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Attualità

Presupposti applicativi delle cfc rules e cause esimenti (2)

Il legislatore ha individuato due circostanze al ricorrere delle quali viene meno l’operatività della disciplina

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Presupposti oggettivi - la residenza o localizzazione in paesi black list
La normativa cfc si applica se il soggetto estero controllato dal residente italiano, è residente o localizzato(1) in un Paese o territorio a fiscalità privilegiata, ricompreso dal ministero delle Finanze nella "black list" approvata con decreto ministeriale del 21/11/2001, che li individua in modo tassativo.
Il comma 4 dell'articolo 167 (già 127-bis) detta i criteri in ragione dei quali determinati Stati o territori si considerano "paradisi fiscali". Tali criteri sono:
- livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia(2)
- assenza di un adeguato scambio di informazioni
- altri criteri equivalenti.

Più in dettaglio, l'articolo 1 del citato Dm, individua una serie di Stati e territori (ad esempio, Singapore, Cipro) per i quali l'articolo 167 trova applicazione senza alcuna limitazione.
L'articolo 2 individua invece gli Stati considerati a fiscalità privilegiata, a esclusione di determinati attività e settori, tassativamente indicati, per i quali si ritiene che non si verifichino i presupposti per l'applicazione della norma (rientra in tale fattispecie Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25 per cento del fatturato fuori dal Principato).

Infine, l'articolo 3, comma 1, estende l'applicazione dello strumento antielusivo in questione ai redditi prodotti da soggetti esteri che fruiscono di particolari regimi agevolati previsti da Stati che di per sé non sono a regime fiscale privilegiato (ad esempio, è richiamata Malta, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, quali quelle di cui al Malta Financial Services Centre Act, alle società di cui al Malta Merchant Shipping Act e alle società di cui al Malta Freeport Act).
A norma del comma 2 dell'articolo 3, inoltre, la disciplina cfc si applica, altresì, ai soggetti e alle attività, insediati negli Stati citati al comma 1, che usufruiscono di regimi fiscali agevolati sostanzialmente analoghi a quelli ivi indicati, in virtù di accordi o provvedimenti dell'Amministrazione finanziaria dei medesimi Stati(3).

Determinazione, imputazione e tassazione del reddito conseguito dal soggetto estero
Ai fini della determinazione del reddito conseguito dal soggetto estero controllato, il punto di partenza è costituito dall'utile civilistico risultante dal bilancio redatto secondo le norme dello Stato o territorio in cui è localizzata la cfc, "corretto" secondo la normativa interna.
E' opportuno sottolineare che, a norma dell'articolo 2, comma 2, del Dm 429/01, i valori risultanti dal bilancio, relativo all'esercizio o periodo di gestione anteriore a quello da cui si applicano le disposizioni dello stesso regolamento, sono riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi a condizione che siano conformi a quelli derivanti dall'applicazione dei criteri contabili adottati nei precedenti esercizi o ne venga attestata la congruità da uno o più soggetti che siano in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88.

L'articolo 2 del regolamento, infatti, individua le disposizioni del Tuir applicabili (non senza difficoltà, visto che si applicano regole nazionali a risultati realizzati in contesti giuridici differenti) richiamando le attuali norme - come si legge nelle istruzioni allegate al modello Unico 2006 - del titolo II, capo II, del "nuovo" Tuir (determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti), a esclusione degli articoli 86, comma 4, in tema di rateazione delle plusvalenze, e 102, comma 3, riguardante l'ammortamento accelerato e quello anticipato.
Sono, poi, richiamate le disposizioni comuni del titolo III del Tuir, mentre risultano applicabili gli articoli 84 (riporto delle perdite), 89 (dividendi e interessi), 111 (imprese di assicurazione), 112 (operazioni fuori bilancio) del Tuir.

I redditi devono essere determinati tenendo conto della conversione di cambio del giorno di chiusura dell'esercizio o periodo di gestione della cfc.
Relativamente al riporto delle perdite, l'articolo 2, comma 1, ultimo periodo, del regolamento stabilisce che l'eventuale perdita del soggetto estero controllato è computata in diminuzione del reddito della partecipata non residente(4).

Per quanto riguarda le modalità di tassazione, il comma 6 dell'articolo 167 prevede che i redditi imputati, in proporzione alla partecipazione agli utili(5), ai soggetti residenti detentori del controllo nell'impresa estera sono assoggettati a tassazione separata (così da impedire che i risultati negativi del soggetto residente possano abbattere l'utile dell'impresa partecipata estera), mediante l'applicazione dell'aliquota media di tassazione del reddito complessivo netto. In ogni caso, tale aliquota non può essere inferiore al 27 per cento.

Con le disposizioni dei commi 6 e 7 sono dettate regole finalizzate all'eliminazione della doppia imposizione. E' previsto che, al momento della tassazione dei redditi esteri attribuiti al soggetto italiano, sono ammesse in detrazione le imposte pagate all'estero, in via definitiva sugli stessi redditi, dal soggetto estero controllato.
Inoltre, quando gli utili saranno effettivamente distribuiti, gli stessi non concorreranno alla formazione del reddito del soggetto italiano fino all'ammontare del reddito già imputato, anche negli esercizi precedenti, a tassazione per trasparenza.

In tale fase, le stesse imposte già assolte nel Paese estero sulla parte di utili che non concorrerà alla formazione del reddito (secondo la disposizione appena illustrata), sono ammesse in detrazione sino a concorrenza delle imposte applicate al momento della tassazione degli utili precedentemente attribuiti, diminuite degli importi già ammessi in detrazione in tale precedente occasione.

Le cause esimenti
Il comma 5 dell'articolo 167 individua due circostanze al ricorrere delle quali viene meno l'operatività della disciplina cfc e, dunque, della tassazione per trasparenza, subordinando però la disapplicazione al fatto che il contribuente dimostri tali circostanze mediante la procedura di interpello preventivo, di cui all'articolo 11 legge 212/2000 (Statuto del contribuente) e al relativo regolamento approvato con decreto ministeriale 26/4/2001, n. 209.

La prima circostanza esimente - lettera a) del citato comma 5 - si ha quando il soggetto residente dimostra che la cfc svolge un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività nel paese a fiscalità privilegiata.
L'attributo della commercialità, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del Dm 429/2001, è definito in base all'ordinamento interno. Il requisito probatorio è soddisfatto se si dimostra che la cfc svolge, con una struttura organizzativa idonea allo svolgimento dell'attività o alla sua autonoma preparazione e conclusione, le attività commerciali e industriali di cui all'articolo 2195 c.c., cioè quelle dirette alla produzione di beni o di servizi, quelle di intermediazione nella circolazione di beni, quelle di trasporto per terra, per acqua o per aria; ovvero le attività finanziarie o assicurative, nonché quelle ausiliare delle precedenti.

L'attività commerciale o industriale deve essere concretamente esercitata, non essendo sufficiente una mera previsione nell'atto costitutivo della stessa come oggetto sociale.
Tale attività, ai fini della disapplicazione della legislazione cfc, deve essere svolta in via principale nel senso che, da un punto di vista quantitativo, deve essere superiore ad altre attività eventualmente svolte dal soggetto estero. Il requisito della "principalità", inoltre, deve essere relativizzato all'ambito territoriale estero nel quale ha sede, non operando l'esimente de qua ove l'attività commerciale o industriale sia svolta in via principale in territori o Stati diversi da quelli a fiscalità privilegiata.

Il comma 5, lettera b), dell'articolo 167 dispone che la seconda fattispecie esimente è integrata al verificarsi della circostanza che, attraverso la partecipazione nella cfc, il soggetto residente non consegua l'effetto di localizzare i redditi in Paesi considerati paradisi fiscali.
Il soggetto residente deve dimostrare di aver subito sull'utile imputabile per trasparenza una congrua tassazione che, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del Dm 429/2001, sussiste quando i redditi conseguiti dal soggetto non residente sono prodotti in misura non inferiore al 75 per cento in altri Stati o territori diversi da quelli di cui alla black list e ivi sottoposti integralmente a tassazione ordinaria.
In relazione a tale aspetto, nel caso di soggetto intermedio estero operante in un Paese a fiscalità privilegiata, ai fini dell'integrazione dell'esimente, rileva anche il fatto che i redditi della stabile organizzazione siano sottoposti integralmente a tassazione ordinaria nello Stato o territorio in cui ha sede l'impresa, l'ente o la società partecipati.

La ratio di tale esimente si deve ravvisare nella volontà del legislatore di sottrarre dall'ambito applicativo della normativa cfc, quei soggetti che dimostrino di subire una tassazione congrua all'estero e per i quali la localizzazione di imprese in paradisi fiscali costituisce una modalità legata all'assetto operativo(6).

2 - continua. La terza puntata sarà pubblicata giovedì 1° giugno; la prima è su FISCOoggi di lunedì 29 maggio

NOTE
1. La residenza si individua in base alle norme del paese estero. In base all'articolo 1, comma 2, del Dm n. 429/01, si considerano residenti o localizzati in Stati o territori con regime fiscale privilegiato di cui alla black list, i soggetti comunque ammessi a fruire di tale regime.

2. Con la circolare n. 207/2000, l'Amministrazione finanziaria ha chiarito che con l'espressione "livello di tassazione sensibilmente inferiore" "non si fa riferimento solo al livello delle aliquote delle imposte in vigore in uno Stato, ma più in generale anche alle caratteristiche strutturali dei tributi, la cui applicazione comporti di fatto una tassazione ridotta in capo al contribuente".

3. Tale ultima previsione ha così reso "dinamica" l'elencazione dei soggetti e delle attività riportate nell'articolo 3, nel senso che, a differenza delle fattispecie contemplate dai due articoli precedenti che sono tassative, fermi restando gli Stati individuati espressamente nello stesso articolo 3, la disciplina cfc potrà essere estesa anche ad attività per le quali, a seguito di specifiche disposizioni negoziali o amministrative, il livello di tassazione risulti sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, non essendo necessario, a tal fine, un aggiornamento della black list.

4. A differenza degli utili, quindi, le perdite conseguite dalla controllata localizzata in Paese avente un regime fiscale privilegiato non sono imputate per trasparenza alla controllante residente, ma possono essere utilizzate per compensare gli utili futuri prodotti dal soggetto estero ex articolo 84 Tuir.

5. In caso di controllo indiretto, la percentuale di partecipazione detenuta dai soggetti residenti deve essere determinata tenendo conto della demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa (articolo 3, comma 1, Dm 429/01).

6. Relazione della VI Commissione del Senato.


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