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Analisi e commenti

Il trattamento fiscale dei redditi finanziari dei non residenti (1)

Dai principi generali, che prevedono l’imponibilità degli interessi percepiti dai non residenti, ai particolari regimi di non imponibilità o esenzione

L’articolo 23, comma 1, lettera b), del Tuir stabilisce l’imponibilità dei redditi di capitale, percepiti dai non residenti, e corrisposti dallo Stato, da residenti in Italia o stabili organizzazioni in Italia di soggetti esteri. In generale questi redditi di capitale sono considerati “prodotti nel territorio dello Stato”. Ma mentre per gli interessi e gli altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali è previsto un particolare regime di non imponibilità, gli interessi i premi e altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari di molti non residenti sono esenti da imposta.

Per alcune rilevanti tipologie di redditi di capitale la normativa nazionale italiana prevede un particolare trattamento nel caso in cui siano posseduti da soggetti non residenti che hanno deciso di investire nel nostro Paese o di detenervi le loro attività finanziarie. Preliminarmente, occorre ricordare che l’articolo 23, comma 1, lettera b), del Tuir dispone l’imponibilità in Italia dei redditi di capitale, percepiti da soggetti non residenti, e corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti in Italia o da stabili organizzazioni in Italia di soggetti esteri. In queste circostanze, infatti, i redditi di capitale nella generalità dei casi sono considerati "prodotti nel territorio dello Stato".
Fra questi redditi di capitale sono ovviamente compresi gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti di cui all’articolo 44, comma 1, lettera a), del Tuir, nonché gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, di cui alla lettera b), dello stesso comma.

Le condizioni di imponibilità

Tuttavia è opportuno chiarire che è necessario, perché i redditi siano imponibili, che rappresentino, per il soggetto che li eroga, italiano o stabilito in Italia, l’adempimento di un proprio obbligo contrattuale che si concretizza nella remunerazione delle somme e dei valori ricevuti per l’impiego del capitale. Di conseguenza per stabilire l’imponibilità nel nostro Paese di un reddito di capitale percepito da un non residente, non è sufficiente che sia materialmente pagato da un soggetto residente, se questo, in effetti, svolge soltanto la funzione di incaricato di pagamento. In deroga a questo principio generale, l’articolo 23 del Tuir stabilisce la carenza del presupposto di territorialità per gli interessi e gli altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali dovuti da banche italiane, filiali italiane di banche estere e da Poste Italiane S.p.A., nel caso in cui siano percepiti da soggetti non residenti. Da queste disposizioni normative deriva la sostanziale non imponibilità in Italia di questi redditi di capitale.

Le modalità e la documentazione richiesta
In pratica, il soggetto estero interessato, per usufruire del regime di "non imponibilità", deve presentare, al sostituto d’imposta o all’ intermediario residente con cui intrattiene rapporti di custodia, amministrazione, deposito o gestione, un’autocertificazione, in forma libera (non è nemmeno necessaria l’autenticazione della firma) in cui deve attestare di non essere residente in Italia ai sensi della normativa italiana in materia di imposizione dei redditi. Per consentire gli opportuni controlli, secondo quanto previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo n. 461 del 1997, i sostituti d’imposta devono indicare nel quadro SF del modello 770 Ordinario, i dati identificativi dei soggetti non residenti che hanno percepito redditi di capitale non imponibili in Italia.

Il regime di non imposizione

Particolarmente rilevante è il regime di "non imposizione", sostanzialmente di esenzione (diverso dal regime di "non imponibilità per mancanza del presupposto territoriale" di cui sopra), previsto dall’articolo 6, del decreto legislativo n. 239 del 1996, relativamente ad interessi, premi e altri frutti, di cui all’articolo 2, comma 1, dello stesso decreto legislativo, che derivano da:
- obbligazioni e titoli similari, emessi dalle banche e società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati italiani, con scadenza non inferiore a 18 mesi, e da enti pubblici economici trasformati in Spa in base a disposizioni di legge;
- titoli obbligazionari emessi da enti territoriali, nonché titoli del debito pubblico e quelli ad essi equiparati;
- titoli obbligazionari di Amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, di enti pubblici istituiti esclusivamente per l’adempimento di funzioni statali e per l’esercizio diretto di servizi pubblici in regime di monopolio.

La normativa di riferimento e la white list

Destinatari del predetto regime di non imposizione non sono, indiscriminatamente, tutti i soggetti non residenti, ma soltanto quelli indicati dall’articolo 6, del decreto legislativo n. 239 del 1996, vale dire i soggetti residenti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni. Questi Paesi sono attualmente individuati dal decreto ministeriale 4 settembre 1996 e successive modificazioni ed integrazioni, cosiddetta "white list".

Si ricorda che, prima delle ultime modifiche all’articolo 6 del decreto legislativo n. 239 del 1996, in vigore sui redditi maturati dal 1° gennaio 2004, erano esclusi dalla predetta esenzione i soggetti residenti in Paesi che, pur essendo inclusi nella white list, erano tuttavia considerati Stati e territori con un regime fiscale privilegiato secondo i criteri previsti dal vigente articolo 110 del Tuir (Stati e territori elencati nella cosiddetta "black list").

La procedura e l’autocertificazione

Gli interessati, per godere di questo regime di non imposizione, devono seguire una precisa e dettagliata procedura. Questo in base a quanto disposto dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 239 del 1996. I titoli devono essere depositati, direttamente o indirettamente, presso una banca o una società di intermediazione mobiliare residente, ovvero una stabile organizzazione in Italia di banche o di società di intermediazione mobiliare non residenti che abbiano attivato un particolare rapporto diretto, in via telematica, con l’Agenzia delle Entrate. Gli enti e le società non residenti che aderiscono a sistemi di amministrazione accentrata dei titoli possono essere equiparati ai predetti operatori, ai fini delle disposizioni in esame, se hanno attivato il prescritto collegamento telematico. Gli effettivi beneficiari dei redditi in questione devono presentare all’operatore presso cui sono depositati i titoli un’autocertificazione, redatta secondo lo schema approvato con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 12 dicembre 2001.

L’autocertificazione produce effetti sino a revoca; tuttavia, la stessa, deve essere presentata di nuovo qualora siano variati alcuni dati rilevanti, quali, ad esempio, i dati identificativi del beneficiario dei redditi. Sono sempre esenti dalla predetta imposta sostitutiva, e non sono tenuti ad espletare alcuna particolare procedura, gli enti e gli organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia e le banche centrali e gli organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali degli Stati. Secondo quanto disposto dalla lettera b), del predetto articolo 6, sono ammessi al regime di non imposizione, utilizzando la procedura illustrata, anche gli investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, purché costituti in Paesi indicati nella predetta "white list".

La nozione di investitore istituzionale

A tale proposito, è opportuno precisare che la nozione di "investitori istituzionali", in questo contesto, identifica gli enti che, indipendentemente dalla loro veste giuridica e dal trattamento tributario cui sono assoggettati i relativi redditi nel Paese in cui sono costituiti, hanno come oggetto della propria attività l’effettuazione e la gestione di investimenti per conto proprio o di terzi. In effetti, la formulazione dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 239 del 1996, attualmente vigente, diversamente dalla versione precedente, non prevede che la residenza in un determinato Paese debba essere determinata secondo le disposizioni contenute nelle singole convenzioni contro le doppie imposizioni.
Peraltro, gli investitori istituzionali esteri spesso non possiederebbero comunque, sotto questo punto di vista, i requisiti formali per usufruire dell’esonero dall’imposta sostitutiva, in quanto privi della residenza fiscale nello Stato dove sono costituiti sulla base della normativa nazionale. Si ricorda che la residenza fiscale è generalmente riscontrabile laddove un’entità è assoggettata a imposizione quale conseguenza del suo domicilio, della sua residenza, della sede, della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga. Pertanto, al fine di risolvere i problemi che spesso sorgevano per questi investitori, privi di residenza fiscale nel senso tecnico dell’espressione, il legislatore ha subordinato l’applicazione del regime di esenzione per tali entità alla sola condizione della loro costituzione in un Paese che consente lo scambio di informazioni.

I soggetti interessati

In generale rientrano, nel campo di applicazione dell’esenzione, le società di assicurazione, i fondi comuni di investimento, le Sicav, i fondi pensione, le società di gestione del risparmio, se assoggettati a forme di vigilanza nei Paesi esteri nei quali sono costituiti. Possono essere compresi tra gli investitori istituzionali, secondo il significato attribuito a tale espressione dalla normativa in esame, anche quegli enti o organizzazioni privi di soggettività tributaria, non assoggettati a forme di vigilanza, ma che siano comunque in possesso di una specifica competenza ed esperienza in operazioni con strumenti finanziari. Tale condizione deve essere espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante dell’ente.

I casi di esclusione
Per evitare un uso improprio dell’esenzione prevista dal predetto articolo 6, sono, invece, comunque esclusi, in linea generale, gli enti che sono stati costituiti appositamente per gestire gli investimenti effettuati da un numero limitato di partecipanti, pur avendo come fine istituzionale la gestione e l’effettuazione di investimenti. A questo proposito la circolare n. 20/E del 27 marzo 2003 dell’Agenzia delle Entrate, fornisce precisazioni più dettagliate su alcune particolari tipologie di investitori. Ad esempio, devono considerarsi sempre escluse dal regime di non imponibilità le cosiddette "holding lussemburghesi del ’29". Mentre, i trust e le partnership possono usufruirne a condizione che non siano stati costituiti per consentire ai partecipanti di fruire indebitamente del regime di esenzione. Nel caso di soggetti che non possono usufruire del predetto regime di non imposizione, gli intermediari applicheranno sui relativi redditi l’imposta sostitutiva nella misura del 12,50 per cento, salvo quanto previsto nelle disposizioni contenute in Convenzioni per evitare le doppie imposizioni se più favorevoli.

Le ritenute su obbligazioni e titoli similari
Per tutte le obbligazioni e i titoli similari italiani, diversi da quelli sopra menzionati, i soggetti che li hanno emessi operano, ai sensi dell’articolo 26 del Dpr n. 600 del 1973, una ritenuta del 27 per cento sugli interessi e gli altri proventi corrisposti. L’aliquota è, in linea generale, ridotta al 12,5 per cento per le obbligazioni con scadenza non inferiore a 18 mesi. Si richiama l’attenzione sulla circostanza che, alla luce di quanto sopra illustrato, nel caso di analoghe obbligazioni emesse da banche, società per azioni con titoli negoziati in mercati regolamentati italiani e da enti pubblici economici trasformati in società in base a disposizioni di legge, la ritenuta non viene applicata dal momento che i redditi relativi a tali titoli sono sottoposti al regime previsto dal decreto legislativo n. 239 del 1996.

Le misure convenzionali

Nel caso di soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia le ritenute alla fonte, previste dal predetto articolo 26, si applicano a titolo d’imposta. Anche in queste fattispecie, se il soggetto interessato è residente in un Paese con cui è in vigore una Convenzione per evitare le doppie imposizioni, è possibile applicare le più favorevoli misure convenzionali. Si tenga presente che la misura massima della ritenuta sugli interessi prevista dalle Convenzioni in genere è del 10/15 per cento.
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