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Attualità

Indennità per illegittimo licenziamento Spetta al contribuente provarne la natura

Nessuna tassazione se la somma è a titolo di risarcimento del "danno emergente"

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Il fatto
Un contribuente, dirigente di azienda, chiedeva il rimborso delle ritenute subite su somme a lui corrisposte, ai sensi dell'articolo 19 del Ccnl, a causa del suo illegittimo licenziamento.
Successivamente impugnava il silenzio-rifiuto tenuto dall'Amministrazione finanziaria.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso ritenendo che l'indennità costituisse ristoro del danno e fosse esclusa dalla tassazione.
L'Amministrazione finanziaria impugnava la sentenza davanti alla Commissione tributaria regionale, che respingeva il gravame.
In particolare, secondo i giudici di appello, l'indennità corrisposta al contribuente, ai sensi dell'articolo 19 del Ccnl ("indennità suppletiva"), aveva carattere sanzionatorio nei confronti del datore di lavoro e avrebbe dovuto risarcire l'illegittima perdita di prestigio e di chance professionali del dipendente, a prescindere da qualunque calcolo del danno, essendo predeterminata dal contratto collettivo.
L'ufficio ricorreva per cassazione, eccependo che i giudici di appello non avevano valutato l'esatta portata dell'articolo 19 del Ccnl, disciplinante "soltanto la perdita di redditi, ossia di componenti positive del reddito di lavoro dipendente" e non il risarcimento per illegittima perdita di prestigio e chance professionali; pertanto, tali somme, avendo la funzione di sostituire redditi perduti (lucro cessante), andavano tassate.

Il giudizio della Cassazione
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso presentato dall'Amministrazione finanziaria, affermando che: "l'indennità prevista dal contratto collettivo dei dirigenti di aziende industriali per l'ipotesi di licenziamento ingiustificato o di recesso per giusta causa è assoggettata a tassazione separata e a ritenuta d'acconto, atteso che, secondo la disciplina dettata dagli artt. 6 e 17 del Tuir, tutte le indennità conseguite dal lavoratore a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte e, quindi, tutte le indennità aventi causa o che traggono comunque origine dal rapporto di lavoro, comprese le indennità per la risoluzione del rapporto per illegittimo comportamento del datore di lavoro, costituiscono redditi da lavoro dipendente".

L'articolo 17 del Tuir, che ha esteso il regime più favorevole della tassazione separata anche alle somme corrisposte a titolo risarcitorio, va sempre coordinato con la disposizione prevista dall'articolo 6, comma secondo, del Tuir, secondo cui "i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti".
Ciò significa che è necessario rapportarsi volta per volta ai redditi "sostituiti o perduti", per determinare la tassabilità o meno delle somme corrisposte a titolo risarcitorio.
Di conseguenza, vanno assoggettate a tassazione, quali redditi di lavoro dipendente, tutte le indennità e le somme o i valori percepiti in sostituzione dei redditi di lavoro dipendente o equiparati a questi, comprese quelle indennità o somme che derivano da transazioni di qualunque tipo.

Ovviamente, qualora le indennità o le somme sostitutive di reddito di lavoro dipendente siano percepite in un periodo d'imposta successivo a quello di competenza, saranno assoggettate a "tassazione separata", se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 17 del Tuir.
A tal proposito, va sottolineato il carattere tassativo dell'elencazione, fatta dall'articolo 17 del Tuir, di fattispecie reddituali soggette a tassazione separata, la cui disciplina è contenuta nei successivi articoli 19 e 21.
Tali redditi sono caratterizzati dal fatto che, essendosi formati nel corso degli anni, l'eventuale loro partecipazione alla determinazione del reddito complessivo di un solo periodo d'imposta sarebbe, in via generale, di grosso pregiudizio per il contribuente.
Se questi, infatti, applicasse il sistema di tassazione ordinaria, dovrebbe aggiungere ai redditi ordinari quelli formati in più anni, che hanno, però, acquistato rilevanza fiscale nel periodo d'imposta, andando incontro a una tassazione molto più onerosa, tenuto conto delle aliquote crescenti per gli scaglioni di reddito più elevati.
Da qui, la disciplina, di cui agli articoli 19 e 21 del Tuir, che prevede un sistema di tassazione che, separando tali redditi da quelli che normalmente concorrono a determinare l'imponibile complessivo del periodo d'imposta, evita i pregiudizi conseguenti all'eventuale cumulo.

Ciò posto, la Corte di cassazione, con la sentenza in esame, uniformandosi al suo indirizzo prevalente e consolidato, ha, in sostanza, ribadito il principio secondo cui, ai sensi del citato articolo 6, comma 2, del Tuir, le somme percepite dal contribuente a titolo di risarcimento vanno considerate reddito assoggettabile a Irpef soltanto se e nei limiti in cui risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi.
Secondo tale l'orientamento, già espresso in precedenti pronunce, "l'indennità supplementare per licenziamento ingiustificato corrisposta, sulla base della contrattazione collettiva, ai dirigenti di azienda incorsi in licenziamento da ravvisarsi privo di giustificazione, in tanto può essere riscontrata tassabile, in quanto risulti accertata la relativa fattuale destinazione a coprire un danno, consistito nella perdita di redditi (delle retribuzioni che sarebbero state percepite nell'ipotesi di prosecuzione del rapporto di lavoro), e non un pregiudizio diverso" (cfr. sentenze Corte di cassazione n. 9893/1997, n. 10419/1998, n. 3109/2000, n. 11687/2002, n. 1467/2001).

Allo stesso modo, l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 155/E del 24/05/2002, pronunciandosi in tema di somme erogate a titolo di risarcimento di danni o d'indennizzo, ha chiarito che: "...è principio generale quello per cui laddove l'indennizzo vada a compensare in via integrativa o sostitutiva, la mancata percezione di redditi di lavoro, ovvero il mancato guadagno, le somme corrisposte, in quanto sostitutive di reddito, vanno assoggettate a tassazione...".
La citata risoluzione ha, inoltre, precisato che: "laddove il risarcimento erogato voglia indennizzare il soggetto delle perdite affettivamente subite (il c.d. danno emergente), e abbia quindi la precipua funzione di reintegrazione patrimoniale, tale somma non sarà assoggetta a tassazione".

Orbene, i giudici di legittimità, una volta definito il principio in base al quale a essere tassate sono le somme corrisposte a titolo di "lucro cessante" e non di "danno emergente", proseguono affermando che, poiché l'indennità per ingiustificato licenziamento prevista dalla contrattazione collettiva in favore dei dirigenti di azienda può riferirsi sia a voci di risarcimento soggette a tassazione sia a voci che ne sono esenti, è "onere del contribuente dimostrare che le somme ottenute si riferiscono in tutto o in parte a voci di risarcimento puro esenti da tassazione".
Pertanto, conclude la Corte, nell'ambito di un processo di rimborso di somme trattenute a titolo d'imposta, spetta al contribuente dimostrare che l'indennità per ingiustificato licenziamento non è diretta a compensare la mancata percezione di redditi di lavoro (lucro cessante), bensì è destinata a riparare un pregiudizio diverso subito dal lavoratore (danno emergente) (cfr. Cassazione, sentenza n. 18369 del 16/09/2005).

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