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Attualità

Standard internazionale per Sme. Cambio di rotta sull’avviamento

Alle piccole e medie imprese ne è prescritto l’ammortamento, non consentito agli Ias adopter

Avviamento ammortizzabile e nessuna distinzione fra fase di ricerca e di sviluppo, con le relative spese sempre imputate a conto economico, a meno che le stesse non costituiscano parte del costo di un’altra attività che soddisfa i criteri di rilevazione. Sono queste le principali differenze, rispetto ai full Ias/Ifrs, riscontrabili nel trattamento contabile delle immobilizzazioni immateriali previsto per le Sme (piccole e medie imprese, secondo la dizione italiana).
 
L’avviamento
L’avviamento è pari all’eccedenza del costo dell’aggregazione aziendale (dato dalla somma dei fair value, alla data dello scambio, delle attività cedute, delle passività sostenute o assunte e degli strumenti rappresentativi di capitale emessi dall’acquirente, in cambio del controllo dell’acquisita) rispetto alla quota d’interessenza nel fair value netto delle attività, passività e passività potenziali identificabili rilevate.
Così, se un’aggregazione non è totalitaria ma si risolve, ad esempio, nell’acquisizione del 70% di un altro soggetto, l’avviamento si determinerà confrontando il costo dell’acquisizione e il 70% del fair value netto acquisito (ad esempio: costo dell’aggregazione pari a 100, fair value netto di attività, passività e passività potenziali acquisite pari a 90, avviamento = 100 – 70% di 90 = 37).
 
Da notare come la metodologia di determinazione dell’avviamento coincida con quella prevista dall’Ifrs 3 prima della sua modifica. A partire, infatti, degli esercizi che cominciano dopo il 30 giugno 2009, i soggetti che applicano i principi contabili internazionali determinano l’avviamento come somma algebrica fra:
  • il fair value alla data di acquisizione del corrispettivo trasferito +
  • l’importo di qualsiasi partecipazione di minoranza nell’acquisita +
  • il fair value delle partecipazioni eventualmente già possedute nell’acquisita –
  • il valore netto degli importi, alla data di acquisizione, delle attività e delle passività identificabili acquisite.
Consideriamo il seguente esempio.
La società A acquisisce la società B con due operazioni temporalmente distinte. Nel 2009 ne acquisisce il 20% per 20mila euro. Nel 2011 un ulteriore 40%, pagando 60mila euro. Alla data di acquisizione, il fair value netto degli asset acquisiti è pari a 100mila euro, quello dell’originaria partecipazione del 20% a 35mila euro; 70 mila euro è, infine, il fair value delle partecipazioni di minoranza (il rimanente 40%).
Il valore dell’avviamento sarà uguale a: 60mila + 70mila + 35mila – 100mila = 65mila.
 
Va rimarcato come, in realtà, le partecipazioni di minoranza possano essere valutate al fair value (come nell’esempio) oppure in proporzione alla quota delle stesse nelle attività nette identificabili dell’acquisita (nell’esempio, il 40% di 100mila), con chiari effetti sulla quantificazione dell’avviamento.
 
Tornando alle Pmi, l’avviamento va poi valutato al netto degli ammortamenti e delle perdite per riduzione di valore accumulate. Un cambio di direzione rispetto a quanto previsto per gli Ias adopter, obbligati a sottoporre la posta esclusivamente a impairment test.
Del resto, differente è anche il presupposto. Se, infatti, lo Ias 38 prescrive l’ammortamento solo per i beni immateriali “a vita utile definita”, nella sezione 18 dell’Ifrs for Sme si legge che “tutte le attività immateriali sono considerate aventi una vita utile definita”. E per tutte, avviamento compreso, la vita utile, qualora non sia attendibilmente stimabile, si presume di 10 anni.
 
Le altre attività immateriali
Il trattamento contabile delle altre attività immateriali coincide con quello, appena visto, dell’avviamento: costo al netto dell’ammortamento accumulato e delle perdite per riduzione di valore accumulate.
Anche per gli intangibles, così come per le immobilizzazioni materiali, strada, dunque, sbarrata al “modello della rideterminazione del valore” (alternativa contabile, si ricorda, consentita dallo Ias 38, seppur in limitati casi, vale a dire quelli in cui esiste un mercato attivo dell’asset; circostanza definita “insolita” dallo stesso standard).
 
Per le piccole e medie imprese è abbandonata, come anticipato, la distinzione fra le attività di ricerca e di sviluppo.
 
Lo Ias 38, partendo dal presupposto che nella fase di ricerca di un progetto non si può dimostrare l’esistenza di un’attività immateriale che genererà probabili benefici economici futuri, prescrive di rilevare le relative spese, non capitalizzabili, come costo nel conto economico nel momento in cui sono state sostenute. Al contrario, l’attività di sviluppo può dar luogo – a determinate condizioni – ad attività immateriali iscrivibili.
 
L’Ifrs per le Pmi prevede, invece, la rilevazione come costo d’esercizio di tutte le spese sostenute internamente per un elemento immateriale, incluse tutte quelle per attività di ricerca e sviluppo, a meno che le stesse non costituiscano parte del costo di un’altra attività iscrivibile in bilancio.
 
Per il resto, coincidenza piena, fra “piccoli” e “grandi”, per quanto riguarda gli esempi di costi non capitalizzabili (spese per marchi, loghi, anagrafiche clienti ed elementi simili nella sostanza generati internamente; spese di impianto, spese per aprire un nuovo impianto o attività e spese per intraprendere nuove attività o lanciare nuovi prodotti o processi; spese per attività di formazione, per attività pubblicitarie e promozionali, per la ricollocazione o riorganizzazione parziale o integrale dell’impresa).  

Sull'argomento, vedi l'articolo "Conti europei anche per i piccoli. Tutte le regole in un solo standard".

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