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Attualità

Liechtenstein, il paradiso può attendere (1)

Il recente caso di “spionaggio fiscale” ha rappresentato un deterrente contro chi utilizza lo schermo offerto dai tax haven

Il castello di VaduzLa legge bancaria garantisce l’anonimato del fondatore e dei beneficiari delle fondazioni costituite nei confronti di qualsiasi richiesta di informazione proveniente da Stati esteri per motivi fiscali. All’affaire Liechtenstein, FiscoOggi dedica un articolo di approfondimento.   L’Ocse è l’organizzazione sovranazionale che promuove le misure volte a effettuare una moral dissuasion nei confronti dei paradisi fiscali. Nel 1998, a tal proposito, ha redatto un rapporto sulla concorrenza fiscale dannosa denominata: “Harmful Tax Competition: An Emerging Global Issue", dove si distingue tra paradiso fiscale (tax haven) e regimi fiscali preferenziali dannosi (harmful preferential tax regimes). La black list elaborata dall’Ocse sulla base di tali distinzioni è stata poi aggiornata nel corso degli anni per escludere quei Paesi che si sono dimostrati disponibili verso una maggiore collaborazione amministrativa con i vari Paesi membri dell’organizzazione. Oltre alle misure previste dalle norme del diritto internazionale, quali gli accordi bilaterali, o multilaterali, che prevedono comunque una reciproca rinuncia a parte dei diritti regolati tramite gli strumenti previsti dalle leggi internazionali, esistono poi misure concrete e operative che nella competizione tra i Paesi aderenti all’Ocse e i paradisi fiscali, assegnano dei vantaggi unilaterali ai primi.

Lo spionaggio fiscale ai danni del Liechtenstein
Il recente caso dello “spionaggio fiscale” ai danni dei correntisti della principale banca del Principato del Liechtenstein è un primo importante evento che, tralasciando le censure opponibili sotto il profilo delle modalità di acquisizione dei dati, ha rappresentato un deterrente nei confronti di coloro che utilizzano lo schermo offerto dai paradisi fiscali. La storia del “caso Liechtenstein”, presente ancora nella black list Ocse, è venuto alla ribalta delle cronache nei primi mesi del 2008 e affonda le proprie radici in una storico rapporto conflittuale tra la Germania ed il piccolo Principato. È bene ricordare che, subito dopo la fine della prima guerra mondiale, ci furono numerosi tentativi da parte della Germania di annettere il territorio del Principato del Liechtenstein. I fatti storici diedero ragione al piccolo Principato che rimase così indipendente. Considerata l’esiguità del territorio (solo 160 Km²) e la vicinanza strategica a Paesi come l’Austria e la Svizzera, la legislazione interna del Principato venne modellata per creare un paradiso fiscale e bancario. Già dal 1926 in Liechtenstein era possibile costituire un trust, utile strumento giuridico tra l’altro, anche per la pianificazione della successione mortis causa delle persone fisiche. La possibilità di costituire trust ha quindi indotto molte famiglie benestanti a spostare i propri capitali presso il Principato. I vantaggi offerti da tale modalità di allocazione delle disponibilità finanziarie consistono nella possibilità di utilizzare figure giuridiche particolari non utilizzabili in altri ordinamenti (in Italia, ad esempio, la figura del trust  ha avuto un pieno riconoscimento fiscale con la Legge Finanziaria 2007) nello sfruttamento dei vantaggi offerti dal segreto bancario vigente in Liechtenstein e, naturalmente, sono legati all’assenza di tassazione sui patrimoni e sui redditi detenuti.

I rapporti con la Germania
La Germania, tra gli Stati più vicini al piccolo Principato, è quella che ha visto negli anni il maggior tasso di perdita di gettito fiscale e di capitali, in favore di quest’ultimo. Le contromisure adottate dal governo tedesco sono state dapprima diplomatiche e successivamente di tipo operativo. Nel 2000 venne raggiunto un accordo sull’introduzione nella legislazione del Liechtenstein, del divieto di poter detenere dei conti correnti anonimi presso le banche del Principato. Nel 2001, un tecnico informatico, venne incaricato dalla LGT (che detiene circa la metà di tutti i beni patrimoniali detenuti nel Liechtenstein e che complessivamente amministra circa 88 miliardi di franchi svizzeri) la banca della famiglia regnante di Vaduz  con sede principale in Svizzera a Basilea, di informatizzare l’archivio dei clienti della banca proprio per raccogliere i dati sui reali correntisti dell’istituto di credito. Il gruppo bancario Lgt è specializzato nella raccolta e gestione  di capitali in tutti quegli Stati (ad eccezione di pochi) noti per appartenere alla lista dei paradisi fiscali. La Germania è l’unico Stato non presente nella lista dei paradisi fiscali a ospitare ben sette filiali della banca di Basilea. Sebbene tali filiali siano soggette al rispetto delle leggi dell’ordinamento tedesco, è evidente come siano ben saldi i legami tra la LGT nel territorio della vicina Germania. Tra tutte le vicende che hanno contraddistinto la  rivalità tra i due Stati,  l’episodio legato alla recente compravendita dei nomi di tutti i correntisti della Banca LGT a Vaduz (l’elenco comprendeva ovviamente anche le consistenze dei patrimoni), ad opera dei servizi segreti tedeschi (che hanno acquistato i dati riservati dei correntisti della Lgt dal tecnico informatico che si occupò nel 2001 dell’informatizzazione degli archivi della banca) è stata quella più importante e ha provocato conseguenze non soltanto immediate ma  che vedranno ripercuotere i propri effetti nei prossimi anni.

Lo scambio di informazioni tra i Paesi aderenti al Forum fiscale Ocse
A seguito dell’acquisizione dei dvd con tutti i “fascicoli” contenenti i nomi dei presunti evasori, la Germania ha provveduto ad inviare tali dati all’Amministrazione fiscale del Regno Unito. Quest’ultima sta provvedendo, secondo quanto previsto anche dalla direttiva 77/799/CEE sullo scambio di informazioni tra i Paesi Ue, in base alla residenza dei correntisti, a inviare a tutti i Paesi aderenti al Forum fiscale dell’Ocse (FTA), tali preziose informazioni. L’inaspettato flusso di informazioni creato proprio dalla Germania, che può definirsi più che mai il “principale antagonista” del vicino Principato, ha consentito e consentirà ai vari Stati interessati, tra cui l’Italia, di recuperare importanti somme evase a titolo di imposte non versate negli anni passati. Finora il Fisco tedesco ha incassato, secondo quanto riportato da un noto quotidiano economico-finnziario, già 500 milioni di euro dagli accertamenti fiscali relativi ai depositi detenuti in Liechtenstein e ha in previsione incassi nei prossimi mesi per ulteriori 500 milioni di euro. Volendo fare un raffronto tra la spesa per l’acquisizione dei dati dei correntisti del Liechtenstein, pari a circa cinque milioni di euro, e il rientro economico per il Fisco tedesco, che è stato finora ben 200 volte superiore, è chiaro che l’operazione ha senz’altro raggiunto un successo di enormi dimensioni. L’altro aspetto, non meno importante è quello legato alla perdita di fiducia dell’utenza nel sistema bancario del Liechtenstein. Il vantaggio competitivo di tale Stato, infatti, è legato al binomio fiducia-garanzia di riservatezza, che caratterizza tutti i servizi finanziari offerti dalla banca svizzera. Con “l’operazione trasparenza”, messa in atto dalla Germania, questo binomio è venuto improvvisamente meno.   
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