti nel patrimonio di una stabile organizzazione situata in Italia.
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